A seguito di notifica di cartella di pagamento, la prescrizione dei crediti previdenziali matura in cinque anni. Il termine decennale è infatti applicabile solo a seguito di sentenza passata in giudicato, ipotesi diversa rispetto a quella della cartella non impugnata. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 840 del 16 gennaio 2020. IL FATTO Una contribuente impugnava delle intimazioni di pagamento relative ad alcune cartelle, assumendo che queste ultime non le fossero state mai notificate. A seguito del rigetto della domanda da parte del Tribunale, veniva proposto appello e il secondo grado si concludeva con il riconoscimento delle ragioni della contribuente. In particolare, i giudici ritenevano che il termine di prescrizione applicabile al credito, di natura previdenziale, sotteso alle cartelle di pagamento in questione, fosse di cinque anni e non di dieci: la cartella definitiva non produce infatti gli stessi effetti della sentenza passata in giudicato. <L’Agenzia delle Entrate-Riscossione impugnava la decisione di secondo grado, sostenendo che nella specie si avrebbe un effetto novativo delle singole obbligazioni con la formazione della cartella esattoriale, con esclusione dei singoli termini di prescrizione previsti per ciascun credito, diventando decennale il relativo termine a seguito dell’affidamento all’agente della riscossione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. I giudici richiamano nuovamente quanto stabilito dalle SS.UU. (sentenza n. 23397/2016): la prescrizione quinquennale, che riguarda anche la riscossione coattiva dei contributi previdenziali e assistenziali, resta ferma anche nel caso in cui la pretesa derivi da una cartella di pagamento rimasta non impugnata (e quindi definitiva). Non è infatti possibile sostenere che quest’ultima possa produrre un effetto paragonabile a quello del giudicato, in relazione all’art. 2953 c.c. Il riferimento della ricorrente al termine di prescrizione decennale contenuto nell’art. 20, comma 6, D.Lgs. n. 122/1999, era poi inconferente: lo stesso risulta sempre effettuato in ambito sostanziale e senza alcun possibile riferimento all’art. 2953 c.c., atteso che viene richiamato con riguardo all’attività amministrativa di riscossione per una procedura, quella di discarico per inesigibilità delle quote d’imposte, di natura meramente amministrativa: la stessa da un lato riguarda solo il rapporto giuridico tra ente creditore e concessionario (al fine di verificare se sussista o meno il diritto al rimborso), dall’altro riguarda esclusivamente la riscossione fiscale. Avendo le cartelle di pagamento in questione ad oggetto dei crediti dell’INPS, la prescrizione non poteva che essere quinquennale.