Se il contribuente svolge l’attività professionale di medico chirurgo e di consigliere di amministrazione presso una clinica privata, i relativi redditi devono qualificarsi come redditi di lavoro autonomo. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 202 del 2019, con cui ha specificato come l’attrazione dei compensi alla categoria dei redditi di lavoro autonomo opera nell’ipotesi in cui il professionista svolga l’incarico di amministratore di una società, poiché è ragionevole ritenere che l’incarico di amministratore sia stato attribuito al professionista proprio in quanto esercente quella determinata attività professionale. IL QUESITO Un contribuente svolge da vari anni l’attività professionale di medico chirurgo e ricopre un incarico di consigliere di amministrazione presso una clinica privata nei cui confronti svolge in maniera prevalente la sua attività professionale. Tale professionista percepisce un compenso ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del TUIR per l’attività di consigliere di amministrazione e il volume del suo fatturato per l’attività libero professionale si attesta sotto il limite dei 65.000 euro previsto della legge di bilancio 2019. La legge di bilancio 2019 ha introdotto nuove cause ostative all’applicazione del regime forfetario. In particolare, l’articolo 1, comma 57, lettera d-bis), prevede che le persone fisiche, la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano in corso nei due precedenti periodi d’imposta ovvero nei confronti di soggetti agli stessi direttamente o indirettamente riconducibili, non possono avvalersi del regime agevolato. Ciò premesso, il contribuente chiede se tale causa ostativa sia applicabile al caso prospettato. LA RISPOSTA DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE Le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società costituiscono redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Fanno eccezione a tale regola gli uffici che rientrano nei compiti istituzionali compresi nell’attività di lavoro dipendente, concernente i redditi di lavoro dipendente, o nell’oggetto dell’arte o professione, concernente i redditi di lavoro autonomo esercitate dal contribuente. A tal proposito con la circolare n. 105/2001, è stato precisato che l’attrazione dei compensi alla categoria dei redditi di lavoro autonomo opera, inoltre, nell’ipotesi in cui, anche in assenza di una previsione espressa nell’ambito delle norme di disciplina dell’ordinamento professionale, il professionista svolga l’incarico di amministratore di una società o di un ente che esercita una attività oggettivamente connessa alle mansioni tipiche della propria professione abituale. In tale ipotesi è ragionevole ritenere che l’incarico di amministratore sia stato attribuito al professionista proprio in quanto esercente quella determinata attività professionale. Ne consegue che se il contribuente svolge l’attività professionale di medico chirurgo e di consigliere di amministrazione presso una clinica privata, i relativi redditi devono qualificarsi come redditi di lavoro autonomo. Quindi qualora l’ammontare complessivo dei redditi percepiti superi la soglia di 65.000 euro, il contribuente non potrà applicare il regime forfetario.