È legittimo il licenziamento per giusta causa dei lavoratori che violano le procedure aziendali esponendo l’impresa a sanzioni. Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 6827 del 14 marzo 2024. In generale, in tema di licenziamento per giusta causa e per giustificato motivo soggettivo, la valutazione della gravità e proporzionalità della condotta rientra nell'attività sussuntiva e valutativa del giudice di merito, avuto riguardo agli elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, con la quale viene riempita di contenuto la clausola generale dell'art. 2119 c.c.; la Corte di Cassazione non può sostituirsi al giudice del merito nell'attività di riempimento di concetti giuridici indeterminati, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza; tale sindacato sulla ragionevolezza non è quindi relativo alla motivazione del fatto storico, ma alla sussunzione dell'ipotesi specifica nella norma generale, quale sua concretizzazione; l'attività di integrazione del precetto normativo di cui all'art. 2119 c.c. (norma cd. elastica), compiuta dal giudice di merito non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza del giudizio di sussunzione del fatto concreto, siccome accertato, nella norma generale, ed in virtù di una specifica denuncia di non coerenza del predetto giudizio rispetto agli standard, conformi ai valori dell'ordinamento, esistenti nella realtà sociale. La giusta causa di licenziamento e la proporzionalità della sanzione disciplinare sono nozioni che la legge, allo scopo di adeguare le norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel tempo, configura con disposizioni, ascrivibili alla tipologia delle cd. clausole generali, di limitato contenuto e delineanti un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa, mediante la valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di principi che la stessa disposizione tacitamente richiama; tali specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è, quindi, deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici. Occorre, pertanto, distinguere tra l'integrazione a livello generale e astratto della clausola generale, che si colloca sul piano normativo e consente una censura per violazione di legge, mentre l'applicazione in concreto del più specifico canone integrativo così ricostruito, ossia il fattuale riconoscimento della riconducibilità del caso concreto nella fattispecie generale e astratta, rientra nella valutazione di fatto devoluta al giudice del merito; e sono di competenza inevitabile del giudice di merito le connotazioni valutative dei fatti accertati nella loro materialità, nella misura necessaria ai fini della loro riconducibilità - in termini positivi o negativi - all'ipotesi normativa.