Il bilancio d’esercizio è un documento dal contenuto essenzialmente valutativo nel quale confluiscono dati certi, ma sovente anche dati stimati. L’organo amministrativo, infatti, deve a volte effettuare delle valutazioni tramite apprezzamenti discrezionali che potrebbero non ottenere condivisione da parte degli organi verificatori del Fisco. Diversi, infatti, sono i cespiti patrimoniali che all’interno del bilancio hanno la necessità di essere sottoposti a stime per determinare il valore da iscrivere, con la possibilità che erronee sopravvalutazioni o sottovalutazioni delle attività o delle passività possano essere ritenute artificiosamente costruite per modificare l'utile o le perdite, rischiandosi così di veder contestato anche il reato di dichiarazione infedele, vale a dire l’illecito penale disciplinato all'art. 4, D.Lgs. n. 74/2000. D’altro canto, non sempre è possibile dare indicazione puntuale di un valore incontrovertibile e ciò spesso si verifica quando si devono valutare beni anche in ragione di un loro deterioramento, vetustà, obsolescenza, deperibilità, ovvero fattori che incidono sul reale valore di un certo bene (ad esempio, giacenze di magazzino). Tra le norme penali in materia tributaria recentemente modificate dal decreto fiscale 2020 (D.L. n. 124/2019) vi è proprio il citato art. 4, ove si punisce chiunque, al di fuori dei casi di dichiarazione fraudolenta di cui agli articoli 2 e 3, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo o elementi passivi inesistenti. Di seguito, il confronto ante e post modifiche: Regime previgente Nuovo regime Sanzione Soglie Sanzione Soglie Reclusione da 1 a 3 anni - Imposta evasa > 150.000 euro, con riferimento a taluna delle singole imposte - Elementi attivi/passivi > 10% degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque superiori a 3.000.000 euro Reclusione da 2 a 4 anni e 6 mesi - Imposta evasa > 100.000 euro, con riferimento a taluna delle singole imposte - Elementi attivi/passivi > 10% degli elementi attivi indicati in dichiarazione o comunque superiori a 2.000.000 euro In fase di conversione del decreto fiscale, proprio con riferimento a eventuali ipotesi di non punibilità della dichiarazione infedele dipendente da “valutazioni” e con una rilevante variazione rispetto al passato, è stato reintrodotto il comma 1-ter dell’art. 4 che, nella versione originaria del decreto, era stato invece completamente abrogato. In caso di dichiarazione infedele a causa di erronee stime, la nuova norma prevede la non punibilità, ma ora solo se essa è dipendente da valutazioni che, “complessivamente” considerate (ante modifica, “singolarmente”), differiscono in misura inferiore al 10% da quelle corrette. Da sempre incentrato sulla verifica del rispetto di una percentuale di tolleranza, il meccanismo per accertare il reato ha spesso prodotto battaglie in sede giudiziaria, in quanto la vaga nozione di “singolarmente considerata” delle valutazioni estimative delle poste di bilancio ha condotto in molti ad ipotizzare e sostenere che la franchigia del 10% per cento potesse essere computata anche a livello di "sottovoci" del bilancio e quindi, ad esempio, per ogni singola categoria di beni che costituisce le giacenze e non già su un magazzino complessivamente considerato. In altri termini, vi è chi ritiene che si potesse scendere ad individuare soglie di tolleranza in singole valutazioni anche all’interno della stessa categoria di beni. Ad esempio In un'industria di confezione di capi di abbigliamento, in presenza di tessuti da 5 euro, tessuti da 8 euro e tessuti da 10 euro al metro, tale interpretazione avrebbe comportato, pur all’interno della stessa categoria merceologica, la possibilità di operare ben tre stime valutative all’interno dell’intervallo di differenza da non computare ai fini penali per determinare il costo delle rimanenze. Con l’odierna evoluzione normativa, finalizzata a ridurre i margini di evasione fiscale producibile con maliziosi apprezzamenti amministrativi, potranno essere ancora considerate scriminanti le valutazioni erronee in bilancio entro il 10% per evitare l’infedeltà dichiarativa penalmente perseguibile, ma ora considerando “complessivamente” e non più “singolarmente” le poste del bilancio d’esercizio: con l’effetto di assottigliare quello che da sempre è stato considerato più come un range funzionale a legalizzare una sorta di “modica” evasione fiscale che uno spazio per consentire l’esercizio di una discrezionalità tecnica scevra da preoccupazioni di rilievo penale.