Con la sentenza n. 4414/1/2018 la prima sezione della Ctr Calabria (presidente Barillari, relatore Barbieri) ha ribadito due principi che caratterizzano il nostro ordinamento tributario in materia di verifiche fiscali: - le presunzioni derivanti dall’applicazione del redditometro si considerano “semplici”, in quanto impongono all’amministrazione fiscale di «dimostrare che la presunzione è corroborata da dati reali», mentre il contribuente ha facoltà di contrastare queste risultanze, producendo una prova contraria; - il divieto di utilizzare in sede giudiziaria i documenti non esibiti in sede amministrativa opera esclusivamente nei casi in cui l’ufficio abbia rivolto al contribuente - assoggettato a verifica - una richiesta riferita a specifici documenti; qualora, invece, tale istanza si sia rivelata in realtà una «generica richiesta di notizie», al contribuente non potrà essere negato il diritto di produrre la relativa documentazione anche nel giudizio davanti alla commissione tributaria. Questo secondo principio, come hanno precisato i giudici calabresi, da un lato risponde alla ratio dell’articolo 32, comma 4, del Dpr 600/73, e dall’altro appare in linea con l’orientamento espresso in materia dalla giurisprudenza di legittimità. Sotto questo profilo, in particolare, è opportuno ricordare che, in base alla norma da ultimo richiamata, non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente in sede contenziosa notizie e dati non addotti e documenti non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio; al riguardo la Suprema corte ha affermato che «il divieto di utilizzo in sede giudiziaria di documenti non esibiti in sede amministrativa costituisce un limite all’esercizio dei diritti di difesa e si giustifica solo in quanto costituiscano il rifiuto di una documentazione specificamente richiesta dagli agenti accertatori» (in tal senso si segnalano, ad esempio, le pronunce 15021/2017 e 4001/2018). Per la giurisprudenza di legittimità, però, l’inutilizzabilità non opera nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado documenti, libri e registri, dichiarando contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile. Nel caso specifico, l’ufficio aveva rivolto solo una richiesta generica, alla quale il contribuente non aveva replicato. La prova contraria al redditometro, invece, era stata portata in giudizio dal contribuente. La Corte ha assunto nel tempo una posizione piuttosto rigida nei confronti dell’amministrazione, avendo sottolineato che il comma 4 dell’articolo 32 impone il rispetto della seguente procedura: - invio al contribuente di un invito o richiesta con la contestuale fissazione di un termine minimo; - avvertimento circa le conseguenze pregiudizievoli previste in caso di inottemperanza all’invito o alla richiesta; - risposta da parte del contribuente (oppure inadempimento all’invito che gli era stato inoltrato). È in capo all’ufficio l’onere di dimostrare – qualora si opponga alla successiva allegazione giudiziale della documentazione – che questa sequenza procedimentale sia stata rispettata (ordinanza della Cassazione 11528/2018).