E’ stato approvato dal Consiglio dei Ministri del 7 agosto 2024 il disegno di legge per l’introduzione di “disposizioni in materia di valorizzazione e promozione della ricerca”: questo testo, in 5 articoli, apporta modifiche sostanziali all’art. 22 della Legge n. 240/2010, già modificato dalla Legge n. 79/2022 con la creazione del “Contratto di ricerca”, alla luce del PNRR richiesto più volte e sostenuto dalle sentenze della Corte di giustizia UE su ricorsi in cui si era costituita ANIEF. Cosa prevede il DDL per la valorizzazione della ricerca Le norme contenute nel DDL approvato dal Consiglio dei Ministri, nell’ambito del segmento di percorso universitario/di ricerca detto “pre-ruolo”, creano ulteriori figure e di tipo parasubordinato, affiancando la figura del contratto di ricerca che non si è ancora potuta implementare né da parte degli atenei né da parte degli EPR, per l'assenza di risorse aggiuntive finalizzate alle assunzioni sullo stato giuridico. In particolare, il DDL introduce tre nuove e distinte tipologie contrattuali (contratti post-doc; borse di assistenti all’attività di ricerca - senior e junior -; contratti di professore aggiunto), attivabili nel settore della ricerca universitaria, delle AFAM, delle Scuole universitarie superiori e degli EPR, e in aggiunta a questo articolato sistema di borse prevede che gli studenti universitari triennali o magistrali, possano collaborare alle attività connesse all’assistenza alla ricerca. In vari tavoli di contrattazione con la Ministra Bernini l’ultimo dei quali avvenuto il 24 luglio scorso, si era condivisa l’urgenza che la figura del contrattista di ricerca, peraltro esistente da anni, professionista della ricerca a tutti gli effetti, contrattualizzato di tipo subordinato, svolge il lavoro con diritti e tutele come previsto dal CCNL “Istruzione e Ricerca” 2019-2021 per i ricercatori degli enti di ricerca. Per una riforma concreta il finanziamento oltre che alle risorse dell’FFO, anche dalle risorse del PNRR che sono già nelle disponibilità del MUR., e poiché l’implementazione della figura del contrattista di ricerca è urgente , va concretamente attivata dagli Atenei/EPR entro al massimo la fine del 2024, poiché la figura dell’assegnista di ricerca sarà abolita il 31 dicembre 24, come dichiarato più volte dalla stessa Ministra Bernini e anche perché non vi potranno più essere nuovi RTD-A dopo il 1° luglio 2025 come stabilito dalla L. n. 79/2022. I contratti di ricerca introdotti nel 2022 rimangono in vigore, con negoziazioni in corso tra ARAN e sindacati. I Fondi PNRR e PNR 21-27, per legge, sono esclusi dal vincolo di spesa imposto dalla RgS ai fini del mantenimento dell’invarianza finanziaria. Il DDL varato dal Consiglio dei Ministri di agosto amplia gli strumenti disponibili per le Università, gli enti pubblici di ricerca e le istituzioni Afam, con l’obiettivo di inquadrare professionalmente diverse figure nel sistema della ricerca attraverso un meccanismo di tutele crescenti. La riforma prevede forme di collaborazione per studenti durante i corsi di laurea o laurea magistrale, con un limite massimo di 200 ore annuali. Gli studenti potranno fornire assistenza all’attività di ricerca oltre a collaborare nei servizi universitari, ricevendo un compenso massimo di 3.500 euro all’anno. Sono introdotte due nuove tipologie di borse di assistenza all’attività di ricerca: - Borse Junior: destinate ai laureati magistrali o a ciclo unico per iniziare percorsi di ricerca sotto la supervisione di un tutor; - Borse Senior: riservate ai dottori di ricerca per svolgere attività di ricerca. Entrambe le borse avranno una durata compresa tra uno e tre anni, con il trattamento economico definito tramite un decreto del Ministro dell’Università e della Ricerca. Il contratto postdoc potrà essere sottoscritto dai dottori di ricerca, con la possibilità di deroga per gli aspiranti tecnologi. I titolari di questo contratto potranno svolgere attività di ricerca, didattica e terza missione. La retribuzione minima sarà stabilita con decreto ministeriale e non sarà inferiore al trattamento iniziale spettante ai ricercatori confermati a tempo definito, inclusi 13 mensilità e TFR. La durata dei contratti postdoc varia da uno a tre anni. È inoltre introdotta la figura del Professore aggiunto (Adjunct Professor), che potrà svolgere attività di didattica, ricerca e terza missione nelle università, contribuendo al percorso formativo degli studenti con un approccio pratico e