La legge di Bilancio 2020 (art. 30 “Incentivo generale per la patrimonializzazione delle imprese”) dispone a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018: - il ripristino dell’art. 1, D.L. n. 201/2011 (decreto Monti), come modificato dai commi da 549 a 552 della legge di Bilancio 2017; - l’abrogazione dell’art. 2, commi 1-8, del decreto Crescita e dell’art. 1, comma 1080, della legge di Bilancio 2019. La disposizione, nella versione presentata all’esame del Parlamento, prevede in sostanza la reintroduzione della normativa ACE dal 2019 con un rendimento nazionale dell’1,3% (rendimento allineato all’ultimo dato relativo ai Titoli di Stato emessi a giugno 2019, come riportato dalla relazione tecnica al DDL Bilancio) e la contestuale abrogazione della disciplina relativa alla mini-IRES. A tal fine, sia le disposizioni che avevano introdotto l’ACE nel nostro ordinamento sia quelle che ne avevano parzialmente modificato la disciplina (i.e. legge n. 232/2016, commi da 549 a 552) si renderanno pertanto applicabili, senza alcuna sostanziale interruzione del beneficio. Allo stesso modo anche le disposizioni attuative dell’agevolazione (inizialmente contenute nel DM 14 marzo 2012 e poi aggiornate con il DM 3 agosto 2017) riprenderanno automaticamente vigore. Gli incrementi rilevanti: ambito temporale Sulla base del tenore letterale della legge di Bilancio 2020, l’ACE dovrebbe continuare ad applicarsi secondo la “previgente” logica incrementale: assumeranno rilevanza tutte le variazioni del capitale proprio intervenute rispetto a quello esistente al 31 dicembre 2010. La ratio legis dovrebbe essere evidentemente connessa alla volontà di evitare “vuoti temporali” nell’applicazione della disciplina: questo sembra confermato sia dalla relazione illustrativa al disegno di legge, sia dal richiamo all’intero corpus normativo che disciplinava l’ACE prima della sua abrogazione ad opera della legge di Bilancio 2019. Alla luce di quanto sopra, al calcolo della deduzione 2019 concorreranno - sia positivamente che negativamente - tutte le variazioni patrimoniali rilevanti, comprese quelle derivanti dalle specifiche limitazioni antiabusive previste dalle disposizioni attuative, occorse dal 31 dicembre 2010 al 31 dicembre 2019. Ad esempio, tutti coloro che hanno posto in essere nel corso del 2019 operazioni in grado di determinare una riduzione del capitale proprio (e.g. distribuzione di riserve di utili pregresse e/o capitale), rei dell’allora abrogata ACE, si troveranno ora a fare i conti con: - riduzioni della base di calcolo del beneficio e, in alcuni casi; - con sterili riorganizzazioni della propria struttura finanziaria (e.g. parte della dottrina aveva ipotizzato la sostituzione del capitale proprio con il capitale di debito stante la sopravvenuta impossibilità di usufruire del rendimento nozionale). Alla luce di quanto sopra, desta non poco interesse il coordinamento con alcune delle disposizioni recentemente introdotte con il D.Lgs. n. 142/2018 (decreto ATAD) e che si trovano per la prima volta ad un confronto applicativo con l’ACE. Coordinamento con il nuovo art. 96 TUIR e calcolo del ROL Come previsto dal nuovo comma 4 dell’art. 96 TUIR, ai fini della deducibilità degli interessi, in luogo del “ROL contabile” previsto dalla normativa previgente (calcolato assumendo le voci rilevanti nella loro quantificazione contabile), dal periodo d’imposta 2019 si dovrà far riferimento al “ROL fiscale” (calcolato assumendo le voci rilevanti in misura pari al valore fiscale rilevante ai fini IRES). Ciò comporta che, nel caso di doppio binario contabile-fiscale, i valori da assumere ai fini del calcolo del ROL saranno quelli rilevanti ai fini IRES. A tal fine, l’impatto sul “ROL fiscale” dei provvedimenti che escludono da tassazione una quota di reddito sarà diverso a seconda che tale esclusione sia configurabile come: - “detassazione” di un componente positivo di reddito classificato contabilmente tra le voci di conto economico rilevanti ai fini del ROL (o detassazione del risultato della somma algebrica di componenti positivi e negativi di reddito classificati contabilmente in tali voci), oppure - “detassazione” di un ammontare di reddito privo di collegamento