Entro fine anno dovrebbero partire le operazioni a premio “cashback” e “supercashback”: chi comprerà beni o pagherà una prestazione di servizi con POS, carte di debito, di credito o qualsiasi altra forma di pagamento elettronico beneficerà di un ristorno finanziario. Pur nella attuale vaghezza di una misura che avrà ovviamente bisogno di un decreto attuativo (e del via libera anche del Garante della Privacy), cominciano a circolare le prime ipotesi di incentivo all’utilizzo di bancomat. Per il “cashback” si tratterà di un bonus pari al 10% della spesa pagata con strumenti di pagamento tracciabili previsti dalla legge e il ristorno al contribuente sarà su base semestrale, con un tetto massimo di 3.000 euro, pari a 1.500 euro per semestre. Tuttavia, al fine di evitare che possa raggiungersi il massimo beneficio premiale con pochissime transazioni di importo rilevante, sarà previsto un numero minimo di spese tracciate nel semestre (attualmente ipotizzate in circa 50). In arrivo anche il “supercashback” Al posto, invece, del più volte annunciato “bonus befana” arriva il “supercashback”, un vero e proprio “concorso fedeltà” in cui i primi 100.000 contribuenti per numero di transazioni e per semestre, si aggiudicheranno 3.000 euro ciascuno. Lotta all’evasione con la moneta elettronica: funzionerà? Si spera, quindi, di poter contrastare l’evasione fiscale con la moneta elettronica ponendo acquisti di beni e servizi a parziale carico dello Stato e ciò nell’auspicio che possa bastare a far emergere il sommerso in transazioni rivolte verso il consumatore finale privato. Funzionerà? Vedremo. Da un maggior utilizzo di moneta elettronica dovrebbe infatti ragionevolmente scaturire anche un maggior gettito fiscale, ma nessuno sembra ancora seriamente preoccuparsi del fatto che fino ad oggi a scoraggiare l’utilizzo di bancomat e carte di credito sono state anche le elevate commissioni finanziarie a carico degli esercenti, che non si capisce per quale ragione debbano essere sostenute integralmente dagli stessi, essendo un onere finanziario sopportato a garanzia anche di un interesse pubblico. Gli scogli sui quali rischia di arenarsi il successo della nuova iniziativa sono, allora, essenzialmente due: - il primo è il prevedibile ostracismo con il quale i commercianti scoraggeranno la nuova iniziativa legislativa; - il secondo è l’illusoria convinzione che in Italia ad evadere il Fisco siano esclusivamente gli imprenditori e che invece i privati consumatori finali siano solo “vittime innocenti” dell’infedeltà fiscale altrui. Chi, quindi, ritenesse il nuovo “cashback” la panacea per l’atavico male dell’evasione fiscale forse dimentica che in Italia l’omissione nel versamento di tributi a carico imprenditoriale (IRES, IRPEF ed IRAP), spesso deriva dall’evasione dell’IVA che (come è noto, ma non sempre chiaro a tutti) è posta a carico del consumatore finale. Sarà, quindi, interessante scoprire se d’ora in poi quest’ultimo, quando il mobiliere, l’idraulico o l’elettricista gli proporrà ancora di saldargli il corrispettivo richiedendo un importo di 122 euro con fattura o 100 euro senza fattura, continuerà a preferire l’opportunità di evadere l’IVA e, in altri termini, se preferirà continuare ad ottenere un “cashback” immediato invece che quello, meno conveniente, offerto dallo Stato. Occorrerebbe, allora, sempre ricordare che il privato consumatore che non chiede il rilascio di un documento fiscale è parte di un’evasione fiscale di cui si avvantaggia e bisognerà allora verificare se d’ora in poi egli deciderà di saldare il proprio corrispettivo con moneta elettronica, rinunciando a evadere l’IVA solo per dovere civico o se invece preferirà ricevere ancora un “bonus” illecito, ma superiore a quello legale, direttamente ottenibile dal fornitore del bene o servizio che acquista. In definitiva, questa nuova misura aiuterà a recuperare una parte del sommerso, ma il contrasto all’evasione fiscale avrebbe bisogno di pragmatismo oltre che di premi.