Non deve essere tassata come trasferimento d'azienda la cessione di tutte le quote della srl: via libera, dunque, all'imposta di registro in misura fissa e non proporzionale, mentre va annullato l'avviso di liquidazione con le sanzioni. E ciò perché i due contratti sono disciplinati in modo diverso dal codice civile e hanno effetti differenti rispetto al regime di responsabilità dei debiti sociali e alla continuazione dell'attività imprenditoriale: il fisco non può riqualificare l'atto se non contiene «elementi intrinseci» dai quali desumere una diversa volontà delle parti. Così la Corte di cassazione civile, sez. tributaria, nella sentenza n. 7470 del 20 marzo 2024. La Suprema corte decide nel merito accogliendo gli originari ricorsi di due fratelli che hanno ceduto il rispettivo 50% delle quote della srl a un'altra società: ai due contribuenti e all'ente è notificato l'accertamento che riqualifica la cessione ex articolo 20 del dpr 26/04/1986, n. 131, il testo unico delle imposte di registro, e il giudice di secondo grado afferma che la modifica apportata alla norma dalla legge 27/12/2017 n. 205 (legge di bilancio 2018) «incide solo in parte» sull'orientamento di giurisprudenza che consente al fisco di intervenire. È vero: l'amministrazione finanziaria non deve accogliere in modo acritico la qualificazione prospettata dalle parti. Nella cessione d'azienda chi vende va incontro al divieto d'intraprendere un'attività in concorrenza con chi compra e non è liberato dai debiti anteriori al trasferimento se i creditori non acconsentono. Con la compravendita delle quote, invece, il cessionario continua l'attività in cui subentra come socio ma i debiti gravano sulla società, mentre il cedente è liberato anche senza consenso dei creditori. E il cessionario dell'azienda o del ramo risponde in solido per i debiti tributari degli anni precedenti. Il tutto al netto di eventuali accordi ad hoc fra le parti.