La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 474 del 14 gennaio 2020, ha ribadito che la scadenza dell’annualità non è un valido motivo d’urgenza per emettere l’accertamento prima di sessanta giorni dalla consegna del prodromico Pvc. Inoltre detto termine, in caso di accesso presso la sede del contribuente, va rispettato per tutti i tributi, armonizzati e non. Non è necessaria in tali ipotesi la c.d. prova di resistenza. IL FATTO L’Ufficio eseguiva un accesso breve (un solo giorno) presso la sede di una Spa per una verifica fiscale che si concludeva con la consegna di un Pvc il 2 dicembre. Seguiva dopo solo una settimana l’emissione del conseguente avviso di accertamento che veniva impugnato dalla contribuente. La società eccepiva preliminarmente la violazione del termine dilatorio dei 60 giorni previsto dall’art. 12, comma 7 della legge n. 212/2000, con conseguente nullità dell’atto impositivo. Tale tesi veniva accolta sia dalla CTP che dalla CTR, la quale respingeva l’appello dell’Ufficio. Quest’ultimo aveva provato a sostenere: a) da un lato che vi sarebbe stata l’urgenza di notificare l’atto a causa della scadenza dell’annualità il 31 dicembre; b) dall’altro che la società avrebbe dovuto superare la c.d. “prova di resistenza” prevista per i tributi armonizzati (richiamando la nota sentenza delle S.UU. 24823/2015), in difetto della quale il termine previsto per il contraddittorio era da considerarsi meramente formale. Tali argomentazioni erano riproposte innanzi alla Cassazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia. Quanto alla pretesa urgenza prospettata dall’Ufficio, è stato nuovamente ribadito che l’imminente decadenza dei termini per il potere di accertamento non costituisce valida giustificazione per l’accertamento anticipato. Infatti trattasi di circostanza oggettivamente prevedibile e rimessa all’organizzazione dell’Ufficio accertatore. In relazione alla necessità per il contribuente di enunciare le ragioni che avrebbe potuto far valere nel contraddittorio, per valutarne la consistenza e validità (prova di resistenza) ai fini della necessità del rispetto del termine dei 60 giorni, la tesi erariale è risultata parimenti infondata. La garanzia prevista dal diritto interno (art. 12 comma 7 L. 212/2000) in caso di accessi, ispezioni e verifiche presso il contribuente non può che riguardare tutte le imposte, non potendo ammettersi un’ingiustificata ridotta protezione per i tributi armonizzati. Il Legislatore ha operato una valutazione ex ante sull’obbligatorietà del rispetto del contraddittorio, con la sanzione dell’illegittimità dell’atto impositivo in caso di violazione: per l’Iva (come per gli altri tributi armonizzati) la necessità della prova di resistenza scatta quindi solo se la normativa interna non preveda già la nullità in conseguenza della violazione del termine. Atteso che quest’ultima nella specie era incontestata, non vi era necessità per i giudici di merito di vagliare la serietà delle allegazioni difensive della contribuente, applicandosi il generale principio previsto dall’art. 12 comma 7 suindicato.