La cessione dei crediti commerciali, se effettuata pro-soluto, dà luogo a una perdita deducibile ai fini delle imposte sui redditi, a condizione che la cessione avvenga, secondo l’Agenzia delle Entrate, nei confronti di banche o altri intermediari finanziari vigilati. In particolare, ricorrendo alla cessione pro-soluto dei crediti commerciali, le imprese possono ottenere immediatamente capitali che hanno difficoltà a riscuotere (per esempio in caso di crediti deteriorati) e possono eliminare dal bilancio aziendale crediti certi ma con lunghi tempi di riscossione che, comunque, concorrono a formare il reddito imponibile, cioè quel reddito oggetto di tassazione. Tramite questa operazione, quindi, le aziende possono beneficiare anche di un alleggerimento dell’imposizione fiscale. Chi Soggetti esercenti attività d’impresa che effettuano cessioni di crediti commerciali in denaro (in questa sede non consideriamo le cessioni di crediti fiscali) nei confronti di banche, società di factoring o altre imprese finanziarie specializzate. Cosa La cessione del credito è il contratto mediante il quale un soggetto cede il diritto di credito a un terzo, che potrà procedere alla riscossione nei confronti del debitore. L’art. 1260 c.c. stabilisce che il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione. La cessione del credito può avere ad oggetto crediti di diversa natura: - commerciali (cioè, relativi all’esercizio di attività d’impresa); - fiscali (per esempio, cessione del credito IVA); - d’imposta (per esempio, i bonus edilizi). La cessione dei crediti può avvenire: - pro-soluto: in questo caso, l’eventuale rischio di insolvenza si trasferisce in capo al cessionario che, ove non riesca ad ottenere l’intero valore del credito dal debitore non potrà esercitare alcuna azione di regresso verso il cedente; - pro-solvendo: in questo caso, il cedente risponde dell’eventuale insolvenza del debitore e, quindi, potrebbe subire una azione di regresso da parte del cessionario nel caso in cui quest’ultimo non riesca ad incassare l’intero valore del credito. I crediti vengono (generalmente) ceduti per un “corrispettivo” inferiore al suo valore nominale, determinando, se la cessione avviene pro-soluto: - una perdita immediata in capo al cedente; - un utile (potenziale) in capo al cessionario (società di factoring), qualora questi riesca ad ottenere dal debitore una somma pari al valore nominale del credito o, comunque, superiore al prezzo di acquisto. Ai fini fiscali, le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato o un piano attestato o è assoggettato a procedure estere equivalenti, previste in Stati o territori con i quali esiste un adeguato scambio di informazioni (art. 101, comma 5, TUIR). Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità anche quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto o in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in applicazione dei princìpi contabili. A parte i crediti di modesta entità, la perdita su crediti è fiscalmente deducibile quando può essere considerata “definitiva”. A Tal proposito, è stato chiarito che la “definitività” di una perdita su crediti si configura “allorché si possa escludere l'eventualità che in futuro il creditore riesca a realizzare, in tutto o in parte, la partita creditoria. Diversamente, nel caso in cui sia possibile ritenere che l'inesigibilità del credito rappresenti una condizione solo temporanea, non sussistono i requisiti di «definitività» della perdita e la stessa rientra nella categoria delle perdite «potenziali»” (risposta a interpello 19 gennaio 2023, n. 102). Con specifico riguardo all'ipotesi di cessione a titolo definitivo, è stato affermato che “si ritengono verificati i requisiti di deducibilità della perdita richiesti dall'articolo 101, comma 5, del TUIR quando il credito è ceduto a banche o altri intermediari finanziari vigilati, residenti in Italia o in Paesi che consentano un adeguato scambio di informazioni, che risultano indipendenti (ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile) rispetto al soggetto cedente ed al soggetto ceduto” (circolare 1° agosto 2013, n. 26/E). A tali condizioni, infatti, si ritiene che la valutazione del credito oggetto di cessione, eseguita dall'istituto finanziario acquirente sulla base della metodologia di gestione del rischio adottata, rifletta con sufficiente attendibilità l'ammontare del credito effettivamente esigibile. Tanto più che il valore di cessione del credito viene immediatamente riconosciuto ai fini fiscali in capo all'ente creditizio o finanziario acquirente, in modo tale che un eventuale futuro realizzo del