Da qualche giorno è partita la “caccia” al contributo a fondo perduto, ex art. 25 del decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020). Di fatto, secondo quanto confermato dalla circolare n. 15/E/2020 dell’Agenzia delle Entrate, l’importo spettante verrà erogato “a vista” dalle Entrate ed eventuali controlli sulla correttezza delle poche informazioni contenute nell’istanza (requisiti, condizioni) saranno ordinariamente effettuati solo a pagamento avvenuto. Controlli formali e automatici Inizialmente, quindi, l’Agenzia delle Entrate si limiterebbe a effettuare solo alcuni controlli formali di coerenza (ad esempio confrontando i dati dell’istanza con le informazioni presenti in Anagrafe tributaria) e, solo dopo l’erogazione, sarebbero invece eseguiti i controlli automatici (tra cui l’incrocio con i dati fiscali delle fatture elettroniche e dei corrispettivi telematici) e ulteriori verifiche sostanziali volte a confermare che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia davvero inferiore ai due terzi della medesima grandezza economica riferita al mese di aprile 2019. A quel punto, l'ammontare del contributo si determinerà applicando una percentuale (dal 10 al 20%) alla differenza dell’ammontare dei fatturati dei predetti mesi. A fronte di una certa facilità procedurale, in pochi si stanno preoccupando del fatto che la richiesta di fondo perduto farà entrare molti richiedenti all’interno di liste selettive per l’accertamento del diritto a ricevere quel bonifico che, usando le stesse parole della prassi delle Entrate, è “concesso sotto condizione risolutiva”. Infatti, per appurare la legittimità del percepito, risulteranno applicabili le regole previste in tema di controlli fiscali ai fini dell’imposizione diretta (art. 31 e seguenti del D.P.R. n. 600/1973, vale a dire i poteri ordinari di verifica ed accertamento fiscale e, qualora da tali controlli risultasse che il contributo sia in tutto o in parte non spettante (anche a seguito del mancato superamento della verifica antimafia), le Entrate procederanno al recupero, notificando all’impresa o professionista beneficiario, un atto di recupero motivato, ai sensi dell’art. 1, comma 421, legge n. 311/2004. Contributo non spettante, atto di recupero e sanzioni In tal caso la norma prevede l’applicabilità anche dell’art. 27, comma 16 del D.L. n. 185/2008, che consente all’Agenzia delle Entrate, in caso di utilizzo in compensazione di crediti accertati come “inesistenti”, di notificare l’apposito atto di recupero motivato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo (quindi, fino al 31 dicembre 2028). Con detto atto, saranno irrogate anche le relative sanzioni (art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/1997) e l’indebita percezione del contributo comporterà l’irrogazione della sanzione pecuniaria dal 100% al 200% dell’ammontare del contributo stesso, ossia la stessa misura prevista per l’utilizzo in compensazione F24 di crediti inesistenti, senza alcuna possibilità di definizione agevolata della sanzione ai sensi degli articoli 16 e 17, D.Lgs. n. 472/1997. Ma vi è di più. Infatti, nel caso di indebita percezione di un contributo non superiore a 3.999,96 euro, alla citata sanzione amministrativa tributaria variabile in base in base all’entità del contributo indebitamente percepito, ex art. 316-ter c.p. si renderà applicabile in aggiunta anche quella prevista dal comma 14 del citato art. 25. Ad esempio Ipotizzando un indebito percepito ammontante a 1.000 euro (contributo minimo garantito), le sanzioni applicabili, in caso di contributo indebitamente percepito per ragioni diverse dal collegamento ad infiltrazioni mafiose, ammonteranno a 3.000 euro (pari al triplo del contributo minimo), alle quali andranno sommati ulteriori 1.000 euro previsti dall’art. 13, comma 5, D.Lgs. n. 471/1997. A ciò si aggiunge, ovviamente, la restituzione del contributo indebito. A fronte, quindi, di un’indebita percezione di 1.000 euro il beneficiario sarebbe costretto a restituire all’Erario 5.000 euro. Dai controlli all’accertamento Ma aleggia anche un’altra ipotesi inquietante. Infatti, non è ancora chiaro se i controlli finalizzati alla spettanza del fondo perduto saranno mirati, o se gli stessi invece innescheranno vere e proprie verifiche generali. Si pensi, ad esempio, a un contribuente che, a seguito di una verifica fiscale innescata da un controllo sulla congruità del contributo a fondo perduto, si veda rettificare l’ammontare del fatturato conseguito nell’anno d’imposta 2019, da 360.000 euro a 420.000 euro, tramite una ricostruzione presuntiva dei ricavi. A quel punto, pur in assenza di variazione analitica del fatturato del mese di aprile 2019, dato rilevante ai fini della determinazione del contributo spettante, tale accertamento riverbererebbe comunque effetti non solo sulle maggiori imposte accertate e relative sanzioni ed interessi, ma provocherebbe anche effetti indiretti sulla determinazione del contributo percepito dal contribuente nel 2020, atteso il fatto che, a seguito della rettifica dei ricavi, la percentuale da applicare sul differenziale del mese di aprile a quel punto passerebbe dal 20% al 15%, con conseguenze sanzionatorie sia amministrative che penali. Nondimeno, anche una rettifica analitica del fatturato di aprile 2019, o dello stesso mese del 2020, potrebbe provocare contestazioni di indebita percezione di fondi pubblici. Considerazioni conclusive Nulla, ad oggi, lascia presagire che una richiesta di contributo a fondo perduto innescherà un’automatica verifica fiscale sul periodo di imposta 2019, ma la prassi del Fisco, nell’affermare che per gli specifici controlli utilizzerà i poteri di accertamento, non ha escluso che l’istanza potrebbe innescare liste selettive future anche per ordinari controlli generali, circostanza che impone ulteriore prudenza compilativa stante le numerose incertezze applicative che ancora caratterizzano la disposizione.