Vanno retribuiti “quale tempo effettivo di lavoro” i 5 minuti giornalieri che passano dalla timbratura del cartellino, presso i tornelli posti all’ingresso dell’azienda, fino al completamento della procedura di log on. Lo stesso ragionamento val anche per i 5 minuti che decorrono dal completamento della procedura di log off fino alla timbratura d’uscita. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 14848 depositata il 28 maggio 2024, respingendo il ricorso di Telecom Italia contro la decisione della Corte di appello di Roma che aveva condannato la Telco a pagare rispettivamente 547,00 euro, 477,00 euro e 513,00 euro in favore di tre dipendenti. Per la società ricorrente la decisione era censurabile proprio laddove riconosceva che il tempo di percorrenza impiegato dai dipendenti del caring services dal momento dell’ingresso nella sede aziendale a quello dell’attestazione dell’inizio della prestazione, mediante login sul proprio personal computer (e viceversa), fosse qualificabile come orario di lavoro retribuibile. Censura rigettata dalla Suprema corte che ricorda come la Corte territoriale si sia adeguata alla interpretazione corrente della normativa sull’orario di lavoro (Dlgs n. 66/2003 e direttive comunitarie nn. 93/104 e 203/88), che si basa sul presupposto che sia da retribuire anche il tempo per le operazioni anteriori o posteriori alla conclusione della prestazione di lavoro quando esse siano “necessarie e obbligatorie”. Ai fini della misurazione dell’orario di lavoro, infatti, l’articolo 1, comma 2, lettera a), del Dlgs n. 66 del 2003 – si legge nella decisione - attribuisce un espresso ed alternativo rilievo non solo al tempo della prestazione effettiva ma anche a quello della disponibilità del lavoratore e della sua presenza sui luoghi di lavoro. “Ne consegue che è da considerarsi orario di lavoro l’arco temporale comunque trascorso dal lavoratore medesimo all’interno dell’azienda nell’espletamento di attività prodromiche ed accessorie allo svolgimento, in senso stretto, delle mansioni affidategli, ove il datore di lavoro non provi che egli sia ivi libero di autodeterminarsi ovvero non assoggettato al potere gerarchico”. Così, per esempio, è stato considerato orario di lavoro il tempo impiegato dai dipendenti di una acciaieria per raggiungere il posto di lavoro, dopo aver timbrato il cartellino marcatempo alla portineria dello stabilimento, e quello trascorso all’interno di quest’ultimo immediatamente dopo il turno. La Corte territoriale, spiega la decisione, ha seguito tale impostazione avendo considerato “necessario e obbligatorio” il tragitto dall’ingresso fino alla postazione di lavoro, così come “ogni altra attività preliminare ... ai fini del log in e, dopo, ai fini del log out”. E che sia una attività “eterodiretta ed obbligatoria” – conclude la Sezione lavoro - è reso palese dal fatto che è comunque il datore di lavoro a decidere “come strutturare la propria sede”, “dove collocare la postazione” ed “il percorso da effettuare”, ma anche il “tipo di computer” e la “procedura di accensione necessaria all’uso” determinando così anche i “tempi necessari”.