La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8238 del 27 marzo 2024, esamina un’ipotesi di doppia residenza, ritenendo dirimente una valutazione di tutti gli elementi di fatto e attribuendo, implicitamente, preminenza alla sfera dei legami personali rispetto a quelli professionali. Nel caso affrontato dalla Suprema Corte una cittadina bielorussa aveva ricevuto avvisi di accertamento in base al redditometro per i periodi di imposta 2007 e 2008, in considerazione del riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità di beni e di situazioni indicativi di capacità contributiva in Italia (acquisto di un’azienda – bar – in Italia, contratto di comodato gratuito di un appartamento, disponibilità di un’autovettura di lusso). La contribuente faceva, invece, presente di aver risieduto in Bielorussia fino al mese di ottobre 2008, producendo a supporto un certificato rilasciato dalla competente autorità della Repubblica di Bielorussia; la persona, nelle annualità interessate da accertamento, si recava in Italia saltuariamente per attività lavorative occasionali e visite mediche legate alla gravidanza. La vicenda prospettata richiederebbe di essere risolta mediante l’applicazione delle c.d. tie breaker rules previste dall’art. 4 paragrafo 2 della Convenzione Italia-Bielorussia, sul punto conforme a quanto previsto dal Modello OCSE e alle indicazioni del relativo Commentario. Il Trattato, firmato l’11 agosto 2005, è però stato ratificato dall’Italia con L. 29 maggio 2009 n. 74, con la conseguenza che lo stesso ha iniziato a esplicare efficacia giuridica in un periodo di imposta successivo a quello che ha interessato la vicenda in esame. Vale la pena evidenziare che, sul punto, la Suprema Corte fa notare come la firma del Trattato stesso denoti una “sostanziale adesione” ai principi convenzionali del Modello OCSE. Inoltre, sebbene i giudici non facciano cenno alla questione, andrebbe tenuto in considerazione che, in base a quanto chiarito dalla circ. Agenzia delle Entrate n. 33/2002 (§ 1) relativamente all’efficacia della Convenzione Italia-Repubblica Sovietica a seguito della disgregazione di quest’ultima, agli Stati che abbiano dichiarato di voler succedere alle entità sovrane preesistenti continuano ad applicarsi i Trattati a suo tempo stipulati (ovviamente, fino all’entrata in vigore di un nuovo Trattato che sostituisce il precedente). Tra questi rientra la Bielorussia, nei cui rapporti ante nuovo Trattato avrebbe quindi dovuto trovare applicazione la Convenzione Italia-URSS, conforme al modello OCSE. In luogo di tali disposizioni, però, la sentenza in esame applica i principi enunciati dalla Corte di Giustizia europea in alcune sentenze che affrontano in modo incidentale il tema della residenza (già richiamate dalla Cass. 13803/2001). Da queste ultime emerge, ad avviso della Suprema Corte, la necessità di un esame cumulativo di tutti gli elementi di fatto rilevanti ai fini della determinazione del “centro permanente di interessi” della persona, “vale a dire, in particolare, la presenza fisica di quest’ultima, quella dei suoi familiari, la disponibilità di un’abitazione, il luogo dove i figli frequentano effettivamente la scuola, il luogo d’esercizio delle attività professionali, il luogo in cui vi siano interessi patrimoniali, quello dei legami amministrativi con le autorità pubbliche e gli organismi sociali, nei limiti in cui i detti elementi traducano la volontà di tale persona di conferire una determinata stabilità al luogo di collegamento, a motivo di una continuità che risulti da un’abitudine di vita e dallo svolgimento di rapporti sociali e professionali normali” (Corte di Giustizia Ue 23 aprile 1991 causa C-297/89, Ryborg, punto 20, richiamata dalla Corte di Giustizia Ue 12 luglio 2001 causa C-262/99, Louloudakis-Dimosio, punto 55). Dall’esame delle sentenze richiamate emerge altresì che, nei casi in cui l’interessato non abbia legami personali e professionali concentrati in un solo Stato membro, occorre dichiarare la preminenza dei legami personali. Sebbene, nell’ordinanza di ieri, la Suprema Corte non espliciti questo passaggio, essa sembra uniformarsi a tale principio nella misura in cui non si limita a ritenere rilevante, ai fini dell’individuazione della residenza in Italia, la stipula di un contratto di comodato per un immobile sito in Italia o l’acquisto di un’azienda, ma, al contrario, ritiene che la stessa debba essere individuata nel luogo in cui la persona ha il “più stretto collegamento” sulla base dei principi sopra illustrati. In tale ottica, si tratta di criteri sostanzialmente allineati alla nozione di “domicilio” individuata dall’art. 2 del TUIR, come modificato dal DLgs. 209/2023, quale criterio di individuazione della residenza fiscale. Per effetto della riforma fiscale, infatti, anche la normativa domestica attribuisce rilevanza ai legami di carattere personale laddove stabilisce che “per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”.