La previsione di una tutela contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato diversa rispetto alla tutela prevista per i lavoratori a tempo indeterminato degli altri settori produttivi e per i lavoratori agricoli a tempo determinato non può ritenersi, di per sé, lesiva del principio di eguaglianza. E’ la natura stessa del lavoro che differenzia le tipologie del lavoro. La diversità dei due rapporti di lavoro rende, in particolare, non irragionevole che la corresponsione dell’integrazione del reddito, in cui si sostanzia la tutela contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli, venga stabilita, per i lavoratori a tempo determinato, per una durata corrispondente alle giornate “lavorate” anziché alle giornate “non lavorate”, come avviene per i lavoratori agricoli a tempo indeterminato. IL FATTO Nel corso di un giudizio promosso da due lavoratori agricoli a tempo indeterminato, licenziati il 31 dicembre 2008, al fine di ottenere «l’indennità di disoccupazione per l’anno 2009», la Corte di cassazione, sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 32, primo comma, lettera a), della legge 29 aprile 1949, n. 264 (Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati) e, in via subordinata, dello stesso art. 32, primo comma, lettera a), della legge n. 264 del 1949 e dell’art. 1, comma 55, della legge 24 dicembre 2007, n. 247 (Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale). La normativa Per ottenere la prestazione previdenziale, gli operai agricoli a tempo indeterminato e gli operai agricoli a tempo determinato devono possedere due requisiti: - devono essere «iscritti negli elenchi di cui all’articolo 12 del regio decreto 24 settembre 1940, n. 1949, e successive modificazioni, per almeno un anno oltre che per quello per il quale è richiesta l’indennità»; - devono avere «conseguito nell’anno per il quale è richiesta l’indennità e nell’anno precedente un accredito complessivo di almeno 102 contributi giornalieri». In merito alla durata della corresponsione dell’indennità di disoccupazione, essa è pari alla differenza tra il «numero di 270», che costituisce il parametro annuo di riferimento, e il «numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell’anno» (comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattie, infortunio, maternità), sino a un massimo di 180 giornate. A decorrere dal 1° gennaio 2008, l’importo giornaliero dell’indennità ordinaria di disoccupazione, fissato nella misura del 40 per cento della retribuzione, «è corrisposto per il numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi, entro il limite di 365 giornate del parametro annuo di riferimento». In base a tale nuova disciplina, riferita ai soli operai agricoli a tempo determinato, l’indennità di disoccupazione è corrisposta per una durata pari al «numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi», ovvero, come si dice nell’ordinanza di rimessione, per un numero di giornate «pari a quelle lavorate». LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE La Corte Costituzionale, nella sentenza n. 30 del 28 febbraio 2019 ha precisato innanzi tutto che, per le modalità di funzionamento della tutela contro la disoccupazione nel settore agricolo, l’erogazione dell’indennità avrà luogo nell’anno successivo a quello per cui essa è richiesta. Tale tempistica è, del resto, connaturale al carattere di sostanziale integrazione reddituale, proprio dell’indennità di disoccupazione agricola. Da quanto precede discende quindi che l’art. 32, primo comma, lettera a), della legge n. 264 del 1949 non priva i lavoratori agricoli a tempo indeterminato dell’indennità di disoccupazione agricola e, quindi, del sostegno per lo stato di bisogno, in situazioni come quelle del giudizio in esame e precisamente estinzione del rapporto di lavoro «alla fine dell’anno e comunque oltre le 270 giornate all’anno». Tale tutela porta a escludere che tali lavoratori siano discriminati, sia rispetto agli altri lavoratori assunti a tempo indeterminato, sia rispetto ai lavoratori agricoli assunti con contratto a tempo determinato. La previsione inoltre di una disciplina della tutela contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli a tempo indeterminato, diversa rispetto a quella prevista per i lavoratori a tempo indeterminato degli altri settori produttivi e per i lavoratori agricoli a tempo determinato, non può ritenersi, di per sé, lesiva del principio di eguaglianza. E’ la natura stessa del lavoro che rende differenti le tipologie del lavoro. Si pensi ad esempio come il lavoro subordinato agricolo a tempo indeterminato non può non dirsi condizionato dalla stagionalità e dagli agenti atmosferici e naturali in genere, elementi questi suscettibili di incidere sui ritmi produttivi e sull’attività lavorativa. La diversità dei due rapporti di lavoro rende, in particolare, non irragionevole che la corresponsione dell’integrazione del reddito, in cui si sostanzia la tutela contro la disoccupazione dei lavoratori agricoli, venga stabilita, per i lavoratori a tempo determinato, per una durata corrispondente alle giornate “lavorate” anziché a quelle “non lavorate”, come avviene per i lavoratori agricoli a tempo indeterminato. Da ciò si ricava l’impossibilità di instaurare un’utile comparazione, ai fini dell’art. 3 Cost., tra i due regimi che il rimettente pone a confronto e la dichiarazione di non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate nel giudizio in esame.