Per poter validamente cedere un credito IVA risultante nella dichiarazione annuale, occorre preliminarmente chiederlo a rimborso nella medesima dichiarazione. L’art. 30, comma 3, D.P.R. n. 633/1972 detta le condizioni al ricorrere delle quali è possibile chiedere il rimborso del credito IVA annuale, purché d’importo superiore a 2.582,28 euro. Nel caso in cui nessuna delle condizioni di cui al comma 3 dell’art. 30 fosse soddisfatta, è comunque possibile chiedere il rimborso del credito se dalla dichiarazione IVA relativa ai due anni precedenti risultino eccedenze detraibili (norma prevista dall’art. 30, comma 4, D.P.R. n. 633/1972). In tal caso, il contribuente può chiedere a rimborso il minor credito IVA dei complessivi ultimi tre esercizi, ivi incluso quello relativo alla dichiarazione nella quale si chiederebbe il rimborso. Le regole per l’esecuzione dei rimborsi IVA La procedura di esecuzione dei rimborsi IVA è disciplinata dall’art. 38-bis, D.P.R. n. 633/1972. Oltre alle diverse procedure di rimborso, semplificata o ordinaria, il medesimo art. 38-bis, ai commi 3 e 4, disciplina gli adempimenti necessari per ottenerlo in base all’ammontare dello stesso. Nel caso di rimborsi inferiori a 30.000 euro, non occorre prestare garanzia né apporre sulla dichiarazione IVA il visto di conformità né, infine, presentare la c.d. dichiarazione sostituiva di atto notorio. Per rimborsi superiori a 30.000 euro: - per i contribuenti a rischio è necessaria la prestazione della garanzia di cui al comma 4 dell’art. 38-bis del D.P.R. n. 633/1972 (generalmente fideiussione bancaria o assicurativa); - per i contribuenti cc.dd. non a rischio, invece, non occorre prestare la garanzia, a condizione che sull’istanza da cui emerge il credito si apponga il visto di conformità o la sottoscrizione alternativa dell’organo di controllo e sia presentata la dichiarazione sostitutiva di atto notorio. Per le società in fallimento o liquidazione coatta amministrativa, l’art. 74-bis, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, prevede una deroga agli articoli 38-bis, comma 1, e 30, consentendo i rimborsi senza la prestazione di garanzie per un ammontare non superiore a 258.228,45 euro. Come effettuare la cessione del credito IVA Una volta chiesto a rimborso il credito IVA, è possibile procedere con la cessione del medesimo credito, secondo quanto previsto, fra gli altri, dagli articoli 69 e 70, R.D. 18 novembre 1923, n. 2440. In particolare, viene previsto che la cessione del credito d’imposta debba essere perfezionata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata da notaio. L’art. 69, R.D. n. 2440/1923, inoltre, prevede che dall’atto di cessione del credito si evincano: - il titolo per cui si cede il credito d’imposta; - l’oggetto del credito tributario; - l’esatta quantificazione del credito ceduto. Sulla quantificazione del credito ceduto è importante segnalare che è intervenuta la risposta a consulenza giuridica 17 gennaio 2019, n. 1, la quale ha chiarito che in caso di indicazione di importo errato occorrerà integrare l’atto che corregga/integri l’errore o l’omissione. Una volta che è avvenuto l’atto di cessione con le formalità sopra dette è altresì necessario che una copia autentica dell’atto di compravendita notarile sia notificata, mediante ufficiale giudiziario: - all’Agenzia delle Entrate competente in cui ha sede la società; - al relativo concessionario della riscossione. Si precisa che in base all’art. 43-bis, comma 1, D.P.R. 602/1973, una volta ceduto il credito IVA, esso non può essere oggetto di successive cessioni. Si osserva che Cass. n. 12552/2016 ha ammesso che il soggetto (primo) cessionario di un credito d’imposta possa validamente trasferire il credito a terzi se oggetto di cessione è un’azienda della quale fa parte anche il credito acquisito. Pertanto, il trasferimento di un’azienda che includa il credito d’imposta precedentemente acquisito non vìola l’art. 43-bis, comma 1, D.P.R. n. 602/1973. Emendabilità della dichiarazione per modificare l’utilizzo del credito IVA Nell’ipotesi in cui il contribuente abbia presentato una dichiarazione IVA annuale nella quale non abbia chiesto a rimborso il credito (prius logico per cedere poi il credito a terzi) ma abbia posto in compensazione il medesimo