Con l’ordinanza n. 16721 depositata il 21 giugno 2019, la Corte di Cassazione richiamando alcuni precedenti, ha confermato il principio, secondo cui la cancellazione dal registro delle imprese, con estinzione della società prima della notifica dell’avviso di accertamento e dell’instaurazione del giudizio di primo grado, determina il difetto della capacità processuale e il difetto di legittimazione dell’ex liquidatore a rappresentarla. Non essendo il destinatario dell’avviso di accertamento, l’ex liquidatore, non può agire nell’interesse della società non più esistente. IL FATTO L’ex liquidatore di una società estinta e cancellata dal registro delle imprese quasi due anni prima, riceveva un avviso di accertamento dall’Agenzia delle Entrate. L’atto veniva impugnato in proprio e quale ex liquidatore, di fronte alla C.T.P. ed il ricorso veniva rigettato. Anche i giudici del gravame non accoglievano l’appello, basando la decisione sul presupposto che l’avviso di accertamento rivolto alla società, ormai cancellata ed estinta, fosse stato correttamente notificato all’appellante. Avverso tale decisione il contribuente ricorreva per Cassazione, censurando la sentenza impugnata, nella parte in cui aveva ritenuto correttamente notificato l’avviso di accertamento rivolto alla società ormai estinta, presso l’ex liquidatore, violando così quanto disposto dall’art. 2495 c.c. in tema di effetti della cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del contribuente. La Suprema Corte, in via preliminare all’esame dei motivi di ricorso ha rilevato l’improponibilità del ricorso presentato dal liquidatore che non ha legittimazione in proprio, poiché non è il destinatario dell’avviso di accertamento, né può agire nell’interesse della società non più esistente. L’atto impositivo, peraltro non poteva essere emesso neppure nei confronti della società ormai giuridicamente inesistente, di conseguenza, anche qualora l’ex liquidatore non avesse impugnato l’avviso di accertamento, non poteva derivarne alcun pregiudizio nei confronti della società atteso che anche l’eventuale esecuzione forzata sui beni della stessa non era più esperibile. I giudici di legittimità, hanno ribadito anche la portata applicativa del D.Lgs. n. 175/2014 (modificativo dell’art. 2495 c.c.) così come definita da diverse pronunce: trattandosi di una disposizione di natura sostanziale sulla capacità delle società cancellate dal registro delle imprese, non ha valenza interpretativa né efficacia retroattiva, con la conseguenza che il differimento quinquennale degli effetti della predetta estinzione si applica esclusivamente alle ipotesi di cancellazione dal 13 dicembre 2014. Nella specie la nuova norma non era applicabile. A corollario di tale ricostruzione la pretesa creditoria nei confronti della società era inammissibile ed il rimedio giurisdizionale esperito dal liquidatore era improcedibile poiché la società risultava cancellata ed estinta ancora prima della notifica dell’avviso di accertamento.