Qualora il datore di lavoro intenda interrompere il rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo, soggettivo o per giusta causa, è necessario che proceda alla quantificazione dei costi collegati all’uscita dei lavoratori, costi che possiamo dividere in certi e incerti. Tra i costi certi vi rientra il preavviso nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e soggettivo, che può essere lavorato o indennizzato, così come vi rientra il ticket di finanziamento NASpI, che è dovuto indipendentemente dalla motivazione che supporta il recesso. Tra i costi certi, inoltre, anche se, più che altro, si tratta di un esborso finanziario, vi rientra la liquidazione delle competenze di fine rapporto spettante al lavoratore ovvero il TFR (qualora non sia accantonato alla previdenza complementare), oltre, ovviamente, alla retribuzione spettante fino alla data di cessazione, la liquidazione dei ratei maturati di mensilità aggiuntive (tredicesima ed eventuali altre mensilità previste dal contratto collettivo), ferie e permessi non goduti. Tra i costi incerti, vi rientra il possibile rischio del contenzioso con il lavoratore ovvero l’applicazione dei regimi sanzionatori previsti ad oggi (tutela obbligatoria, reale e crescente) a seconda della data di assunzione del lavoratore e del requisito dimensionale del datore di lavoro. Proviamo qui di seguito a riepilogare la disciplina dei costi certi relativi al ticket NASpI e al preavviso, qualora dovuto. Costo del ticket NASpI La legge n. 92/2012 ha previsto l’obbligo in capo ai datori di lavoro di versare un contributo di licenziamento (ticket NASpI) in tutti quei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che darebbero diritto alla NASpI. La norma quantifica il contributo nella misura pari al 41% del massimale mensile di NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni. Il contributo deve essere versato indipendentemente dalla circostanza che il lavoratore cessato abbia maturato i requisiti contributivi e soggettivi per l’accesso alla NASpI e indipendentemente dal fatto che il lavoratore abbia trovato immediata ricollocazione presso un altro datore di lavoro e l’obbligo di versamento sorge indipendentemente dalla spettanza alla NASpI per il lavoratore. Per la quantificazione del contributo da versare sarà necessario considerare l’anzianità aziendale, per la quale si deve tener conto di tutti i periodi di lavoro a tempo indeterminato, nonché quelli a tempo determinato, precedentemente svolti, qualora il rapporto sia stato trasformato senza soluzione di continuità. Non rientrano nel periodo utile al calcolo dell’anzianità aziendale gli eventuali periodi di congedo per maternità né dei periodi di aspettativa non retribuita e se il lavoratore è passato alle dipendenze del datore di lavoro in seguito a operazioni societarie, nell’anzianità aziendale si considera anche il rapporto intercorso con l’azienda cedente. Il contributo è sempre dovuto in misura fissa, a prescindere dalla tipologia del rapporto di lavoro cessato (a tempo pieno o parziale), senza alcun riproporzionamento. Qualora il rapporto di lavoro sia stato di durata inferiore ai 12 mesi ovvero ricompreso nel periodo tra i 24 e i 36 mesi, il contributo deve essere definito in proporzione al numero dei mesi di durata del rapporto di lavoro e si considera mese intero quello in cui la prestazione lavorativa si sia protratta per almeno 15 giorni di calendario. Come detto, l’ammontare del contributivo di licenziamento dovuto all’INPS, interamente a carico del datore di lavoro, è fissato nella misura del 41% del massimale mensile NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale fino ad un massimo di 3 anni. L’importo viene annualmente rivalutato sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente. Valori anno 2024 Per ogni mese di anzianità 52,97 Per ogni anno di anzianità 635,67 Per anzianità pari o superiore a 3 anni 1.907,01 Costo del preavviso Ai sensi dell’art. 2118 del Codice civile, in caso di rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ciascun contraente può recedere nei termini e modi previsti dalla legge e dal contratto collettivo; qualora non sia rispettato il preavviso lavorato, la parte che recede è tenuto a riconoscere all’altra un’indennità - penale - equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso non lavorato. Qualora la volontà di recedere dal rapporto dipenda dal datore di lavoro, la disciplina del preavviso trova applicazione esclusivamente nel caso di recesso per giustificato motivo oggettivo e soggettivo. Sfugge infatti alla regola del preavviso il licenziamento per giusta causa ex art. 2119, c.c. (cioè per evento o comportamento che non consente la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto). Per quanto riguarda la durata del preavviso, la legge rinvia alla contrattazione collettiva: contrattazione collettiva che, generalmente, diversifica la durata a seconda dell’anzianità aziendale e del livello di inquadramento. Per quanto riguarda la quantificazione del costo del preavviso, questo cambia a seconda che ci si trovi nell’ipotesi del preavviso lavorato ovvero indennizzato. Per quanto riguarda il costo del preavviso lavorato, il periodo viene considerato come a tutti gli effetti prestazione lavorativa, con la conseguenza che lo stesso dovrà essere quantificato avendo a riferimento: - l’ordinaria retribuzione spettante per legge, contratto collettivo e contratto individuale; - i ratei di mensilità aggiuntiva (tredicesima ed eventuale quattordicesima mensilità, qualora prevista); - i ratei di ferie, permessi PAR/ROL ed ex festività, qualora previsti dal CCNL applicato. Trattandosi, inoltre, di un periodo lavorato, sulle somme retributive erogate durante il preavviso il lavoratore avrà diritto a maturare anche il TFR e sulle somme erogate/maturate sarà dovuta l’ordinaria contribuzione INPS (lavoratore e datore di lavoro) e il premio INAIL (datore di lavoro). Per quanto riguarda, invece, il costo del preavviso indennizzato, è da tener presente che il datore di lavoro sarà tenuto ad erogare al lavoratore una indennità corrispondente alla retribuzione dovuta per il periodo di preavviso (indennità sostitutiva del preavviso). Come chiarito dalla recente giurisprudenza di Cassazione, il periodo di mancato preavviso deve essere escluso dal computo delle mensilità aggiuntive, delle ferie e del TFR, in quanto, essendo mancato l’effettivo servizio, il lavoratore ha diritto esclusivamente all’indennità sostitutiva del preavviso, posto che il preavviso di licenziamento non ha efficacia reale bensì obbligatoria. Pertanto, per effetto della natura obbligatoria intrinseca all’istituto del preavviso, al lavoratore spetta solo l’indennità sostitutiva del preavviso ma non anche la relativa incidenza degli altri istituti contrattuali, quali mensilità aggiuntive, ferie e TFR. Resta inteso che sull’indennità sostitutiva del preavviso sarà dovuta l’ordinaria contribuzione INPS (lavoratore e datore di lavoro) e il premio INAIL (datore di lavoro). Tipo preavviso Contributi INPS e INAIL Incidenza mensilità aggiuntive Incidenza TFR Incidenza ferie e permessi Lavorato SÌ SÌ SÌ SÌ Indennità sostitutiva Ordinario Separata NO NO Schema di sintesi Tipo licenziamento Ticket NASpI Preavviso Giusta causa SÌ NO Giustificato motivo oggettivo SÌ SÌ Giustificato motivo soggettivo SÌ SÌ