L'avviso di accertamento è valido anche se sottoscritto da funzionario non in carriera direttiva, in quanto la norma sulla sottoscrizione degli atti non prevede che il firmatario rivesta una qualifica dirigenziale. Con questa pronuncia la sez. V della Suprema Corte di Cassazione, ordinanza n. 10587 del 18 maggio 2024, ritorna sull'argomento sempre molto attuale in quanto riguarda una nullità radicale dell'avviso di accertamento, testualmente prevista dall'art. 42 comma 1 del Dpr 600/1973. Infatti, secondo l'articolo citato, i provvedimenti dell'Amministrazione finanziaria “sono portati a conoscenza dei contribuenti mediante la notificazione di avvisi sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato”. Il caso infatti nasceva dall'impugnazione da parte di un contribuente di un avviso di accertamento, in quanto lo stesso non presentava la sottoscrizione prevista dalla norma. Ebbene, il contribuente vedeva il rigetto della propria istanza in primo grado, ma in secondo grado, il giudici del gravame dichiaravano la nullità dell'avviso di accertamento in quanto l'avviso non era sottoscritto dal funzionario con qualifica dirigenziale. Infatti la C.g.t. di secondo grado riteneva che a seguito della nota querelle dei funzionari direttivi dell'A.d.e., assunti senza un pubblico concorso “(...) né il direttore dell'Ufficio delegante, né i delegati sottoscrittori degli atti impugnati avrebbero rivestito la qualifica dirigenziale in esito a concorso, donde la nullità dell'atto impositivo”. Il giudice del gravame richiamava la sentenza della Consulta la quale stigmatizzava la presenza di funzionari direttivi semplicemente nominati con procedure selettive interne, che ai sensi dell'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16/2012, potevano ricoprire il ruolo nelle more dell'espletamento del legittimo concorso pubblico. In particolare si legge nella sentenza della Corte Costituzionale, la norma “ha contribuito all'indefinito protrarsi nel tempo di un'assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica. Per questo, ne va dichiarata l'illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost.”. Quindi il giudice di secondo grado annullava l'atto impugnato. Proponeva ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate la quale contestava la sentenza di secondo grado ritenendo che la sottoscrizione presente nell'avviso di accertamento era legittima e che nelle more dell'attesa del ricorso, era consentita la sottoscrizione dell'atto anche ai funzionari di III fascia, ovverosia, non in carriera direttiva. La suprema Corte accoglieva questo motivo indicando che non era necessario che il firmatario potesse essere un funzionario in carriera direttiva, essendosi stabilito anche in precedenti pronunciamenti che “non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d'incostituzionalità dell'art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012 (cfr. Cass. V, n. 5177/2020)”. La sentenza presta il fianco al testo della norma, e questa interpretazione, rientra nel solco di quelle pronunce che hanno salvato numerosi avvisi di accertamento che trovavano oramai censure nelle Corti di merito, con la declaratoria di nullità delle pretese.