Così come era nelle attese il Governo, coerentemente con quanto giù annunciato nel documento programmatico di maggioranza e nella NADEF, inserisce nel disegno di legge di Bilancio per il 2020 il rinnovo dell’APE sociale e di opzione donna come primi tasselli della propria strategia previdenziale. L’impianto di quota 100 rimane invece immutato anche se è possibile qualche riflessione durante il percorso parlamentare. Si rinviano invece al tavolo di concertazione 2.0 in corso con i sindacati altri temi di rilievo come l’indicizzazione dell’età pensionabile alla speranza di vita che è al momento “congelata” fino al 2026 per il solo pensionamento anticipato mentre per il pensionamento di vecchiaia il requisito dovrebbe innalzarsi dal 2021 a 67 anni e 1 mese, sulla base del nuovo meccanismo di calcolo individuato e le ultime stime dell’Istat secondo cui la speranza di vita alla nascita ha toccato lo scorso anno gli 83 anni, in crescita dagli 82,7 del 2017 (per gli uomini 80,9 anni e per le donne 85). Altri temi di rilievo sono poi quelli della pensione contributiva di garanzia, della perequazione, del rilancio della previdenza complementare (possibile la previsione di una nuova finestra di silenzio assenso) con l’eventuale ruolo di un nuovo soggetto rappresentato da una forma previdenziale costituita presso l’Inps, dell’investimento nella economia reale da parte dei fondi pensione (Previndai, il fondo pensione preesistente per i dirigenti industriali, ha appena annunciato di avere rivisto la propria strategia di investimento destinando oltre 200 milioni all’economia reale di cui 100 milioni destinati al mercato domestico). APE sociale Così come previsto nel disegno di legge di Bilancio si prevede una proroga di un anno della sperimentazione dell’APE sociale fino al 31 dicembre 2020. Conseguentemente, si legge, l'autorizzazione di spesa di cui al comma 186 dell’articolo 1 della l. n. 232/2016 è incrementata di 108 milioni di euro per l'anno 2020, 218,7 milioni di euro per l'anno 2021, 184,6 milioni di euro per l'anno 2022, 124,4 milioni di euro per l'anno 2023, 57,1 milioni di euro per l'anno 2024 e 2,2 milioni di euro per l'anno 2025. Destinatari e meccanismi di funzionamento della prestazione rimangono immutati con una un'indennità a carico dello Stato erogata dall'INPS a chi maturi il requisito di età (63 anni) tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2020 e rientri in una delle categorie previste dalla normativa, vale a dire i disoccupati che da almeno 3 mesi abbiano esaurito la prestazione per disoccupazione loro spettante, i lavoratori che assistono da almeno 6 mesi il coniuge o un parente di primo grado con disabilità grave, i lavoratori affetti da riduzione della capacità lavorativa almeno pari al 74 per cento, i lavoratori che da almeno 6 degli ultimi 7 anni di lavoro, svolgono in maniera continuativa le professioni difficoltose e rischiose elencate dalla normativa (sono 15). Agli appartenenti alle prime tre categorie è richiesta un’anzianità contributiva minima di 30 anni, che sale a 36 per la quarta. Per le donne con figli è previsto uno “sconto contributivo” per l’accesso al beneficio, nella misura di 12 mesi per ciascun figlio, per un massimo di 24 mesi (APE sociale donna). Va sottolineato, così come dichiarato da più di un esponente del Governo, che per il dopo quota 100 l’APE sociale costituisce uno dei modelli cui si guarda per creare un canale stabile di flessibilità in uscita che si affianchi su base volontaria al pensionamento di vecchiaia e al pensionamento anticipato. Opzione donna Si prevede poi la proroga di un anno di opzione donna. A oggi i requisiti vanno maturati entro il 31 dicembre 2018; il disegno di legge di Bilancio 2020 porta il termine al 31 dicembre 2019. Va ricordato come i requisiti sono rappresentati dall’avere un’anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni e hanno raggiunto almeno 58 anni di età anagrafica se dipendenti, elevati ad almeno 59 anni se autonome. Si applica poi la finestra mobile pari a 12 mesi dalla data di maturazione dei previsti requisiti per le lavoratrici dipendenti, e 18 mesi per le lavoratrici autonome. In caso di opzione donna va ricordato come la pensione è calcolata con il metodo contributivo. Anche su opzione donna, al di là della proroga prevista, sono in corso riflessioni a tendere con una ipotesi strutturale di pensionamento anticipato rivolto sia agli uomini che le donne con il requisito anagrafico di 64 anni e almeno 20 anni di contributi versati e calcolo della pensione integralmente con il calcolo contributivo. Quota 100 Per quel che riguarda quota 100 non si prevedono novità sostanziali nella struttura (62 anni di età e 38 di contributi) né di vigenza prevedendosi la prosecuzione della sperimentazione fino al termine per dir così naturale del triennio, fino cioè al 2021. In considerazione però del numero ridotto di richieste rispetto al preventivato si prevede una riduzione delle risorse accantonate per finanziare i prepensionamenti quota 100, riduzione di 300 milioni nel 2020 e di 900 milioni nel 2021. Non può in ogni modo escludersi che nell’iter parlamentare possa esserci la presentazione di qualche emendamento (si era ipotizzata una possibile revisione delle finestre che sono di 3 mesi per dipendenti privati e autonomi e 6 mesi per i dipendenti pubblici). Su quota 100 va riportato anche l’approfondimento appena pubblicato dall’Osservatorio Conti pubblici della Università Cattolica. Si sottolinea in primo luogo come gli ultimi dati diffusi dall’INPS riportano poco meno di 185mila domande pervenute al 30 settembre per il canale “quota 100”, un numero lontano dalle stime prudenziali della relazione tecnica, che ipotizzava 269mila pensionati in più a fine 2019 grazie a questo canale. Oltretutto, va considerato che parte delle 185mila domande non sono state, o non verranno, accettate (l’ultimo dato ufficiale, riferito alle domande con decorrenza aprile, è di un tasso di rigetto del 18 per cento) e che parte di queste, specie per quanto riguarda i dipendenti pubblici, sono già relative al 2020. Pertanto, nel complesso, è verosimile che i pensionati a fine 2019 siano 150-160mila. Il fatto che il flusso di domande sia meno corposo del previsto implica che quota 100 costerà nel 2020 meno di quanto previsto inizialmente, si sottolinea. Al netto di quanti potrebbero accedere a quota 100 nel 2020, infatti, il prossimo anno versare la pensione a quei 269mila pensionati che erano inizialmente previsti per fine 2019 sarebbe costato quasi 7 miliardi; versarla a 150-160mila persone ne dovrebbe invece costare circa 4. Quindi l’afflusso relativamente basso di domande nel 2019 dovrebbe portare, secondo le stime dell’Osservatorio, a 2,5-3 miliardi di risparmi nel 2020. Senza entrare nel merito del provvedimento, è la considerazione, è evidente che una parte consistente dei costi relativi a quota 100 sono oramai inevitabili e che i benefici di una immediata abrogazione vanno soppesati con i costi, incluso il costo in termini di credibilità che scaturirebbe da una ulteriore variazione della normativa in materia pensionistica. Sotto questo profilo, questi costi sarebbero inferiori se la discussione odierna fosse rivolta non tanto a variazioni repentine relative al 2020, quanto a modifiche da apportare per il 2021. Questo perché si lascerebbe il tempo alle persone coinvolte di adeguarsi ad una eventuale nuova normativa.