multidisciplinare. La durata del contratto potrà variare da un minimo di tre mesi a un massimo di tre anni. Il disegno di legge è stato aperto a un ampio confronto con università e sindacati, e tale dialogo continuerà in Parlamento e con ulteriori incontri ministeriali. Il contributo degli stakeholder, dei sindacati e delle associazioni di categoria è considerato fondamentale per una riforma innovativa e sostenibile. Questa nuova normativa non solo interessa l’università, ma si estende anche agli enti pubblici di ricerca come INFN e CNR. In Europa Ricordiamo che la Carta Europea dei Ricercatori e Codice di Condotta per l’Assunzione dei Ricercatori (Raccomandazione della Commissione Europea dell’11 marzo 2005), richiamando l’importanza di riconoscere il lavoro dei ricercatori nel loro ruolo poliedrico, invita gli Stati Membri, da un lato, a migliorare le condizioni di lavoro e le opportunità di crescita per i ricercatori, soprattutto nella prima fase della loro carriera, e, dall’altro lato, a perfezionare i metodi di assunzione e i sistemi di valutazione delle carriere, al fine di istituire sistemi di sviluppo professionale più trasparenti, aperti, equi e accettati a livello internazionale, come presupposto per un vero mercato europeo del lavoro per i ricercatori. Valorizzazione dei ricercatori nelle imprese Un problema effettivo riguarda come riconoscere e valorizzare adeguatamente lavoratori che abbiano sviluppato specifiche competenze di ricerca applicabili ai processi di innovazione e sviluppo dell’impresa, tra cui i dottorandi e i dottori di ricerca, ma più in generale tutti i lavoratori applicati ad attività di ricerca, progettazione e sviluppo. Vi è senza dubbio anche la consapevolezza che la ricerca nel settore privato è fondamentale almeno quanto la carriera accademica .La ricerca aziendale infatti rappresenta un fronte particolarmente avanzato nella innovazione del modo di fare ricerca, in vista di un consolidato raccordo Università-Impresa incentrato su incubatori aperti di saperi e conoscenze e su partenariati paritari finalizzati al trasferimento tecnologico e alla costruzione circolare di competenze di elevato contenuto professionale, tanto trasversali che specialistiche La formazione, lo sviluppo e la valorizzazione di tali competenze sono cruciali, ma al momento ostacolati dalla assenza di adeguati meccanismi di riconoscimento, a partire da una loro tipizzazione nella contrattazione collettiva di lavoro, nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale e nelle relative declaratorie ed esemplificazioni professionali e di mestiere. E’ fondamentale che le istituzioni regionali, gli attori sociali e le stesse Università si impegnino per progettare e rendere operative forme particolarmente innovative di formazione in alternanza per la ricerca che e a causa delle incertezze determinate dall’assenza di adeguate discipline e regolazioni contrattuali relative allo status del ricercatore nel settore privato rappresentano la vera criticità. Vero è che è assente un approdo legale e contrattuale certo al termine dei percorsi di dottorato aziendale e industriale o di apprendistato di alta formazione e ricerca, che manca nel nostro ordinamento - così come nella contrattazione collettiva - cioè una tipizzazione giuridica della figura del ricercatore non universitario impiegato in contesti produttivi aziendali. L’assenza di un quadro di riferimento stabile e coerente del ricercatore non determina solo barriere in ingresso per i giovani che hanno ricevuto una formazione adeguata, ma anche criticità nel corso delle carriere, che spesso si interrompono a seguito del protrarsi di condizioni di instabilità contrattuale ed economica, o sfociano nell’esito della emigrazione in contesti in cui maggiori sono le opportunità di riconoscimento. Altrettanto critiche le interruzioni di carriera - e le relative transizioni professionali e occupazionali - che possono interessare i ricercatori in età adulta, stante la carenza di adeguate opportunità di riconoscimento e trasferibilità delle competenze sviluppate. Al contrario la mobilità, sia verso altre strutture scientifiche, nazionali o internazionali, sia dal sistema delle imprese a quello pubblico e viceversa, appare un elemento cruciale per promuovere percorsi di carriera nella ricerca di successo e facilitare il trasferimento di conoscenza e di innovazione. Nei Paesi dell’Europa del Nord e in altre significative esperienze di Paesi extra-europei quali Stati