Fusione mediante incorporazione: quando non c’è abuso del diritto

Una fusione per incorporazione attuata da una società italiana nei confronti di una controllata lussemburghese, a seguito della quale il valore di ingresso corrisponderà a quello di mercato al momento dell’ingresso della controllata e in assenza di sue posizioni fiscali riportabili in Italia, non integra un’ipotesi di abuso del diritto. È, in sintesi, quanto affermato dall’Agenzia delle entrate nella risposta n. 11/2019 a un’istanza di interpello. IL QUESITO L’Amministrazione è stata chiamata in causa da una società italiana, che intende procedere alla fusione per incorporazione di una sua controllata con sede in Lussemburgo. Nell’istanza di interpello, quindi, viene rappresentata un’operazione di fusione per incorporazione transfrontaliera, attuata nell’ambito di una complessiva riorganizzazione dell’attività societaria. L’istante, quindi, sulla base di quanto previsto dallo Statuto del contribuente, si è rivolta all’Agenzia per avere un parare circa il carattere abusivo o meno dell’operazione che vuole realizzare (cfr articoli 10-bis e 11, legge 212/2000 e circolare n. 9/E del 1° aprile 2016). LA RISPOSTA DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE Nel caso concreto, l’Agenzia ritiene che la riorganizzazione sottoposta al suo esame non integri un disegno abusivo in quanto essa non consente la realizzazione di alcun vantaggio fiscale indebito in relazione al comparto Ires per il quale l’istante ha chiesto il parere. Secondo l’Amministrazione, infatti, sul presupposto che, attraverso la fusione transfrontaliera, il valore di ingresso in Italia corrisponderà a quello di mercato al momento dell’ingresso della società lussemburghese e in assenza di posizioni fiscali della stessa riportabili in Italia, nell’ipotesi in esame non può ravvisarsi alcun risparmio d’imposta, non subendo l’ordinamento italiano alcuna erosione di base imponibile. Inoltre, la liquidità della controllata, ricevuta dalla controllante per effetto della fusione, non sarà destinata a essere distribuita ai soci di quest’ultima ma, unitamente ai titoli in portafoglio, verrà impiegata in attività proprie di quest’ultima, e, quindi, resterà nel ciclo dell’impresa. La società istante, peraltro, ha dichiarato che “nell’attivo immobilizzato della controllata non sono mai state presenti partecipazioni (dirette e indirette) in società residenti in giurisdizioni black list”. Alla luce di queste considerazioni, l’Agenzia conclude che nell’operazione descritta non si ravvede l’esistenza di alcun vantaggio fiscale realizzato in contrasto con le finalità di norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario. Naturalmente, precisa l’Amministrazione, il parere viene reso sulla base dei fatti, dei dati e degli elementi rappresentati nell’istanza di interpello nel presupposto della loro veridicità e concreta realizzazione. In ogni caso, resta salvo ogni proprio potere di controllo volto a verificare se lo scenario delle operazioni descritto con l’istanza, per effetto di eventuali altri atti, fatti o negozi a esso collegati e non indicati dalla società, possa condurre a delineare, in concreto, un disegno abusivo.

Fusione mediante incorporazione: quando non c’è abuso del diritto

Dalla riorganizzazione societaria sottoposta all’attenzione dell’Agenzia non deriva un vantaggio fiscale indebito e l’ordinamento italiano non subisce erosione di base imponibile

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