C on il termine “accertamenti digitali” si intendono, in senso lato, tutte quelle attività di verifica fiscale che traggono origine da una selezione informatizzata dei contribuenti. I requisiti che tali accertamenti devono possedere si ricavano dall’attenta lettura di alcuni passaggi contenuti nei pareri forniti dall’Autorità garante dei dati personali nonché dalle prime decisioni della magistratura amministrativa chiamata a decidere della legittimità dell’utilizzo degli algoritmi da parte della pubblica amministrazione. In quest’ottica garantista sembra porsi anche l’Amministrazione finanziaria che nella circolare n. 19/E/2019 sui controlli fiscali, seppur limitatamente agli studi di settore, ammette la necessità di esplicitare al contribuente i criteri di selezione utilizzati. Nell’era delle analisi del rischio di evasione e della selezione delle posizioni da sottoporre a controllo basate su algoritmi, diviene un’esigenza fondamentale per la tutela e la difesa dei contribuenti poter conoscere con esattezza quali sono stati i dati e i criteri utilizzati nel corso di tali attività preparatoria della verifica fiscale vera e propria. Come si può facilmente comprendere, quello in oggetto costituisce un tema di grande rilevanza con cui i contribuenti, e i professionisti che li assistono, dovranno cimentarsi per riuscire ad ottenere la giusta tutela nei confronti del fisco. Se non ci saranno le giuste e doverose contropartite, l’avvento degli accertamenti digitalizzati - ossia di attività di verifica fiscale il cui impulso è dato dall’utilizzo informatizzato delle banche dati presenti in anagrafe tributaria - rischia di ampliare ancora di più la sproporzione attualmente esistente fra l’Amministrazione finanziaria e i cittadini-contribuenti. Non poter conoscere i criteri e le informazioni che hanno condotto alla selezione di una posizione significa infatti vedere spuntate le proprie possibilità di difesa sia durante il contraddittorio endoprocedimentale con l’ufficio, sia nel corso del contenzioso tributario. Passi in avanti In quest’ottica si devono registrare alcuni importanti passi in avanti che lasciano ben sperare. Il primo di questi è contenuto nel parere rilasciato dal Garante della Privacy in relazione alle attività di analisi del rischio di evasione di cui al provvedimento direttoriale di attuazione dell’art. 11, comma 4, D.L. n. 201/2011 (c.d. super anagrafe dei rapporti finanziari). In tale documento emesso dal Garante il 14 marzo 2019 si raccomanda infatti all’Amministrazione finanziaria di prestare attenzione a tutta una serie di cautele nella selezione delle posizioni dei contribuenti con particolare riferimento a: - specifici controlli di qualità dei dati utilizzati e delle elaborazioni logiche (algoritmi) sugli stessi effettuate; - applicazione di specifiche garanzie al trattamento di tali dati per ridurre i rischi di errate rappresentazioni della capacità contributiva; - puntuale valutazione della coerenza complessiva della posizione di ciascun contribuente selezionato da parte di operatori qualificati (evitando di limitarsi al responso fornito dall’algoritmo); - puntuali informazioni da fornire al contribuente appositamente convocato in contraddittorio. Le indicazioni delle Entrate Di recente anche la stessa Amministrazione finanziaria si è espressa circa la necessità di indicare nelle motivazioni degli atti di verifica fiscale, sia interni che esterni, i criteri utilizzati per la selezione e le analisi del rischio di evasione. Il riferimento è alla circolare n. 19/E del 8 agosto 2019 contenente gli indirizzi operativi e le linee guida sulla prevenzione e il contrasto all’evasione fiscale. In tale documento di prassi amministrativa si legge infatti che, al preciso scopo di garantire e incentivare la compliance dichiarativa, gli uffici dovranno indicare nella motivazione degli atti di istruttoria, sia interna che esterna, che la selezione della posizione del singolo contribuente è avvenuta sulla base delle risultanze relative all’applicazione degli studi di settore. Pur trattandosi di una affermazione limitata alla tipologia di accertamenti da ultimo citata, non si può non prendere in considerazione l’importanza di una tale indicazione operativa che l’Agenzia delle Entrate impone alle sue strutture periferiche. La necessità che nella motivazione degli atti fiscali sia indicato il criterio, anche automatizzato, sulla base del quale il contribuente è stato selezionato diviene infatti imprescindibile per la sua stessa tutela e difesa. Le recenti polemiche in ordine alla difficoltà interpretativa dei nuovi indicatori sintetici di affidabilità fiscale hanno reso evidente la necessità per il contribuente di avere contezza dei criteri di selezione in modo da potersi difendere evidenziando alcune situazioni di non corretto funzionamento degli indicatori in oggetto. La necessità di esplicitare negli atti amministrativi - quali gli avvisi di accertamento tributari - le modalità utilizzate per la selezione automatizzata deriva anche dalle prime prese di posizione da parte della giurisprudenza su tali complesse problematiche. Le conclusioni della giustizia amministrativa Di recente il Consiglio di Stato si è dovuto occupare della legittimità delle procedure di assegnazione dei posti del MIUR che era stata gestita da un sistema informatico per mezzo di un algoritmo il cui funzionamento sarebbe rimasto sconosciuto. Pur trattandosi di un ambito non tributario non possono non essere considerate le conclusioni alle quali la magistratura amministrativa è giunta con la sentenza n. 2270 del 8 aprile 2019. Secondo i giudici della sezione VI del Consiglio di Stato, nell’ottica di una maggiore digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, il fatto che l’intera procedura sia demandata ad un sistema informatizzato è corretto e auspicabile nell’ottica di una maggiore efficienza ed economicità. Tuttavia, prosegue la sentenza in commento, tale digitalizzazione deve essere conforme ai principi fondamentali dell’attività amministrativa e quindi deve essere pienamente conoscibile, e come tale sindacabile dal giudice amministrativo. In mancanza della totale trasparenza e conoscibilità dell’algoritmo al quale vengono demandate le funzioni di selezione, la procedura informatizzata è illegittima e il provvedimento finale deve essere annullato. Per evitare che una tale sorte colpisca anche gli atti di accertamento tributario basati da procedure di selezione digitalizzate è dunque necessario rifarsi ai requisiti basilari richiesti dal Garante Privacy nel parere sopra citato. Si dovrà, in buona sostanza, “non lasciare solo l’algoritmo” ma verificare la qualità e la bontà dell’attività dallo stesso svolta da parte di un operatore umano (nella specie un operatore qualificato appositamente istruito dalla direzione centrale accertamento) funzionario ed al tempo stesso fornire adeguate informazioni al contribuente appositamente convocato in contraddittorio in relazione alle attività di selezione effettuate.