Con la decisione dell’11 aprile 2024 resa nella causa C-770/22, la Corte di Giustizia UE ha fornito chiarimenti sulle sentenze di primo grado che annullano misure doganali relative a risorse proprie tradizionali dell’Unione europea e immediata esecutività di tali sentenze. IL FATTO La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli da 43 a 45 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione. I dubbi espressi dal giudice del rinvio riguardano l’interpretazione fornita dalla Corte suprema di cassazione nella sua ordinanza del 13 ottobre 2020, n. 22012. Infatti, in tale ordinanza, essa ha escluso l’applicabilità dell’art. 69, comma 1, del decreto legislativo n. 546/1992, che prevede l’immediata esecutività delle sentenze di condanna al pagamento di somme in favore del contribuente, in quanto, in sostanza, l’art. 45 del codice doganale dell’Unione dispone che l’esecuzione di ogni sentenza di primo grado che annulla avvisi di accertamento relativi a risorse proprie tradizionali dell’Unione sia sospesa finché tale sentenza non sia divenuta definitiva. Orbene, il giudice del rinvio chiedeva, quindi, se l’interpretazione fornita dalla Corte suprema di cassazione sia conforme all’art. 45 del codice doganale dell’Unione, in combinato disposto con l’art. 43 di tale codice. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE Con la decisione in questione la Corte ha previsto che gli articoli da 43 a 45 del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 ottobre 2013, che istituisce il codice doganale dell’Unione, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che prevede l’immediata esecutività delle sentenze di primo grado non ancora divenute definitive che riguardino risorse proprie tradizionali dell’Unione europea. Poiché la questione dell’immediata esecutività o meno delle sentenze di primo grado, nonché il regime giuridico dell’appello, non rientrano nell’ambito di applicazione degli articoli 44 e 45 del codice doganale dell’Unione, tali disposizioni non possono ostare a una normativa nazionale che prevede l’immediata esecutività delle sentenze di primo grado non ancora definitive, né esigere che la normativa nazionale preveda l’immediata esecutività di tali sentenze. Tale interpretazione non è messa in discussione dall’obbligo che grava sugli Stati membri ai sensi dell’art. 13 del regolamento n. 609/2014, letto alla luce della decisione 2014/335, di mettere a disposizione della Commissione gli importi corrispondenti ai diritti dell’Unione sulle risorse proprie tradizionali, menzionato dal governo italiano nelle sue memorie. È vero che, ai sensi dell’art. 45, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione, la presentazione di un ricorso non ha effetto sospensivo, cosicché, in via di principio, quando un soggetto passivo contesta un avvisodi accertamento in rettifica egli avrà generalmente già pagato le somme richieste allorché si decider in primo grado sul suo ricorso o, quantomeno, avrà costituito una garanzia doganale, ai sensi dell’art. 45, paragrafo 3, di tale codice, qualora le autorità doganali gli abbiano concesso una sospensione dell’applicazione ai sensi dell’art. 45, paragrafo 2, di detto codice. Pertanto, quando, una sentenza di primo grado che ha invalidato avvisi di accertamento in rettifica venga annullata all’esito di un appello interposto dalle autorità doganali, si presume che lo Stato membro disponga già dell’importo corrispondente ai diritti dell’Unione sulle risorse proprie tradizionali, che esso dovrà mettere a disposizione della Commissione ai sensi dell’art. 13 del regolamento n. 609/2014, letto alla luce della decisione 2014/335. Ciò nonostante, contrariamente a quanto pare aver ritenuto la Corte di Cassazione nell'ordinanza 13 ottobre 2020, n. 22012, non si può dedurne che, al fine di garantire la riscossione dei diritti accertati ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 609/2014 da parte dell’Unione, l’art. 45, paragrafo 1, del codice doganale dell’Unione debba essere interpretato nel senso di obbligare gli Stati membri a permettere alle autorità doganali che abbiano tardato a procedere alla riscossione delle somme di cui all’avviso di accertamento in rettifica da loro emesso, di poter continuare a farlo dopo che sia stata emessa una sentenza di primo grado che annulla tale avviso di accertamento, finché tale sentenza non sia divenuta definitiva.