Il Consiglio dei Ministri del 9 aprile 2024 ha approvato, in via preliminare, il dodicesimo schema di decreto legislativo per l’attuazione della riforma fiscale. Nello specifico, con il testo legislativo in corso di emanazione, il Governo si è assunto l’onere di apportare modifiche alla disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni, in conformità ai principi di semplificazione e razionalizzazione posti dalla legge delega. Tra gli interventi legislativi in itinere, particolare rilevanza assume quello teso a modificare l’art. 56-bis del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni (D.Lgs. n. 346/1990) e, con esso, la disciplina delle liberalità indirette. Cosa sono le liberalità indirette Prima di procedere oltre con l’analisi del regime d’imponibilità delle liberalità indirette e, conseguentemente, delle modifiche legislative che si prospettano di imminente introduzione all’art. 56-bis del TUS, si ritiene anzitutto necessario meglio comprendere cosa si intenda per siffatta tipologia di negozio giuridico. Si tratta, in estrema sostanza, di operazioni derivanti dal confezionamento di un atto giuridico che, seppur privo della forma giuridica richiesta per la configurabilità della donazione diretta (i.e. atto pubblico e presenza dei testimoni), è comunque destinato a produrre effetti analoghi a quest’ultima: ovverosia, l’attuazione della volontà del donante di provocare, per spirito di liberalità, un incremento del patrimonio del donatario con il correlativo depauperamento del proprio patrimonio. È possibile ascrivere alla categoria delle liberalità indirette, ad esempio, la rinuncia a un diritto, l’adempimento di un debito altrui, il contratto a favore di un terzo ovvero la electio amici nel contratto per persona da nominare. Le modifiche previste dal decreto delegato Una volta individuata con maggior precisione la definizione di liberalità indiretta (sia essa sorretta da formalità o meno) e ritornando all’analisi delle modifiche recate dallo schema di decreto legislativo in corso di emanazione, preme rappresentare che le stesse, più che impattare (in termini di sostanziale variazione) sulla disciplina in parola, hanno finalità di coordinamento siccome tese a rendere il testo della disposizione coerente con la nuova struttura delle aliquote dell’imposta di donazione e con le altre modifiche apportate in tema di imposta di successione. Difatti, più nel dettaglio: - in primo luogo, è prevista la soppressione la lettera b) del comma 1 dell’art. 56-bis (la quale attualmente reca quale seconda e necessaria condizione per procedere all’accertamento delle liberalità indirette l’incremento del patrimonio del soggetto beneficiario in misura superiore all’importo di 350 milioni di lire); - in secondo luogo, viene adeguata l’aliquota da applicare per la determinazione dell’imposta dovuta sulle liberalità indirette nella misura sempre dell’8%, da liquidarsi sulla parte eccedente la franchigia, ove prevista per legge. In conseguenza di ciò, pertanto, sulla base del nuovo art. 56-bis del TUS, sarà consentito procedere all’accertamento delle liberalità indirette esclusivamente quando l’esistenza delle stesse risulti da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi - che, nell’attuale formulazione della disposizione in parola, costituisce la prima condizione recata dalla lettera a) del comma 1. A tali liberalità indirette si applicherà l’imposta sulle donazioni determinata sulla base dell’aliquota più elevata dell’8% ma per la sola parte che ecceda la franchigia prevista oggi dalla legge (euro 1.000.000 per i trasferimenti tra coniugi e parenti in linea retta; euro 100.000 per trasferimenti effettuati tra fratelli e sorelle; euro 1.500.000 per trasferimenti eseguiti in favore di persone portatrici di handicap). Liberalità indirette senza obbligo di registrazione Nell’ambito del regime d’imponibilità delle liberalità indirette, particolare menzione merita senza dubbio alcuno la recentissima sentenza 20 marzo 2024, n. 7442 resa dalla Sezione V della Corte Suprema di Cassazione. Ivi, difatti, i giudici della legittimità, nella loro opera di inquadramento sistematico delle liberalità indirette nel contesto del tributo donativo (e anticipando per certi versi l’intenzione del legislatore delegato di dare esclusiva rilevanza alla enunciazione “confessoria” del contribuente), hanno affermato che l’art. 56-bis del TUS va interpretato nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni, ossia tutti quegli atti di disposizione mediante i quali viene realizzato un arricchimento (del donatario) correlato ad un impoverimento (del donante) senza l’adozione della forma solenne del contratto di donazione, sono accertate e sottoposte all’imposta sulle donazioni, pur essendo esenti dall’obbligo di registrazione, in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento dei tributi, sempre se superiori alle franchigie oggi previste per legge. Ciò significa, in termini più concreti, che il TUS non fisserebbe in alcun modo un “ineludibile” obbligo di sottoporre a registrazione le liberalità indirette e ciò nemmeno ove si tratti di liberalità emergenti da atti soggetti a registrazione. E l’assenza di un obbligo di registrazione delle liberalità indirette - specifica la Corte - troverebbe conferma nella previsione della registrazione volontaria, nell’assenza di previsione di sanzioni nonché nell’impossibilità per l’Amministrazione finanziaria di assoggettare a imposizione la liberalità indiretta in assenza di enunciazione “confessoria” del contribuente nel corso del procedimento di accertamento di un altro tributo. In ragione di ciò, secondo l’interpretazione dell’art. 56-bis del TUS resa dalla Corte di Cassazione, vi sarebbero solamente due ipotesi nelle quali le liberalità indirette andrebbero assoggettate al tributo donativo: - la prima, quella della registrazione volontaria ai sensi del comma 3 dell’art. 56-bis del TUS, la quale comporta l’applicazione delle aliquote e delle franchigie ordinarie; - la seconda, quella conseguente alla dichiarazione resa dall’interessato (che può essere tanto il donatario quanto il donante) nell’ambito di una procedura di accertamento di altri tributi intrapresa dall’Amministrazione finanziaria, che comporterà l’applicazione dell’aliquota sempre dell’8%.