credito, come chiarito da ultimo nella risposta a interpello 30 luglio 2020, n. 231 (che invero riguarda una fattispecie opposta a quella di cui trattasi, ossia il caso di contribuente che ha chiesto a rimborso il credito IVA annuale e successivamente alla presentazione della dichiarazione IVA si avvede di aver maggior convenienza nel compensare il credito), è possibile modificare la destinazione del credito IVA annuale mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa con la quale chiedere il rimborso. La dichiarazione integrativa sarà possibile entro gli ordinari termini decadenziali di accertamento di cui all’art. 57, D.P.R. n. 633/1972, ossia entro 5 anni dalla presentazione della dichiarazione da emendare. Responsabilità solidale cedente-cessionario L’art 43-bis, comma 2, D.P.R. n. 602/1973, stabilisce che il cessionario risponde in solido con il cedente, fino a concorrenza delle somme indebitamente rimborsate, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. L’Ufficio, dunque, provvede al recupero delle somme erroneamente rimborsate e degli interessi eventualmente corrisposti mediante iscrizione a ruolo nei confronti del cedente e, altresì, nei confronti del cessionario. Le sanzioni relative all’indebito rimborso, invece, sono imputabili al solo cedente (quale soggetto che ha originato il credito). Cessione del credito: tra IVA e registro In linea generale, la cessione di crediti (siano essi crediti d’imposta o di natura commerciale) è soggetta a un regime IVA/registro differenziato a seconda che si tratti: - di cessione effettuata in pagamento di un debito del cedente verso il cessionario (c.d. datio in solutum oppure - di cessione effettuata dietro corrispettivo. L’art. 2, comma 3, lettera a), D.P.R. n. 633/1972, prevede che, ai fini dell’applicazione dell’IVA non sono considerate cessioni di beni le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro. Se il credito (IVA o commerciale) viene trasferito, senza corrispettivo, quale adempimento di un’obbligazione del cedente verso il cessionario (datio in solutum), di per sé la cessione è fuori campo IVA (ex art. 2 appena richiamato), con possibile applicazione dell’imposta di registro proporzionale dello 0,5% prevista dall’art. 6, Tariffa parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, in caso d’uso se effettuata per scambio di corrispondenza o in termine fisso (30 giorni dalla stipula) se la cessione è effettuata per scrittura privata. La cessione del credito, se effettuata dietro corrispettivo, rientra nel campo di applicazione dell’IVA costituendo prestazione di servizi ex art. 3, comma 2, n. 3), D.P.R. n. 633/1972, e ha causa finanziaria perché è volta a monetizzare in via anticipata (rispetto agli ordinari tempi di rimborso) il credito medesimo (si richiama anzitutto la Corte di Giustizia 27 ottobre 2011, causa C-93/10 - sentenza GFKL). Per tale ragione - cioè consentire al cedente di monetizzare in via anticipata del proprio credito - vari documenti di prassi (risoluzioni n. 139/2004 e n. 32/2011 e risposta a interpello n. 369 del 2021) hanno chiarito che il “prestatore del servizio ai fini IVA”, nell’ambito della cessione dei crediti con corrispettivo, non sia il “cedente del credito” bensì il “cessionario” dello stesso. La cessione del credito, pur rientrando nel campo di applicazione dell’IVA, è operazione soggetta al regime “IVA esente” ex art. 10, comma 1, n. 1), D.P.R. n. 633/1972. Di conseguenza, in ragione del principio di alternatività IVA/registro di cui all’art. 40 del D.P.R. n. 131/1986, l’atto di cessione (pubblico o per scrittura privata autenticata) è soggetto all’imposta di registro in misura fissa (200 euro) ex art. 6, Prima parte della Tariffa allegata al decreto, da liquidare entro 30 giorni dalla data di stipula dell’atto di cessione (pubblico o scrittura autenticata). Ciò posto, la qualificazione delle cessioni di crediti quali prestazioni di servizi aventi natura finanziaria comporta che la base imponibile IVA, sia pari alla differenza tra: (A) il “prezzo di cessione” e (B) il “valore di mercato/realizzo” dei crediti stessi (con diversa configurazione, quindi, a seconda che oggetto di cessione sia un credito d’imposta - quindi, concettualmente, in bonis - e un credito in sofferenza).