Va riconosciuto il danno professionale all'odontotecnico per esposizione al berillio non solo in base allo svolgimento per un decennio dell'attività lavorativa, ma anche per il periodo di frequentazione della scuola tecnica se vi è stata esposizione alla sostanza. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 2592 del 5 febbraio 2020. IL FATTO La Corte d'Appello di Catania, in accoglimento del ricorso proposto dall'Inail e in riforma della pronuncia di primo grado, ha respinto la domanda di un professionista di rendita da malattia professionale (fibrosi polmonare causata dall'esposizione al berillio nell'esercizio dell'attività di odontotecnico). In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto non dimostrata l'esposizione del suddetto professionista al rischio professionale, sia nel periodo di frequentazione della scuola per odontotecnico in quanto non costituente attività lavorativa e sia nel periodo dal 1997 al 2005 (oltre ai mesi da giugno ad agosto 2007), per difetto di allegazioni sull'impegno temporale giornaliero dell'attività di lavoro; quanto al nesso causale, richiamata la c.t.u. che aveva riconosciuto la "probabilità che il periziato (avesse) contratto la fibrosi polmonare per causa lavorativa, in virtù della concreta possibilità e probabilità di un lungo periodo espositivo ai fumi e alle polveri di berillio, della durata di circa dieci anni", ne ha escluso la sussistenza sul rilievo che la durata dell'esposizione, limitata al periodo di attività lavorativa, fosse inferiore ai dieci anni e non fosse neanche accertata la quantità temporale dell'esposizione durante il lavoro. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il professionista, deducendo la violazione dell'art. 4, D.P.R. n. 1124 del 1965 che comprende nell'assicurazione "gli alunni delle scuole o istituti di istruzione di ogni ordine e grado, anche privati, che attendano ad esperienze tecno scientifiche od esercitazioni pratiche, o che svolgano esercitazioni di lavoro ..." e richiamando le prove testimoniali, dimostrative delle esercitazioni tecnico pratiche svolte presso l'istituto frequentato negli anni dal 1988 al 1993 con uso di "mescole e resine per la preparazione delle protesi". LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. Invero la Suprema Corte ha più volte precisato (cfr. Cass. 2887/04; n. 19495/09) che "In tema di infortuni sul lavoro, con riguardo a quelli occorsi nello svolgimento di attività didattica, l'art. 4, n. 5, del D.P.R. n. 1124 del 1965 limita la copertura assicurativa agli insegnanti ed alunni che attendono ad esperienze o a esercitazioni pratiche o che svolgono esercitazioni di lavoro. Pertanto, la tutela assicurativa, che copre soltanto tale rischio specifico e non anche quello generico, è operante quando l'evento lesivo si sia verificato nel corso o in conseguenza di tali esperienze tecnico - scientifiche o di tali esercitazioni pratiche (ossia nel corso di attività essenzialmente manuali, pur se legate a conoscenze teorico - scientifiche) ovvero quando sia legato con nesso di causalità allo svolgimento di tali attività". Orbene la sentenza impugnata laddove ha escluso, ai fini della valutazione dell'esposizione a sostanze nocive, il periodo (dal 1988 al 1993) in cui il professionista ha frequentato la scuola per odontotecnico, con relative esercitazioni tecnico pratiche, "atteso che non si tratta di attività lavorativa", ha violato l'art. 4 del D.P.R. n. 1124/1965. La Corte d'appello ha ritenuto non dimostrato il periodo decennale di esposizione, indicato nella relazione peritale, poiché ha preso in esame solo gli anni in cui il professionista ha svolto attività lavorativa; in tale contesto, il periodo di frequentazione della scuola per odontotecnico e la relativa, ove accertata, esposizione, assumono rilievo decisivo ai fini della verifica di esistenza del nesso causale. Ne consegue l'accoglimento del ricorso.