La riduzione del cuneo fiscale, la differenza cioè tra il costo del lavoro dal lato datoriale e la corrispondente retribuzione netta del lavoro, costituisce uno dei principali obiettivi da perseguire da parte del nuovo Governo. Il cuneo fiscale e le sue componenti Va ricordato come il cuneo fiscale, che costituisce un importantissimo parametro di competitività economica, rappresenta la risultante di due principali componenti, l’imposta sul reddito delle persone fisiche da un lato e i contributi previdenziali dall’altro. Il dipendente si fa carico dell’imposta e di parte dei contributi previdenziali, il datore di lavoro della restante parte dei contributi previdenziali. La volontà dell’Esecutivo è stata esplicitata dal Governo nel recente incontro con le organizzazioni sindacali. L’intendimento era peraltro uno dei punti programmatici del Patto della Fabbrica sottoscritto lo scorso anno da Confindustria, CGIL, CISL e Uil. Quali sono i ragionamenti in corso? L’Italia nel contesto internazionale E’ utile, attingendo all’ultimo Taxing Wages 2019 dell’OCSE, verificare come si colloca il nostro Paese nel panorama internazionale. Secondo i dati riportati nel 2018 in Italia la busta paga di un lavoratore medio (circa 30 mila euro lordi) era tassata del 47,9 per cento (la media OCSE è del 36,1 per cento). Quindi su 100 euro di lordo in busta paga, a un lavoratore italiano medio arriva un netto di 52,1 euro. Nel confronto con gli altri Paesi l’Italia è al terzo posto per incidenza del cuneo fiscale dopo il Belgio (52,7 per cento) e Germania (49,5 per cento). Dopo l’Italia si collocano la Francia e l’Austria (47,6 per cento). Nel contesto internazionale lo Stato che ha il più basso cuneo fiscale e contributivo è il Cile (7 per cento). La riduzione del cuneo fiscale e contributivo costituisce anche una delle riforme strutturali che la stessa OCSE ha raccomandato al nostro Paese nell’ Interim Economic Outlook per fronteggiare la debole crescita economica. In particolare, si auspica la riduzione dei contributi sociali a carico del datore di lavoro che in Italia sono estremamente elevati e ritenuti un ostacolo alla crescita dell'occupazione e alla domanda di lavoro, perchè la produttività è bassa, come lo è la redditività delle imprese. Secondo l’OCSE un minore livello di contributi potrebbe favorire le imprese con un conseguente maggior numero di assunzioni e un incremento del reddito delle famiglie e, di conseguenza, dei consumi. Cosa intende fare il Governo Come si procederà? Per quel che riguarda il metodo così come ribadito dal Ministro del Lavoro si intende aprire un percorso da intraprendere sul fronte del lavoro, ma anche della previdenza, con le parti sociali. Tra i temi individuati da affrontare in via prioritaria oltre alla riduzione del cuneo fiscale vi sono la introduzione di una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni e la elaborazione di un piano strategico di prevenzione degli infortuni sul lavoro con l’avvio di uno specifico tavolo di confronto presso lo stesso Ministero del Lavoro con la partecipazione anche del Ministero della Salute. Altro elemento importante per l’intervento sul cuneo fiscale è l’individuazione dell’orizzonte temporale di riferimento che dovrebbe essere triennale operando in maniera graduale per renderlo compatibile con i vincoli di finanza pubblica. Lo stanziamento iniziale dovrebbe essere di 5 miliardi di euro nel 2020 in crescita fino ai 15 miliardi nell’arco dei 3 anni. L’effetto dovrebbe essere quello di una riduzione iniziale di circa 2 punti del cuneo fiscale considerando che viene stimato che ogni punto tagliato di cuneo per tutto il lavoro dipendente pesi per 2,5 miliardi sui conti pubblici. Primo obiettivo: i redditi medio bassi Da quanto sembra l’intervento dovrebbe essere mirato almeno in una prima fase esclusivamente a vantaggio dei lavoratori dipendenti, nel rispetto del principio costituzionale della progressività, concentrando l’attenzione sui redditi medio bassi. Due sembrano essere al momento le soglie di reddito oggetto di approfondimento, fino a 26 mila o fino a 35 mila euro. Lo schema potrebbe essere quello di una estensione del bonus 80 euro alle fasce più basse sotto la soglia della no tax area (gli incapienti) e a quelle medie (si pensa alle soglie di reddito del secondo scaglione IRPEF) sotto forma però di detrazione. Il beneficio netto ipotizzato è di circa 1.500 euro all'anno per i redditi più bassi, con vantaggi superiori fino alla soglia dei 30 mila euro lordi all'anno. Come modalità di erogazione vi è l’idea di una possibile erogazione una tantum nel mese di luglio così come avviene in ambito previdenziale con la quattordicesima mensilità che viene pagata a luglio, se si perfeziona il requisito anagrafico nel primo semestre (entro i primi sette mesi per i pensionati privati) o corrisposta a dicembre se si raggiungono i 64 anni nel secondo semestre del 2019, ovvero che sono divenuti titolari di pensione nel corso del 2019. Altre ipotesi Altra possibile via che al momento non sembra essere però particolarmente accreditata è quella di una riduzione mirata dei contributi sociali a carico del datore di lavoro per lavoratori a bassi salari. Vi è anche la possibilità, ugualmente non particolarmente quotata però, di una riduzione dei contributi a carico dei lavoratori. Va ricordato come nella precedente legislatura tale ipotesi era stata già oggetto di attenzione in uno schema in cui si sarebbe operata una decontribuzione strutturale con riduzione di una quota contributiva a carico del datore di lavoro e di una percentuale per il lavoratore. Il lavoratore avrebbe potuto o fare confluire in busta paga la minore contribuzione obbligatoria o valutare di trasformarla in un maggior contributo a previdenza complementare (opting out) Va riportato anche l’autorevole parere del Presidente dell’INPS che ipotizza un intervento selettivo di riduzione del cuneo fiscale a beneficio di imprese innovative e green.