La circostanza che il Fisco abbia ignorato un documento o un registro contabile permette al contribuente di superare la “prova di resistenza”. Secondo la Ctr Campania (sentenza n. 8588/5/2018, presidente e relatore Notari) è illegittimo per mancata instaurazione del contraddittorio l’accertamento “a tavolino” emesso ai fini Iva nei confronti di una società in liquidazione, se l’ufficio non ha tenuto conto del bilancio finale di liquidazione che poi risulta allegato agli atti processuali. IL FATTO Una Srl in liquidazione era stata accertata, in solido con i suoi soci e il liquidatore ex articolo 36 del Dpr 602/1973, mediante controllo svoltosi presso l’ufficio, senza che venisse attivato alcun confronto preventivo con la società e i suoi rappresentanti. Gli atti impositivi venivano perciò impugnati. Il contribuente, in particolare, lamentava la violazione del principio giurisprudenziale secondo il quale, solo per i tributi armonizzati, il Fisco è gravato di un obbligo generale di contraddittorio, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto. Naturalmente, secondo la stessa giurisprudenza, il contribuente deve superare la prova di resistenza, cioè deve enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non deve aver proposto un’opposizione meramente pretestuosa (ex pluris, Cassazione 7725 e 21767 del 2018, 9026 e 8027 del 2017). Nel caso di specie, l’ufficio aveva emesso gli atti impositivi sulla base della mancata compilazione del bilancio finale di liquidazione da depositare in Camera di commercio, rilevante anche ai fini della responsabilità solidale di soci e liquidatori, ritenendolo inesistente. Ma i ricorrenti avevano dimostrato in giudizio che tale documento era stato regolarmente redatto. LA DECISIONE DELLA CTR CAMPANIA Il Collegio di merito, accertando l’esistenza documentale del bilancio finale di liquidazione, ha stabilito – e qui è la parte innovativa della pronuncia – che proprio tale dimostrazione da parte del contribuente integrava la “prova di resistenza”, necessaria a far valere il vizio di violazione del contraddittorio, di per sé inficiante la validità degli atti impositivi. Volendo declinare la fattispecie a principio generale, si può affermare che, per gli accertamenti Iva “a tavolino” senza contraddittorio, l’atto impositivo è nullo qualora il contribuente dimostri che l’ufficio non ha tenuto conto di un documento, che il Fisco avrebbe potuto reperire di propria iniziativa o che il contribuente avrebbe invece potuto esibire ove il contraddittorio fosse stato attivato. Con tale dimostrazione, cioè, risulta integrata la prova di resistenza, richiesta per far valere il mancato contraddittorio ai fini Iva. Peraltro, la Suprema corte ha stabilito che, nel diverso caso di accertamento a seguito di Pvc rilasciato in sede di accesso in loco, l’omissione del contraddittorio prima dell’accertamento comporta, in base all’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente, la nullità dell’atto impositivo (anche ai fini Iva), senza che il contribuente sia tenuto a fornire la prova di resistenza (sentenza 701/2019).