In caso di ipotesi penalmente rilevanti, i termini per l’accertamento doganale sono estesi a sette anni, più del doppio rispetto all’ordinario termine triennale previsto quale temine di decadenza per l’azione di controllo in materia di diritti di importazione. Tra le novità della legge europea, infatti, viene fissata per norma la scelta già anticipata dalla prassi dell’agenzia delle Dogane sul termine di decadenza del potere di accertamento in sede doganale, frutto della delega conferita ad ogni Stato membro dal Codice doganale Ue (Cdu) in vigore dal 2016. L’articolo 103, paragrafo 1, in continuità con la precedente disciplina comunitaria, conferma infatti il principio per cui, una volta spirato il previsto termine di 3 anni, gli Stati membri non possono più notificare al debitore alcuna obbligazione doganale. Diversamente, l’articolo 103, paragrafo 2, ha innovato il quadro giuridico, rendendolo più chiaro e stabilendo che, in presenza di reato, il termine triennale utile per la notifica dell’obbligazione doganale al contribuente è esteso «da un minimo di cinque anni ad un massimo di dieci anni, conformemente al diritto nazionale». Spettando quindi agli Stati membri fissare un termine rientrante in tale range all’interno dei rispettivi ordinamenti, l’Italia ha adottato una propria posizione, innovando la disciplina interna di cui all’articolo 84 del Testo unico delle leggi doganali. La nuova norma sui termini per la notifica dell’obbligazione doganale avente ad oggetto diritti doganali, rimanda, con mero rinvio, alle «vigenti disposizioni dell’Unione europea». Precisa poi la disposizione che, «qualora l’obbligazione avente ad oggetto i diritti doganali sorga a seguito di un comportamento penalmente perseguibile, il termine per la notifica dell’obbligazione doganale è di sette anni». Tali novità si applicheranno «alle obbligazioni doganali sorte dal 1° maggio 2016», non a caso la data di entrata in vigore del nuovo Codice doganale Ue. Un reale punto di interesse sta però nella questione connessa al termine entro il quale la notitia criminis deve intervenire per giustificare una estensione del termine di accertamento e, soprattutto, come considerare l’ipotesi, non infrequente, della sua archiviazione. In proposito, si rileva anzitutto come il termine di prescrizione ordinario opera anche in relazione alla notifica della notitia criminis all’autorità giudiziaria: in definitiva, solo se la notizia di reato è avvenuta nel periodo di decadenza, detto termine è estensibile per l’accertamento. Di contro, resta il silenzio sulla ulteriore, frequente ipotesi, ossia quella configurata dal caso in cui la notitia criminis arrivi nei termini e venga però archiviata, addirittura in sede di indagini, facendo comunque ad essa seguito un accertamento successivo al triennio. Infatti, ammettere che la mera notizia di reato, ancorché infondata, legittimi un accertamento successivo al termine, significa ammettere verifiche sempre estensibili con la sola trasmissione di una notizia all’autorità giudiziaria, a prescindere dal fatto che questa si riveli fondata o meno, esponendo il contribuente a rischi potenzialmente molto gravi.