Agenzia delle Entrate - Risposta n. 482 del 13 novembre 2019 Con la risposta n. 482 del 13 novembre 2019 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito il trattamento fiscale dei proventi rivenienti da strumenti finanziari di partecipazione (SFP) dotati di diritti patrimoniali rafforzati. L'art. 60, c. 1, del D.L. n. 50 del 2017 stabilisce che i proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti ed amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo del risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, si considerano, al ricorrere di determinati requisiti, in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi. La presunzione in questione è applicabile in presenza delle seguenti condizioni: - l'impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori, comporta un esborso effettivo pari ad almeno l'1 per cento dell'investimento complessivo effettuato dall'organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti, requisito dell'investimento minimo; - i proventi delle azioni, quote o strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati maturano solo dopo che tutti i soci o partecipanti all'organismo di investimento collettivo del risparmio abbiano percepito un ammontare pari al capitale investito e ad un rendimento minimo previsto nello statuto o nel regolamento; - le azioni, le quote o gli strumenti finanziari aventi i suindicati diritti patrimoniali rafforzati sono detenuti dai dipendenti e amministratori o, in caso di decesso, dai loro eredi, per un periodo non inferiore a 5 anni o, se precedente al decorso di tale periodo quinquennale, fino alla data di cambio di controllo o di sostituzione del soggetto incaricato della gestione, holding period. La sussistenza dei richiamati requisiti è garanzia di un allineamento fra i manager e gli altri investitori in termini di interesse alla remunerazione dell'investimento e di rischio di perdita del capitale investito. Tale allineamento costituisce la ratio dell'assimilazione dei proventi in argomento ai redditi di natura finanziaria, assimilazione che la norma opera a prescindere da qualsiasi legame con l'attività lavorativa prestata dai manager o dipendenti presso la società, l'ente o l'OICR partecipati. Tra l’altro la carenza di uno o più presupposti stabiliti dalla norma non determina, di per sé, l'automatica qualificazione dei proventi come redditi collegati alla prestazione lavorativa, ma richiede lo svolgimento di un'analisi volta a verificare, caso per caso, l'idoneità dell'investimento a determinare quell'allineamento degli interessi e dei rischi dei manager e degli altri quotisti che consente di attribuire alle somme in argomento natura finanziaria. A tale proposito, è stato chiarito che l'eventuale detenzione di strumenti finanziari aventi le medesime caratteristiche da parte degli altri soci, può essere un indicatore della natura finanziaria del reddito in questione. Un ulteriore rilevante criterio di valutazione è stato individuato nella idoneità dell'investimento, anche in termini di ammontare, a garantire l'allineamento di interessi tra investitori e management e la conseguente esposizione di quest'ultimo al rischio di perdita del capitale investito. Se tale caratteristica può costituire un indice della natura finanziaria del provento, pattuizioni che incidano in senso negativo sulla posizione di rischio del manager fino a neutralizzarla del tutto mal si conciliano con la qualificazione dello stesso come reddito di capitale o diverso. L'eventuale presenza di clausole di leavership, che condizioni la distribuzione dei proventi all'esistenza del rapporto di lavoro può costituire in astratto un elemento suscettibile di attrarre nella relativa categoria del reddito di lavoro detti emolumenti.