credito per un valore maggiore a quello di iscrizione costituirebbe un componente positivo imponibile. Pertanto, la cessione del credito pro-solvendo non genera, al momento della cessione, alcuna perdita fiscalmente deducibile, per mancanza dei presupposti di certezza e definitività previsti dall’art. 101, comma 5, del TUIR (il cedente potrà dedurre la perdita su crediti solo nel momento in cui si verificano gli elementi certi e precisi derivanti dall’insolvenza del debitore). Rimane, comunque, aperta però la questione relativa alla deducibilità della perdita fiscale nell’ipotesi di cessione a soggetti non finanziari. Come Quando concorrono le seguenti condizioni: a) il cedente è un imprenditore; b) i crediti ceduti sorgono da contratti stipulati dal cedente nell'esercizio dell'impresa; c) il cessionario è una bancao un intermediario finanziario, la cessione di crediti pecuniari verso corrispettivo è disciplinata dalla legge n. 52/1991 (per le cessioni di crediti prive di uno dei suddetti elementi, resta salva l'applicazione delle norme del Codice civile e si pone il dubbio sulla deducibilità fiscale delle relative perdite, attesa la già citata posizione dell’Agenzia delle Entrate). Dal punto di vista contabile, se la cessione del credito avviene “pro-soluto” l’impresa cedente elimina il credito dall’attivo di bilancio ed iscrive una perdita pari alla differenza tra il valore di iscrizione in bilancio del credito e il corrispettivo ricevuto (tenendo ovviamente conto dell’eventuale fondo svalutazione crediti, se costituito). Ai fini della deducibilità fiscale della perdita, questa deve essere imputata a bilancio. Le perdite derivanti dalla cessione pro-soluto dei crediti sono indeducibili ai fini IRAP. Quando In caso di cessione dei crediti pro-soluto, la perdita fiscale è fiscalmente deducibile nell’esercizio in cui il credito viene ceduto. La perdita, infatti, deve essere imputata per competenza nell’esercizio in cui diventa certa (art. 109, comma 1, TUIR). Nel momento in cui si ha la certezza della perdita (vale a dire, per le cessioni pro-soluto nell’esercizio in cui si realizza la cessione), sussiste l’obbligo di imputazione a conto economico, non essendo ammesso, in ossequio al principio di competenza, il rinvio ai successivi esercizi, in base a valutazioni discrezionali del contribuente. Calcola il risparmio La scelta di una cessione pro-soluto implica una trasformazione nell’approccio al rischio creditizio, passando da una gestione attiva a una strategia di mitigazione indiretta. La liquidità immediata generata può essere subito reimpiegata in attività produttive oppure destinata a ridurre il debito, migliorando così lo stato di salute finanziaria complessiva dell’impresa. Oltre a produrre liquidità rapida qualora vi fosse il bisogno urgente di fondi per investimenti o per emergenze di cassa, la cessione pro-soluto semplifica le operazioni, riducendo tempo e risorse per l’incasso dei crediti. Un beneficio aggiuntivo è la possibilità di deduzione ai fini delle imposte sui redditi, con conseguente risparmio fiscale. Naturalmente, la convenienza alla cessione dei crediti pro-soluto influenza il prezzo del credito, che potrà essere meno conveniente rispetto alla cessione pro-solvendo. In sintesi, facendo ricorso alla cessione pro-soluto dei crediti commerciali, le imprese possono: - ottenere immediatamente capitali che hanno difficoltà a riscuotere (per esempio in caso di crediti deteriorati); - eliminare dal bilancio aziendale crediti certi ma con lunghi tempi di riscossione che, comunque, concorrono a formare il reddito imponibile, cioè quel reddito oggetto di tassazione. Tramite questa operazione, quindi, le aziende possono beneficiare anche di un alleggerimento dell’imposizione fiscale. Risparmio % Caso n. 1 Un’impresa commerciale ha in bilancio crediti di incerta solvibilità pari a euro 3.000.000. Decide di cederli a un’impresa di factoring ad un prezzo di euro 1.000.000. L’operazione determina una perdita fiscalmente deducibile pari a euro 2.000.000. La possibilità di deduzione della perdita comporta un recupero fiscale pari al 24% di 2.000.000 (480.000 euro). Caso n. 2 Un’azienda ha prestato servizi a una società per un totale di 15.000 euro. L’azienda si rivolge a un servizio specializzato per la cessione del credito, che, esaminata la solvibilità del debitore, lo acquista pro-soluto a fronte del pagamento di una commissione pari al 10% del credito. Valore del credito iscritto in bilancio: 15.000 Prezzo di cessione: 13.500 Perdita deducibile: 1.500 Risparmio fiscale: 360 (1.500 x 24%) Costo effettivo dell’operazione: 1.140, pari al 7,6% del credito.