specifico con le voci di conto economico rilevanti ai fini del ROL. Nel primo caso, il reddito escluso da imposizione corrispondente alle voci da computarsi ai fini del calcolo del ROL inciderà con segno negativo sulla determinazione del “ROL fiscale”. A tal fine, è aperta la questione nel caso di opzione per il regime di branch exemption, ove il dettato del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 28 agosto 2017 e i principi recentemente espressi dalla Corte di Giustizia UE (i.e. sentenza del 17 ottobre 2019, C-459/18, Argenta Spaarbank NV) sono in aperto confronto. Nel secondo caso, il reddito escluso da imposizione non dovrà essere computato con segno negativo ai fini del calcolo del “ROL fiscale”, come tra l’altro chiarito dalla relazione illustrativa al decreto ATAD. Rientra in questa fattispecie la deduzione ACE, che quindi non dovrebbe avere nessun impatto sulla determinazione del ROL fiscale da assumere ai fini della deduzione degli interessi ex articolo 96 del TUIR. La normativa anti-ibridi Con il decreto ATAD sono state recepite nell’ordinamento domestico le norme anti-disallineamento da ibridi in attuazione delle direttive UE ATAD 1 e ATAD 2, cosi come ispirate dalle conclusioni BEPS (Action 2) dell’OCSE e dallo speculare documento OCSE sui disallineamenti da ibridi mediante stabili organizzazioni. L’entrata in vigore delle c.d. Anti-Hybrid rules è prevista a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 (ad esclusione della previsione relativa ai cd. “ibridi inversi”, posticipata di due anni). Il periodo d’imposta 2020 rappresenterà, pertanto, il primo periodo di coordinamento con l’ACE. Nel dettaglio, per hybrid mismatch debbono intendersi situazioni transnazionali in cui alternativamente: - si genera la doppia deduzione dello stesso pagamento, costo o perdita in due diverse giurisdizioni (double deduction - D/D), senza una corrispondente doppia inclusione del reddito con cui sia compensata la deduzione o perdita; - viene garantita la deduzione di un componente negativo di reddito in una giurisdizione senza che il rispettivo componente positivo sia incluso tra i redditi del soggetto che riceve il pagamento (deduction no inclusion - D/NI); - un componente negativo di reddito è dedotto in una determinata giurisdizione a cui si associa “indirettamente”, tramite cioè la triangolazione di una giurisdizione pass-through, una non inclusione tra i redditi di una società residente in un Paese terzo (indirect hybrid). Tali disposizioni non sono applicabili acriticamente ad ogni situazione. In linea di principio, il disallineamento non emerge nel caso in cui l’asimmetria è configurabile solo in astratto ovvero abbia di fatto di carattere meramente temporaneo. Tale normativa, inoltre, non si applica alle incoerenze ascrivibili alla valorizzazione fiscale delle medesime componenti di reddito, quale ad esempio quelle derivanti dalla normativa sui prezzi di trasferimento. Parimenti, le disposizioni in commento non operano laddove l’asimmetria sia figurativamente indotta da regimi fiscali speciali concessi nella giurisdizione del beneficiario in correlazione allo status fiscale di quest’ultimo od alla particolare natura dello strumento utilizzato. Di conseguenza, come espressamente previsto dalla relazione illustrativa al decreto ATAD, la deduzione ACE non può dare origine a disallineamenti da ibridi, in quanto, essa rappresenta un beneficio volutamente inserito dal legislatore e, peraltro, non associato ad alcuno specifico flusso finanziario o reddituale in grado soddisfare i presupposti per l’identificazione di hybrid mismatch. Particolare attenzione dovrà essere posta tuttavia alla potenziale identificazione dell’ACE quale disallineamento ibrido nelle altre giurisdizioni coinvolte nelle operazioni. In conclusione La legge di Bilancio 2020 reintroduce con profilo di continuità l’ACE con il fine di supportare la patrimonializzazione delle aziende. Rientrano pertanto in vigore le “vecchie” misure applicative, come riassumono rilevanza i non pochi chiarimenti già forniti nella prassi dell’Amministrazione finanziaria. La disposizione dovrà tuttavia coordinarsi con alcune le recenti novità normative introdotte, tra cui il decreto ATAD.