Uniti, Australia e Giappone, i programmi di ricerca cooperativa e l’impiego di ricercatori nel settore privato - anche grazie alla valorizzazione di specifici percorsi di formazione dei giovani ricercatori - hanno ampiamente dimostrato di contribuire efficacemente allo sviluppo dei sistemi produttivi. La situazione in Italia In Italia dunque, tanto sul fronte legislativo quanto su quello della contrattazione collettiva, si registra al contrario un forte ritardo nella definizione di elementi cruciali per garantire un quadro organico idoneo alla diffusione ed alla valorizzazione della figura del ricercatore nel settore privato, tra cui l’inserimento di tale figura nei sistemi di classificazione e inquadramento del personale identificando la figura del ricercatore mediante una modifica dell’art. 2095 del Codice Civile e l’inserimento della figura del ricercatore tra le categorie di prestatori di lavoro subordinato. Dovremmo riparare a questo vulnus , anche come proposto da ADAPT - identificando caratteristiche e attività principali e demandando alle leggi e alla contrattazione collettiva l’individuazione dei requisiti attraverso cui determinare l’appartenenza dei lavoratori alla categoria: - definendo le tipologie di ricercatori in funzione del merito, del titolo di studio, delle esperienze e delle competenze maturate; - demandando alle intese tra le parti contrattuali la regolazione del rapporto di lavoro di ricerca nel settore privato e prevedendo specifiche deroghe in relazione alla disciplina applicabile alla assunzione di ricercatori; - estendendo la possibilità di partecipazione a distretti industriali e reti di impresa, a Università, laboratori e centri di ricerca pubblici e privati a prescindere dalla loro natura giuridica; - prevedendo l’applicazione in via prioritaria, sostenuta da apposite risorse, dell’assegno di ricollocazione ai ricercatori coinvolti in processi di mobilità e licenziamenti per motivi economici; - prevedendo la possibilità che il lavoro di ricerca sia svolto anche in forma indipendente e senza vincolo di subordinazione, in deroga alla disciplina vigente in materia di collaborazioni a progetto e collaborazioni etero-organizzate dal committente; - prevedendo la semplificazione e razionalizzazione degli incentivi economici a sostegno della attività di ricerca; - istituendo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali una Anagrafe dei ricercatori connessa alla Borsa Lavoro con finalità di controllo, monitoraggio e di messa in www.adapt.it trasparenza di tutti gli elementi essenziali a identificare le esperienze lavorative e formative dei ricercatori. Contrattazione collettiva Un accordo nazionale collettivo aziendale di lavoro significativo che rappresenta un modello virtuoso è quello sottoscritto tra la Fondazione Theleton Fir-Cisl e coinvolge un centinaio di ricercatori. L’accordo è stato reso possibile dall’art. 8 del D.L. n. 148/2011 “Sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità”, che permette di realizzare “specifiche intese finalizzate alla maggiore occupazione di natura subordinata e alla qualità dei contratti di lavoro”. Il Terzo settore non è disciplinato pensando a grandi charity, a realtà d’eccellenza come Telethon che fa sia fundraising, sia ricerca sia produzione dei farmaci. La ministra dell’università Anna Maria Bernini ha condiviso l’affermazione: “In ricerca non si investe mai abbastanza”. Bernini ha ricordato la chance del PNNR e ha ammonito che si vince solo facendo squadra. L’accordo è nell’ambito del Contratto collettivo nazionale aziendale di lavoro per i ricercatori privati non industriali, per i quali finora si ricorreva a forme contrattuali atipiche e precarie. L’accordo prevede tutela i diritti, favorisce attrattività e circolazione dei cervelli, impedite in passato dalla mancanza di adeguati contratti, e può divenire modello per gli enti scientifici privati italiani. Con il nuovo contratto vengono garantiti i vantaggi del lavoro subordinato come la previsione di un salario minimo coerente con i livelli di inquadramento definiti nell’accordo e che caratterizzano il percorso di carriera dei ricercatori. Inoltre, lavoro flessibile pari a 40 ore settimanali; tutele garantite dalla Gestione Inps Lavoro Dipendente, quali malattia, maternità, paternità e congedi (tutte cumulabili ai fini della pensione); riconoscimento del Trattamento di fine rapporto; quattro settimane di ferie retribuite all’anno; welfare aziendale e assicurazione sanitaria.