Con la decisione del 18 aprile 2024 resa nella causa C-68/23, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha fornito chiarimenti sull’interpretazione degli articoli 30 bis e 30 ter della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra una società di diritto civile tedesca e il Finanzamt O (amministrazione tributaria tedesca) in merito alla qualificazione e all’assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto (IVA) della commercializzazione di carte prepagate o di codici di buoni utilizzati per l’acquisto di contenuti digitali in un negozio online. La Corte ha quindi evidenziato che l’articolo 30 bis e l’articolo 30 ter, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla direttiva (UE) 2017/2455 del Consiglio, del 5 dicembre 2017, devono essere interpretati nel senso che la qualificazione di un buono come «buono monouso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 2, della direttiva 2006/112, come modificata, dipende unicamente dalle condizioni previste da tale disposizione, che comprendono quella secondo la quale il luogo della prestazione di servizi destinata a consumatori finali, alla quale tale buono si riferisce, dev’essere noto al momento dell’emissione di detto buono, e ciò indipendentemente dalla circostanza che quest’ultimo sia oggetto di trasferimenti tra soggetti passivi che agiscono in nome proprio e sono stabiliti nel territorio di Stati membri diversi da quello in cui si trovano tali consumatori finali. Inoltre l’articolo 30 ter, paragrafo 2, della direttiva 2006/112, come modificata dalla direttiva 2017/2455, dev’essere interpretato nel senso che la rivendita da parte di un soggetto passivo di «buoni multiuso», ai sensi dell’articolo 30 bis, punto 3, della direttiva 2006/112, come modificata, può essere assoggettata all’imposta sul valore aggiunto, a condizione che essa sia qualificata come prestazione di servizi a favore del soggetto passivo che effettua, come corrispettivo di detti buoni, la consegna fisica dei beni o fornisce concretamente i servizi al consumatore finale. A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 30 ter, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA, quando il buono multiuso è trasferito da un soggetto passivo diverso da quello che effettua la consegna fisica dei beni o la concreta prestazione dei servizi al consumatore finale, qualsiasi prestazione di servizi che possa essere identificata, quali servizi di distribuzione o di promozione, è soggetta all’IVA. Peraltro, secondo l’articolo 73 bis della direttiva, la base imponibile della prestazione di servizi effettuata a fronte di un buono multiuso è pari al corrispettivo versato per il buono o, in assenza di informazioni su tale corrispettivo, al valore monetario indicato sul buono multiuso stesso o nella relativa documentazione diminuito dell’importo dell’IVA relativo ai servizi prestati. L’articolo 30 ter, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva IVA, in combinato disposto con l’articolo 73 bis della stessa, mira quindi segnatamente ad evitare la mancata tassazione di servizi di distribuzione o di promozione, conformemente agli obiettivi della direttiva IVA, garantendo che l’IVA sia riscossa su qualsiasi margine di profitto.