La rivalsa corrisposta dagli agenti di assicurazione va considerata come l’avviamento e pertanto è deducibile in quote pari a un diciottesimo del valore corrisposto. A precisarlo è la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29987 del 25 ottobre 2021. IL FATTO La vicenda trae origine da un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava a tassazione costi indeducibili, ai fini IRAP (nei confronti della società) e IRPEF (nei confronti dei soci, ai quali il reddito della società era stato imputato per trasparenza). La Ctp annullava gli avvisi limitatamente al recupero dei costi rappresentati dalle spese per alberghi e ristoranti (euro 3.935,00) e da altre spese generali (euro 5.800,00, per trasloco, montaggio mobili e pulizia locali), mentre rigettava la domanda con riferimento al costo “spesato” per l’intero corrispettivo (euro 51.741,00) pagato dalla società contribuente, quale agenzia subentrante, a titolo di rivalsa dell’indennità riconosciuta dalla preponente all’agente cessato. La Ctr, in parziale riforma della sentenza di primo grado, annullava l’accertamento (anche) in punto di rivalsa, e per il resto confermava la decisione di primo grado. La Commissione regionale, per quello che interessa in questa sede, non condivideva la tesi dell’Amministrazione finanziaria secondo cui quel costo, in quanto equiparabile all’avviamento, sarebbe deducibile in quote annuali, ed aderiva invece alla ricostruzione dei contribuenti, in base alla quale la rivalsa sarebbe interamente deducibile nell’esercizio nel quale è stata iscritta a conto economico ed effettivamente sostenuta, trattandosi di una spesa avente funzione meramente previdenziale e risarcitoria. Avverso tale decisione l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. In passato la Suprema Corte (Cass., Sez. 2, 23/07/2007, n. 16193) ha chiarito che «In tema di rapporto di agenzia, la rivalsa che, secondo l’art. 37 dell’Accordo nazionale agenti del 16 settembre 1981, il preponente ha diritto di esercitare nei confronti dell’agente subentrante, a titolo di rimborso dell’indennità versata all’agente cessato a compensazione del perduto avviamento, deve essere determinata avendo riguardo al parametro preponderante, seppur non esclusivo, del valore economico del portafoglio attribuito all’agente subentrante». In altri termini, è stata riconosciuta (da Cass. n. 16193/2007, in motivazione) una stretta correlazione tra tale indennità e il valore economico del portafoglio attribuito all’agente subentrante, e ciò spiega perché il pagamento della rivalsa dell’indennità corrisposta dall’impresa preponente all’agente cessato sia posto a carico dell’agente subentrante, che trae immediata utilità dall’avviamento (cioè dal “portafoglio clienti”) del predecessore. Simili concetti sono stati affermati dalla Sezione lavoro della Suprema Corte (cfr. ex aliis Cass. Sez. L. 24/10/2018, n. 27021, che, in motivazione, menziona Cass. n. 16193 del 2007; sulla qualificazione giuridica della c.d. “rivalsa di portafoglio” si veda altresì Cass. 26/07/2021, n. 21353), che ha chiarito che l’agente generale che subentra al subagente riceve sì un’agenzia dotata di avviamento, ma ha l’obbligo di far fronte al pagamento della rivalsa, a titolo di rimborso dell’indennità versata dalla preponente all’agente cessato a compensazione del perduto avviamento, con la precisazione che tale rivalsa è parametrata al valore economico del portafoglio attribuito all’agente subentrante. Così inquadrata, sul piano civilistico, la figura dell’indennità/rivalsa, non v’è ragione perché essa, sul versante tributario, non sia assoggettata alle regole previste dal Testo Unico per l’ammortamento dei beni immateriali (art. 103, Tuir), ossia alla prescrizione del terzo comma dello stesso articolo, per cui «Le quote di ammortamento del valore di avviamento iscritto nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso». Nel caso in esame, la Ctr non si è attenuta a questi princìpi di diritto, e ha erroneamente affermato che la “rivalsa agenti” era deducibile, in unica soluzione, nell’annualità (il 2007) nella quale era stata “spesata”, ossia nell’esercizio in cui quel costo era stato sostenuto, e ciò probabilmente (visto che la sentenza non si diffonde sul punto), in applicazione dell’art. 108, comma 1, Tuir, nella formulazione ratione temporis vigente. Per completezza di esame, gli Ermellini rimarcano che il dictum della Ctr non è supportata dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 35/E, 27 luglio 2011, in punto di “Indennità di cessazione del rapporto di agenzia ex articolo 1751 c.c. - Rivalsa della società nei confronti dell’agente subentrante”, e dalla nota n. 32-09-000107 del 23 luglio 2009, dell’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) (che la sentenza impugnata richiama), le quali si limitano ad affermare che le indennità erogate dalle compagnie di assicurazione agli agenti uscenti, per la parte soggetta a rivalsa, e l’importo alle stesse corrisposto da parte degli agenti subentranti, oggetto di rivalsa, hanno contabilmente natura patrimoniale e, pertanto, non transitano a conto economico, senza però trattare direttamente il tema centrale del giudizio relativo ai criteri di contabilizzazione delle dette indennità da parte degli agenti subentranti.