Nel processo tributario, per le cause scindibili, non scatta l’obbligo di integrare il contraddittorio (secondo le regole civilistiche) verso le parti del giudizio di primo grado che hanno perso interesse a proporre appello. Lo hanno chiarito le Sezioni unite della Cassazione, sentenza n. 11676 del 30 aprile 2024. In particolare, sotto il profilo nomofilattico, la Sezione rimettente ha ritenuto rilevante la questione relativa alla dedotta violazione dell’articolo 53, comma 2, del Dlgs 31 dicembre 1992, n. 546, per omessa notifica del ricorso in appello nei confronti della Regione Lazio e della Camera di Commercio di Viterbo, parti nel giudizio di primo grado, ancorché il giudice provinciale avesse escluso la legittimazione passiva dei predetti enti. Nel rinviare alle S.U., la Sezione rimettente ha così riassunto la questione: “Se l’art. 53, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, disciplini o meno un litisconsorzio necessario processuale che imponga sempre, prescindendo dal carattere scindibile o inscindibile delle cause o della loro dipendenza ai sensi degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, ovvero se il legislatore abbia inteso rendere la materia del litisconsorzio nel processo tributario di secondo grado autonoma rispetto a quella contenuta nel codice di procedura civile, così evidenziando gli aspetti peculiari della disciplina del processo tributario di appello e tra questi le modalità di proposizione dell’appello tributario stabilite dall’art. 54 del decreto legislativo n. 546 del 1992”. Le Sezioni Unite civili nel rigettare il ricorso della società ricorrente contro l’Agenzia delle entrate, nonché della Regione Lazio e della Camera di commercio di Viterbo, ha affermato i seguenti principi: “Nel processo tributario con pluralità di parti, l’art. 53, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, laddove prevede la proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, dipendenti e scindibili, così come delineata dalle regole processual-civilistiche, e pertanto, nei limiti del rispetto delle regole prescritte dagli artt. 331 e 332, c.p.c.., applicabili al processo tributario, non vi è l’obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti delle parti, pur presenti nel giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione al grado d’appello, per cause scindibili, sia venuto meno”. Inoltre, le S.U. hanno affermato che: “Nel processo tributario, le modalità di proposizione dell’appello incidentale – che l’art. 54, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 prevede che sia contenuto, a pena di inammissibilità, nell’atto di costituzione dell’appellato, al pari delle modalità di proposizione dell’appello incidentale che, a pena di decadenza, l’art. 343, primo comma, c.p.c., prescrive sia contenuto nella medesima comparsa di risposta depositata – riguardano esclusivamente le ipotesi di processi relativi a cause inscindibili o dipendenti, non anche quei giudizi nei quali siano portate al vaglio dell’organo giudiziario cause scindibili; pertanto, l’appellato che intende impugnare la sentenza anche nei confronti di una parte del giudizio di primo grado non convenuta dall’appellante principale in riferimento a cause scindibili, deve proporre l’appello mediante notifica nel termine di cui all’art. 23 del d.lgs. n. 546 del 1992, decorrente dal momento della conoscenza della sentenza e comunque non oltre i termini di decadenza dal diritto all’impugnazione”.