Dal 1° aprile 2024 è necessario stipulare un accordo individuale tra lavoratore e azienda qualora quest’ultima decidesse di adottare la modalità di lavoro agile. Non è più consentito il ricorso alle forme di smart working semplificato utilizzabili durante l’emergenza sanitaria e più volte prorogate. Disciplina ordinaria applicabile dal 1° aprile Dal 1° aprile 2024 non trova più applicazione il regime semplificato che consentiva l’adozione della modalità di lavoro agile anche in assenza di accordi individuali. Tale agevolazione, introdotta tra le prime misure volte a limitare gli effetti causati dall’emergenza pandemica (art. 90, comma 1 del D.L. n. 34/2020), è stata da ultimo estesa al 31 marzo 2024 dall’art. 18-bis della legge n. 191/2023, di conversione del decreto Anticipi (D.L. n. 145/2023). In particolare, il regime derogatorio consentiva di semplificare alcuni aspetti amministrativi della prestazione lavorativa in modalità “agile”, evitando la stipula dell’accordo, senza tuttavia modificare l’assetto della disciplina di riferimento; inoltre, veniva riconosciuto il diritto all’accesso al lavoro agile ai dipendenti del settore privato genitori di figli di età inferiore ai 14 anni e ai lavoratori fragili, ossia quei soggetti che, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, fossero risultati maggiormente esposti a rischio di contagio dal virus SARS-CoV-2. La legge n. 81/2017, art. 18 e ss. disciplina il lavoro agile, definendolo una particolare modalità di esecuzione del lavoro subordinato finalizzata ad incrementare la competitività e ad agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. La disciplina ordinaria, a molti sconosciuta e perfino snobbata prima delle vicende pandemiche, prevede l’obbligo di stipulare un accordo in forma scritta, definendo il contenuto obbligatorio che poi ogni azienda dovrà adattare ad ogni lavoratore, in funzione delle reciproche esigenze. Ricordiamo che per definizione e come caratteristica principale, il lavoro agile prevede l’esecuzione della prestazione per fasi, cicli o obiettivi e il suo svolgimento deve avvenire necessariamente in parte all’interno ed in parte all’esterno dei locali aziendali. A tali requisiti si aggiungono l'assenza di una postazione fissa, di precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro ed il possibile utilizzo di strumenti tecnologici. Un accordo ad hoc Come anticipato, le esigenze di contenimento imposte dall’emergenza pandemica hanno dato un notevole impulso alla diffusione del lavoro agile, più comunemente (e impropriamente) definito smart working. Le semplificazioni previste dalla normativa emergenziale hanno consentito alle aziende di attivare unilateralmente la modalità agile a qualunque rapporto di lavoro subordinato, in compatibilità con le prestazioni da svolgere e in assenza di accordo individuale, allo scopo di garantire la prosecuzione delle attività; tuttavia, la stessa semplificazione ha portato molte realtà imprenditoriali a sottovalutare alcuni aspetti essenziali la cui condivisione andrebbe tratteggiata nell’accordo stesso. La stipula dell’accordo, infatti, oltre ad essere un obbligo di legge, può rivelarsi la soluzione ai problemi e alle criticità che possono intervenire nel corso del rapporto di lavoro, attraverso previsioni adeguatamente definite. L’art. 19 della legge n. 81/2017 pone al centro della disciplina sul lavoro agile la sottoscrizione obbligatoria di un accordo tra le parti, da stipularsi in forma scritta. Il Protocollo nazionale del lavoro agile per il settore privato, stipulato il 7 dicembre 2021 e promosso dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali dopo confronto con le Parti sociali, ha fissato il quadro di riferimento per la definizione dello svolgimento del lavoro in tale modalità ed esprime le linee di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, considerata “fonte privilegiata di regolamentazione”. In sintesi, l’accordo deve contenere l'indicazione delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa effettuata all'esterno dei locali aziendali e le forme di esercizio del potere direttivo e del potere di controllo del datore di lavoro, i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche ed organizzative che garantiscono la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni di lavoro e, infine, le condotte disciplinarmente rilevanti. La legge impone la forma scritta, "ai fini della regolarità amministrativa e della prova" (art. 19, comma 1) e le parti possono decidere di stipulare l’accordo al momento dell’instaurazione del rapporto lavorativo, ovvero in un momento successivo con atto separato che disciplini esclusivamente lo svolgimento della prestazione in modalità “agile”. Giova sottolineare che la previsione di un accordo ope legis consente la definizione condivisa dei contenuti ed esclude la possibilità per il datore di lavoro di imporre unilateralmente al lavoratore la modalità di lavoro in argomento. Si tratta, essenzialmente, di un atto predisposto su misura, che prescinde dal ricorso a modelli prestampati e che richiede un’attenta fase di studio