Nella riunione del 15 ottobre 2019 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2020 e il bilancio pluriennale per il triennio 2020 - 2022, confermando “il sussidio economico che accompagna alla pensione categorie di lavoratori da tutelare, la cosiddetta APE social”. Il Governo ha anche annunciato che il canale di pensionamento rappresentato da “quota 100”, con i due paletti minimi rappresentati dal raggiungimento dei due requisiti di età (62 anni) e di anzianità contributiva (38 anni), dovrebbe proseguire la propria vigenza per l’intero periodo programmato di sperimentazione triennale, fino cioè a fine 2021. Va sottolineato come si era ipotizzato un intervento sulla decorrenza delle finestre mobili per limitare l’effetto di quota 100 in termini di impatto finanziario. Tale rimodulazione dovrebbe essere stata superata con un accordo politico tra le forze di maggioranza. Una prima ipotesi era quella di “allungare” le attuali finestre mobili di ulteriori 3 mesi (che sarebbero diventate allora 6 mesi per i dipendenti privati e gli autonomi e 9 mesi per i dipendenti pubblici). Vi era poi una eventualità ancora più “spinta che individuava una decorrenza unica di 9 mesi dal raggiungimento dei requisiti per i lavoratori dipendenti privati, gli autonomi e i dipendenti pubblici. La nuova finestra mobile unica di 9 mesi non si sarebbe applicata in ogni modo ai dipendenti della scuola. Si pone allora il problema, anche in termini di equità e di rispetto del principio di uguaglianza, di come attivare, al termine della fase di sperimentazione di quota 100, un meccanismo strutturale di “flessibilità in uscita” che si aggiunga alla pensione di vecchiaia e al pensionamento anticipato, in maniera tale da “sanare” in maniera morbida la discrasia, con un potenziale scalone di 5 anni, nei confronti di coloro che non potranno accedere a quota 100. Rinnovata centralità per l’APE sociale Nella strategia previdenziale del precedente Governo quota 100 avrebbe fatto la staffetta con quota 41, che avrebbe dovuto rappresentare il meccanismo a regime. L’attuale Esecutivo sembra volgere la propria attenzione ad una versione “riveduta e corretta” dell’APE sociale. Va ricordato come anche tale prestazione è in fase di sperimentazione con deadline il prossimo 31 dicembre. L’APE sociale nella struttura attuale prevede un'indennità a carico dello Stato erogata dall'INPS a soggetti in determinate condizioni che abbiano compiuto almeno 63 anni di età fino al raggiungimento dell'età prevista per la pensione e un requisito contributivo minimo di 30 o 36 anni a seconda della casistica. Il punto di partenza di una probabile riforma è una proposta di legge (AS 1010) recante Misure urgenti per la flessibilità e l’equità intergenerazionale del sistema previdenziale, presentata in Senato lo scorso 23 gennaio e assegnata alla 11ª Commissione permanente (Lavoro pubblico e privato, previdenza sociale) in sede referente il 5 marzo 2019. La bozza di provvedimento si articola in due parti, l’una dedicata alle misure a sostegno della copertura pensionistica dei giovani, attraverso l’introduzione della pensione di garanzia e la revisione dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia e l’altra orientata a sostenere la flessibilità e l’adattabilità del sistema di protezione sociale, attraverso la stabilizzazione e l’estensione dei regimi già vigenti e la revisione dei requisiti di accesso alla pensione anticipata. Viene sottolineato nella Relazione di accompagnamento che gli interventi introdotti dal decreto-legge 28 gennaio 2019, n.4, in seguito agli stanziamenti finanziari previsti dalla legge di Bilancio 2019 per creare nuove forme di flessibilità in uscita, piuttosto che portare a termine questo percorso di modifica della riforma Fornero, rendendolo strutturale ed equilibrato, reintroducono la logica degli interventi «tampone». Si rimarca ancora come quota 100 conferisca un forte vantaggio per soli tre anni ad alcune coorti di lavoratori (mediamente, uomini con redditi più alti della media che vivono nel Nord del Paese). La Relazione evidenzia come serva un approccio completamente diverso con una riforma di sistema che introduca una soluzione strutturale. Quali potrebbero essere le evoluzioni? Andando alle misure concrete si propone in primo luogo l’ampliamento e la stabilizzazione a tendere della disciplina vigente dell’APE sociale dopo un primo intervento di proroga della sperimentazione nonché la sua estensione ai lavoratori autonomi artigiani e commercianti, oggi esclusi da tale strumento di flessibilità riservato agli addetti a lavori particolarmente gravosi. A tal fine, verrebbe modificata la disciplina vigente ammettendo, a regime, l’accesso a tale prestazione a tutti gli iscritti all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla gestione separata INPS, che abbiano almeno 63 anni di età e siano in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni. Quali sarebbero allora le categorie che possono accedere all’APE sociale restilizzata? L’indennità è riconosciuta in particolare ai soggetti che: a) si trovano in stato di disoccupazione a seguito di licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale, ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei cinque anni precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno 12 mesi; b) assistono, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti; c) hanno una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74 per cento; d) sono lavoratori dipendenti o autonomi all’interno delle professioni indicate nell’allegato annesso alla legge di Bilancio 2017 che svolgono da almeno 7 anni negli ultimi 10 ovvero almeno 6 anni negli ultimi 7 attività lavorative per le quali è richiesto un impegno tale da rendere particolarmente difficoltoso e rischioso il loro svolgimento in modo continuativo. Per le donne i requisiti anagrafici previsti per il riconoscimento dell’indennità sono ridotti di 12 mesi per ogni figlio, nel limite massimo di tre anni. Per i lavoratori autonomi l’erogazione dell’indennità è subordinata: - alla cessazione definitiva dell’attività commerciale; - alla riconsegna dell’autorizzazione ove sia stata richiesta per l’avvio dell’attività; - alla cancellazione del soggetto titolare dell’attività dal registro degli esercenti il commercio e dal registro delle imprese presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. Si sottolinea poi come l’indennità è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività di lavoro autonomo o subordinato. Stabilizzazione dell’APE volontaria Nel progetto di legge si dispone poi la stabilizzazione della disciplina dell’APE aziendale, l’anticipo finanziario a garanzia pensionistica e l’estensione del regime fiscale agevolato ad essa associato. In particolare, si prevede l’innalzamento del credito d’imposta annuo riconosciuto a fronte degli interessi sul finanziamento e dei premi assicurativi per la copertura del rischio di premorienza corrisposti al soggetto erogatore. Esso è portato dal 70 al 90 percento dell’importo pari a un ventesimo degli interessi e dei premi assicurativi complessivamente pattuiti nei relativi contratti.