Lo spesometro è sufficiente a far condannare il vertice della cartiera per frode fiscale ed evasione Iva. La comunicazione alle Entrate basta per la responsabilità penale quando a farla è un'azienda senza una vera struttura né dipendenti. Lo ha sancito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 36573/2023, ha confermato la condanna a carico di un manager che aveva presentato fatture emesse dalla sua cartiera e di cui l'Amministrazione finanziaria aveva avuto notizia mediante lo spesometro. La terza sezione penale ha spiegato che il reato è un illecito di dolo; il dolo di evasione è volontà di evasione dell'imposta mediante le specifiche condotte tipizzate dal legislatore penale-tributario. Se per il legislatore penale tributario nemmeno l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, o le false rappresentazioni contabili e i mezzi fraudolenti per impedire l'accertamento delle imposte, sono sufficienti ad attribuire penale rilevanza alle condotte di cui agli artt. 2 e 3, dlgs. 74/00, essendo necessario il fine di evasione, a maggior ragione il "dolo di omissione" non solo non può essere ritenuto sufficiente a integrare, sul piano soggettivo, il reato di omessa dichiarazione ma nemmeno può essere confuso con il dolo di evasione. La volontà omissiva prova la consapevolezza della sussistenza dell'obbligazione tributaria e del suo oggetto, e dunque di uno o alcuni degli elementi costitutivi della fattispecie, non prova il fine ulteriore della condotta. In altre parole, il dolo di evasione esprime l'autentico disvalore penale della condotta e restituisce alla fattispecie la sua funzione selettiva di condotte offensive ad un grado non ulteriormente tollerabile del medesimo bene tutelato anche a livello amministrativo. Il dolo specifico di evasione, per la sua forte carica intenzionale, segna il punto di frattura più grave tra l'atteggiamento antidoveroso dell'autore del fatto illecito, l'ordinamento giudico ed il bene protetto, un punto di non ritorno che giustifica il sacrificio della inviolabilità della libertà personale in considerazione del livello di aggressione al bene e della funzione rieducativa della pena. E' proprio questo scopo che nei reati in materia di dichiarazioni fiscali giustifica, rispetto agli omologhi illeciti amministrativi, la reazione punitiva dello stato e ne spiega la rilevanza penale.