Con la risoluzione n. 37 del 22 luglio 2024, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito al trattamento fiscale della ripartizione dei contributi GSE ai membri delle Comunità energetiche (CER) costituite in forma di enti non commerciali. L'articolo 42bis del decreto legge 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 2020, n. 8, ha introdotto, nelle more del completo recepimento della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da medesima direttiva, una disciplina transitoria che prevede, in particolare, la possibilità di attivare «configurazioni» sperimentali di «autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili» e di «comunità energetiche rinnovabili» nei limiti e alle condizioni previste nel medesimo articolo. Il definitivo recepimento della predetta direttiva (UE) 2018/2001, è avvenuto con l'emanazione del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 la cui piena operatività era subordinata all'adozione di un decreto attuativo da parte del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, emanato il 7 dicembre 2023, e di una deliberazione da parte dell'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA), emanata il 27 dicembre 2022 (727/2022/R/eel). Con la risoluzione n. 18/E del 2021, riferita all'ipotesi di un gruppo di «autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili» costituito da condomìni composti da sole persone fisiche non esercenti attività d'impresa arti e professioni, l'Amministrazione finanziaria ha precisato che è fiscalmente rilevante il solo corrispettivo per la vendita dell'energia immessa in rete che si configura come reddito diverso ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lett. i) del TUIR. Anche con la risposta n. 37 del 2022 l'Agenzia perviene alle medesime conclusioni con riferimento, tra l'altro, alle «comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali», affermando che «i proventi derivanti dalla vendita di energia concorrono a formare la base imponibile ai fini IRES, essendo gli stessi riconducibili allo svolgimento di attività commerciale, sebbene effettuata in forma non abituale in forza dell'articolo 119 comma 16bis del DL 34/2020. Pertanto, tenuto conto della disposizione di cui all'articolo 119 comma 16-bis del DL 34/2020, che dispone che "l'esercizio di impianti fino a 200kW di potenza da parte di Comunità energetiche costituite in forma di Enti non commerciali [...] non costituisce svolgimento di attività commerciale abituale", i proventi derivanti dalla vendita dell'energia sono riconducibili alla categoria dei redditi diversi ai sensi dell'art. 67, comma 1 lett. i), ovvero tra i "redditi derivanti da attività commerciali non esercitate abitualmente"». Con la circolare 23 giugno 2022, n. 23/E (cfr. paragrafo 1.6) è stato, infine, precisato che «per quanto riguarda i soggetti diversi da quelli che producono reddito d'impresa, quanto affermato nella risoluzione n. 18/E del 2021, relativamente alla rilevanza fiscale del corrispettivo per la vendita di energia, attiene necessariamente alla energia eccedente l'autoconsumo istantaneo». Ad analoghe conclusioni si perviene anche con riferimento alle somme erogate dal GSE ad una Comunità Energetica costituita nella forma di ente non commerciale ai sensi del citato articolo 31 del decreto legislativo n. 199 del 2021 per la quale assume rilevanza fiscale solo il corrispettivo per la vendita di energia relativo alla quota di energia stessa eccedente l'autoconsumo istantaneo. Ai sensi dell'articolo 32 del decreto legislativo n. 199 del 2021, i clienti finali partecipanti possono demandare alla Comunità la «gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE». In merito alla «gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE», l'articolo 3.4 lettera e) del Testo integrato per l'autoconsumo diffuso (TIAD) approvato con la citata delibera ARERA 727/2022 (adottata ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 32) prevede che, «ai fini dell'accesso al servizio per l'autoconsumo diffuso, nel caso di comunità energetica rinnovabili» va verificato, tra l'altro che «i clienti finali e i produttori facenti parte della configurazione hanno dato mandato al medesimo referente per la costituzione e gestione della configurazione». In altri termini, ai fini della «gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE», sussiste, sostanzialmente, un rapporto di mandato senza rappresentanza. In tale contesto, in cui la CER, in qualità di Referente, gestisce tutti i rapporti con il GSE, compreso l'incasso per conto dei membri della configurazione degli incentivi, il corrispettivo per la vendita di energia relativo alla quota di energia stessa eccedente l'autoconsumo istantaneo ricevuto dal GSE e attribuito ai partecipanti assume rilevanza reddituale in capo ai singoli membri, e non in capo alla CER, con l'applicazione del trattamento fiscale in base alla natura propria del soggetto, come delineato nella citata risoluzione n. 18/E del 2021 e nella risposta n. 37 del 2022. Per completezza si osserva che, come precisato, ai sensi del citato articolo 31 del decreto legislativo n. 199 del 2021, «l'obiettivo principale della comunità è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari». Ciò sembra escludere che l'attribuzione degli incentivi ricevuti dalla CER ai partecipanti della Comunità medesima possa considerarsi distribuzioni di utili, non costituendo tali incentivi «profitti finanziari». Tra l'altro, l'articolo 5 del decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117 (CTS) ha espressamente previsto tra le attività di interesse generale che gli enti del Terzo settore possono svolgere, se effettuate in conformità alle norme specifiche che ne disciplinano l'esercizio, anche quelle aventi ad oggetto «gli interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell'ambiente e all'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell'attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, alla tutela degli animali e alla prevenzione del randagismo, ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281, nonché alla produzione, all'accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199.». Il successivo articolo 8 stabilisce che per gli enti del Terzo settore «è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo» (comma 2) e che sono vietate le cessioni di beni e prestazioni di servizi agli associati, «salvo che tali cessioni o prestazioni non costituiscano l'oggetto dell'attività di interesse generale di cui all'articolo 5» (comma 3, lett. d). Pertanto, anche alla luce delle disposizioni contenute nel CTS, la restituzione delle somme da parte di una CER costituita nella forma di ETS ai propri associati non costituisce aggiramento del principio di divieto di distribuzione degli utili sancito nel citato articolo 8.