Con la risposta all’interpello n. 2/2019 il Ministero del Lavoro ha specificato che in caso di prestazione lavorativa pari a 5 ore e 12 minuti cui si aggiungono le 2 ore c.d. di allattamento, non essendoci effettiva ripresa dell’attività lavorativa dopo la pausa pranzo non insorge il diritto al buono pasto. Per analizzare la risposta ministeriale all’interpello n. 2/2019 occorre partire dall’analisi della norma relativa ai riposi giornalieri di cui al D.Lgs. n. 151/2001. Cosa dice il TU sulla maternità Ai sensi dell’art. 39 del Testo Unico sulla maternità e paternità il datore di lavoro deve consentire alle lavoratrici madri, durante il primo anno di vita del bambino, di fruire di: - due periodi di riposo della durata di un'ora ciascuno anche cumulabili durante la giornata; - un riposo di un’ora in caso di orario di lavoro inferiore alle 6 ore. I periodi di riposo sono di mezz'ora ciascuno nel caso in cui la lavoratrice fruisca dell'asilo nido o di altra struttura idonea, istituiti dal datore di lavoro nell'unità produttiva o nelle sue immediate vicinanze. I periodi di riposo c.d. per allattamento sono riconosciuti anche al padre lavoratore: a) nel caso in cui i figli siano affidati al solo padre; b) in alternativa alla madre lavoratrice dipendente che non se ne avvalga; c) nel caso in cui la madre non sia lavoratrice dipendente, quindi anche nel caso in cui la madre non lavori; d) in caso di morte o di grave infermità della madre. Tali periodi di riposo sono considerati ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro e comportano il diritto ad uscire dall'azienda. Ai sensi dell’art. 10 del DPR n. 1026/1976 la distribuzione dei riposi c.d. per allattamento va concordata tra il genitore che fruisce dei permessi in questione ed il datore di lavoro, tenendo anche conto delle esigenze del servizio ma, in caso di mancato accordo, la distribuzione dei riposi va determinata dall'Ispettorato del Lavoro. La questione posta al Ministero del lavoro Posto quanto sopra l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha chiesto al Ministero del Lavoro se in caso di una presenza nella sede di lavoro pari a 5 ore e 12 minuti, dovuta alla fruizione - da parte della lavoratrice - dei riposi giornalieri, si debba procedere a decurtare i 30 minuti della pausa pranzo, come se la lavoratrice avesse effettivamente completato l’intero orario giornaliero, atteso che i riposi in questione sono considerati dalla legge ore lavorative agli effetti della durata e della retribuzione del lavoro. Inoltre, l’ISPRA ha chiesto se la dipendente abbia la facoltà di rinunciare alla pausa pranzo e/o al buono pasto, al fine di non vedere decurtate le ore considerate come lavoro effettivo. La risposta Il Ministero, con la risposta all’interpello n. 2/2019, richiamando il citato articolo 39 del D. Lgs. n. 151/2001, ha evidenziato, altresì, che l’articolo 8 del D. Lgs. n. 66/2003 stabilisce il diritto del lavoratore ad una pausa, finalizzata al recupero delle energie ed all’eventuale consumazione del pasto qualora l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di 6 ore, per cui non sembrano esserci dubbi sul fatto che la norma faccia riferimento ad un’attività lavorativa effettivamente prestata, ben diversa dal permesso per allattamento che riconosce le ore ai fini retributivi e del rispetto dell’orario normale di lavoro. Quindi, conclude la nota ministeriale, anche tenendo presente quanto già chiarito dalla Funzione pubblica all’ISTAT e all’ARAN, il diritto al buono pasto sorge per il dipendente solo nell’ipotesi di attività lavorativa effettiva dopo la pausa stessa per cui è da escludere che una presenza effettiva della lavoratrice nella sede di lavoro pari a 5 ore e 12 minuti dia diritto alla pausa ai sensi dell’articolo 8 del D.Lgs. n. 66/2003 per cui, nel caso di specie non si dovrà procedere alla decurtazione dei 30 minuti della pausa pranzo dal totale delle ore effettivamente lavorate dalla lavoratrice. Quando il diritto al buono pasto sorge? Quanto chiarito dal Ministero del Lavoro con l’interpello in commento, è chiaramente applicabile ai casi in cui il CCNL preveda che la pausa spetti qualora la prestazione di lavoro giornaliera ecceda le 6 ore ed il diritto al buono pasto insorga nel caso in cui ci sia una ripresa del lavoro effettiva dopo la pausa pranzo, così come stabilito in genere nei CCNL del pubblico impiego. Infatti, non a caso viene citata una nota del Dipartimento della Funzione Pubblica ed evidenziato che anche l’Agenzia delle Entrate è giunta ad analoghe conclusioni fornendo, in data 21 gennaio 2013, istruzioni ai fini della concessione del buono pasto ai propri dipendenti ed individuando come presupposti imprescindibili l’effettuazione della pausa e la prosecuzione dell’attività lavorativa dopo la stessa. Quindi, il buono pasto spetta nei casi in cui il CCNL applicabile non preveda la pausa dopo 6 ore di prestazione lavorativa ma più genericamente dopo 6 ore di lavoro (ed i riposi giornalieri sono ore di lavoro) e non sia previsto l’obbligo di ripresa dell’attività lavorativa dopo la pausa pranzo. Inoltre, si ritiene che in caso di fruizione dell’allattamento ci sia lo spazio per l’insorgenza del diritto al buono pasto anche nei CCNL dove, pur essendo genericamente prevista la pausa dopo 6 ore di lavoro, sia richiesta come condizione l’effettiva ripresa dell’orario di lavoro. Come già evidenziato, infatti, i permessi per allattamento, qualora il genitore effettui un orario di lavoro almeno pari a 6 ore, sono pari a 2 di un’ora ciascuno che possono anche essere fruiti separatamente. Il genitore potrebbe, quindi, fruire di 2 riposi di un’ora di cui uno all’inizio dell’orario di lavoro ed uno alla fine e, ipotizzando un orario di lavoro giornaliero pari a 7 ore e 12 minuti, potrebbe effettuare la pausa pranzo di mezz’ora dopo 5 ore dall’inizio della prestazione lavorativa. Esempio Ipotizziamo il seguente caso di orario giornaliero pari a 7, 12 ore: - orario di lavoro dalle ore 8:00 alle 14:00 - pausa pranzo di mezz’ora dalla 14:00 alle 14:30 - orario di lavoro dalle ore 14:30 alle 15:42. Il genitore in questo caso potrebbe fruire di 2 riposi di un’ora di cui uno all’inizio dell’orario di lavoro ed uno alla fine che per espressa volontà del Legislatore sono considerati ore lavorative agli effetti della durata. Nel caso di specie si avrebbe la seguente situazione: - riposo c.d. per allattamento dalla 8:00 alle 9:00 - orario di lavoro dalle ore 9:00 alle 14:00 - pausa pranzo di mezz’ora dalla 14:00 alle 14: 30 - orario di lavoro dalle ore 14:30 alle 14:42 - riposo c.d. per allattamento dalla 14:42 alle 15:42. Nell’esempio in questione sono rispettate tutte le previsioni del contratto collettivo che richiede almeno 6 ore di lavoro (e non di prestazione) per effettuare la pausa pranzo e la prosecuzione dell’attività lavorativa dopo la pausa pranzo che deve essere pari almeno a mezz’ora per far insorgere il diritto al buono pasto.