e di verifica preliminare delle peculiarità dell’azienda, dell’organizzazione del lavoro e delle caratteristiche dei lavoratori coinvolti. L’azienda è obbligata a conservare l’accordo per cinque anni dalla sua sottoscrizione. La durata, il recesso e il preavviso L'accordo per lo svolgimento della prestazione di lavoro agile può essere a tempo indeterminato ovvero a termine e il venir meno di tale modalità di lavoro non incide sul rapporto di lavoro subordinato sottostante. In merito al recesso dall’accordo, il secondo comma dell’art. 19 impone un preavviso non inferiore a 30 giorni (90 giorni previsti per il datore di lavoro che stipula l’accordo con soggetti disabili di cui all'art. 1 della legge n. 68/1999). La medesima disposizione prevede che ciascuno dei contraenti può recedere prima della scadenza (accordo di lavoro agile a tempo determinato) ovvero senza preavviso (accordo di lavoro agile a tempo indeterminato) in presenza di un "giustificato motivo". Di conseguenza, assume particolare importanza l’indicazione di un termine (prorogabile) qualora si intenda utilizzare il lavoratore in modalità agile per un periodo di tempo limitato; inoltre, tenuto conto del riferimento alquanto vago del legislatore alla “presenza di un giustificato motivo” è opportuno puntualizzare nell’accordo le fattispecie che integrano tale motivo. A riguardo, va chiarito che la nozione di "giustificato motivo" contenuta nella norma sul lavoro agile non va confusa con quella comunemente utilizzata in materia di licenziamento nell’ambito dei rapporti di lavoro subordinato (giustificato motivo oggettivo o soggettivo). Il giustificato motivo che consente la cessazione del lavoro nella modalità agile potrebbe trovare fondamento, ad esempio, nelle esigenze di conciliazione vita-lavoro ovvero in un calo di produttività correlato alle prestazioni svolte all'esterno, oppure nella violazione di clausole previste nell'accordo. I luoghi di lavoro Per quanto riguarda i luoghi di lavoro, dobbiamo ricordare che ai sensi dell’art. 18, l’intera disciplina del lavoro agile è imperniata sullo svolgimento alternato della prestazione lavorativa in parte all'interno ed in parte all'esterno dei locali aziendali. Si tratta di un elemento necessario e, al contempo, utile a distinguere il lavoro agile da altre modalità di lavoro che, complice l’uso di varianti lessicali del lavoro in remoto sviluppate negli ultimi anni, non rientrano nella disciplina in argomento (ad esempio telelavoro, home working o altre forme di svolgimento dell’attività all’esterno dell’azienda in modo regolare). La norma dispone che non vi sia una postazione fissa; pertanto, dall’accordo deve risultare in modo inequivocabile che si tratta di lavoro agile e non di altre forme di lavoro, fermo restando che le parti possono indicare anche una pluralità di luoghi esterni ai locali aziendali. Al fine di non sottovalutare i rischi e le responsabilità connesse all’impiego di questa particolare modalità di lavoro, nelle ipotesi in cui i dati trattati ed il tipo di prestazione lo richiedano, assume importanza l’indicazione nell’accordo di luoghi nei quali è vietata la prestazione perché non ritenuti idonei alle prescrizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro o per tutelare l’azienda da rischi legati alla riservatezza, alla perdita o alla sottrazione di dati aziendali (ad esempio l’utilizzo di reti internet pubbliche o non protette). Le modalità di esecuzione Per definizione legale, l’organizzazione del lavoro agile può avvenire per fasi, cicli e obiettivi; quindi, all’interno dell’accordo trovano collocazione le regole di esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali. In concreto, l’accordo potrebbe indicare il calendario e la cadenza periodica (settimanale, quindicinale, mensile o altra) delle prestazioni da svolgere all'esterno dei locali aziendali ovvero limitare la prestazione in modalità agile ad occasioni particolari adeguatamente specificate. Le modalità declinate nell’accordo rilevano anche in materia di salute e sicurezza e dovranno essere indicate nell'informativa prevista dal primo comma dell'art. 22 che impone al datore di lavoro di comunicare al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. L’orario di lavoro e la disconnessione La prestazione lavorativa in modalità agile deve svolgersi nei limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, secondo la legge e la contrattazione collettiva. Non è previsto un limite temporale allo svolgimento del lavoro all'esterno dei locali aziendali ma occorre sempre ricordare che l’alternanza tra prestazioni svolte all'interno e prestazioni svolte all'esterno è il requisito essenziale per poter qualificare tale lavoro come “agile”, ferma restando la necessità di accertare l’esistenza di specifiche regole nel contratto collettivo applicato. L'individuazione delle misure tecniche e organizzative per garantire la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni utilizzate rappresenta uno degli aspetti più complessi della disciplina sul lavoro agile. L'art. 19 della legge n. 81/2017 prevede che l'accordo individui i tempi di riposo del lavoratore e le misure per assicurare la disconnessione. Ciò richiede, di frequente, conoscenze tecniche che consentano al datore di lavoro di ricorrere a sistemi, regole e strumenti, in base alle caratteristiche dell'attività esercitata, della prestazione richiesta, dei luoghi in cui essa è svolta, del grado di informatizzazione dell'azienda e delle attrezzature utilizzate dal lavoratore. Si potrebbe pensare a sistemi di spegnimento tecnico o di disconnessione dai server aziendali ad orario programmato ma anche a particolari clausole nell’accordo con cui vietare al datore di lavoro, al responsabile e più in generale a qualsiasi collega, di contattare il lavoratore al di fuori di specifiche fasce di reperibilità. In alternativa, le parti potrebbero concordare che, in presenza di esigenze urgenti e imprevedibili, esclusivamente il datore di lavoro o il responsabile aziendale possono contattare il dipendente, precisando con quali modalità (telefono, e-mail, etc.). Strumenti di lavoro Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore e l'accordo deve farne menzione. Dalla lettura combinata dell’art. 18, comma 2 e dell’art. 21, comma 1, emerge che l'accordo deve disciplinare l'esercizio del potere di controllo del datore di lavoro; è quindi necessario definire formalmente gli strumenti di lavoro che consentono un'attività di controllo a distanza delle attività dei lavoratori, fermo restando quanto disposto dall'art. 4, della legge n. 300/1970. La precisa indicazione degli strumenti necessari allo svolgimento delle mansioni di lavoro si accompagna all’obbligo di informare adeguatamente i lavoratori e di rispettare la normativa in materia di protezione dei dati personali. Si ritiene che l’accordo possa anche rinviare a documenti esterni (ad esempio disciplinari d'uso, liste inventariali allegate all'accordo o elenco degli strumenti con relative guide di utilizzo). Poteri del datore di lavoro L’accordo deve specificare le modalità di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro; pertanto, nelle fasi preliminari alla sua predisposizione, è opportuno definire le prestazioni da svolgere, i tempi, gli obiettivi da raggiungere e il loro grado di misurabilità. Lo svolgimento dell’attività all’esterno dei locali aziendali necessita di sistemi efficaci di interazione sia con il datore di lavoro che con i colleghi. A tal fine, l’accordo può specificare l’uso di strumenti o pratiche diverse da quelle normalmente utilizzate per l’attività svolta all'interno dei locali aziendali (si pensi, ad esempio, a strumenti di condivisione documentale ovvero a software di videoconferenza) per impartire le direttive al lavoratore e per ricevere i feedback dell’attività svolta. Per quanto riguarda il controllo a distanza, tenuto conto dei limiti posti dall’art. 4 della legge n. 300/1970, peraltro richiamato espressamente dall’art. 21 della legge n. 81/2017, all'interno dell'accordo è necessario specificare le modalità di esercizio del potere di controllo del datore di lavoro, con esclusivo riferimento alla prestazione resa all’esterno dei locali aziendali. Allo stesso modo, nell'accordo andranno declinate le condotte che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari. Giova precisare che anche in questo caso deve trattarsi di condotte correlate all'esecuzione della prestazione lavorativa all'esterno dei locali aziendali. Qualora le parti non intendano inserire la tipizzazione di tali condotte all’interno dell’accordo, si ritiene conforme alla norma inserire il rinvio ad un apposito regolamento disciplinare da allegare all'accordo stesso, ovvero attraverso un richiamo alle specifiche disposizioni eventualmente contenute nel contratto collettivo applicato. Priorità di accesso al lavoro agile Il ritorno alle regole ordinarie dettate dalla legge n. 81/2017, non incide sui criteri di prelazione per le richieste di particolari tipologie di lavoratori. Più precisamente, l’art. 18, comma 3-bis della legge in commento riconosce priorità (quindi non un diritto) alle richieste di eseguire l’attività lavorativa in modalità agile provenienti dai seguenti soggetti: - lavoratori con figli fino a 12 anni di età; - lavoratori con figli disabili ai sensi dell’art. 3, comma 3 della legge n. 104/1992, senza limiti di età; - lavoratori con disabilità accertata ai sensi dell’art. 4, comma 1 della legge n. 104/1992; - lavoratori caregivers ai sensi dell’art. 1, comma 255 della legge n. 205/2017. Infine, ricordiamo che il decreto Anziani (D.Lgs. n. 29/2024), in vigore dal 19 marzo 2024, all’art. 5, comma 2 dispone che il datore di lavoro è tenuto a adottare “ogni iniziativa diretta a favorire le persone anziane nello svolgimento, anche parziale, della prestazione lavorativa in modalità agile, nel rispetto della disciplina prevista dai contratti collettivi nazionali di settore vigenti”. Anche in tal caso, la norma non sancisce un diritto del lavoratore ma riconosce nel lavoro agile un modello organizzativo idoneo a favorire misure di promozione della salute e di invecchiamento attivo delle persone anziane nei luoghi di lavoro.