Aliquota Ires ridotta fino a 3,5 punti percentuali sugli utili accantonati a riserva, in luogo della mini imposta su investimenti e costo dei neoassunti, prevista dalla legge di bilancio 2019. Il decreto crescita, nel testo attualmente disponibile, prevede l’abrogazione, prima ancora della sua applicazione, della complicatissima mini-Ires del 15% introdotta dalla legge 205/2018, che viene sostituita da una tassazione agevolata degli utili non distribuiti. Il bonus, pari all’1,5% nel 2019, salirà al 3,5% dall’esercizio 2022. Rilevano solo gli utili destinati a riserve diverse da quelle non disponibili e nei limiti dell’incremento del patrimonio netto rispetto al 31 dicembre 2018. L’articolo 2 del decreto crescita, oltre ad abrogare prima ancora della sua effettiva entrata in vigore, la mini-Ires 15% su investimenti e costo del personale neoassunto, reintroduce una sorta di dual income tax per i redditi delle società di capitali e delle imprese Irpef. Viene previsto che la parte di imponibile corrispondente agli utili destinati a riserve diverse da quelle non disponibili (cioè formate con utili non realmente conseguiti, derivanti da processi valutativi) è assoggettata ad Ires con aliquota rispettivamente del 22,5% (2019), del 21,5% (2020 e 2021) e del 20,5% (dal 2022). L’imponibile che sconta l’aliquota agevolata si quantifica nei limiti dell’incremento del patrimonio netto contabile risultante al termine di ogni esercizio rispetto a quello esistente nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2018. Ad esempio, se il reddito imponibile del 2019 (mod. Redditi 2020) è pari a 500 mila euro e l’utile del 2018 destinato a riserva disponibile (assemblea di aprile 2019) è pari a 300 mila euro (con un incremento di patrimonio netto di uguale ammontare), l’Ires si applicherà con le seguenti due aliquote: 300 mila euro al 22,5% e 200 mila euro al 24%. Il calcolo, precisa la relazione ministeriale, si effettua “per masse”, cumulando cioè gli utili destinati a riserva (2019, 2020, ecc.) e confrontando l’importo con l’incremento di patrimonio netto. Quest’ultimo si misura (sia nel dato finale che in quello del 2018) senza considerare il risultato d’esercizio (utile o perdita che sia) e inoltre nettando il dato finale della sommatoria degli utili accantonati a riserva già agevolati in esercizi precedenti. Per il resto, rilevano tutte le poste del patrimonio contabile comprese quelle alimentate da conferimenti in natura o da rivalutazioni. Il meccanismo fa sì che la parte di utili accantonati che supera l’incremento del patrimonio netto in un dato anno può eventualmente diventare agevolabile in anni successivi, qualora l’importo cumulato di utili a riserva diventi inferiore all’incremento patrimoniale (ad esempio perché in quell’esercizio si è effettuato un aumento di capitale che copre l’eccedenza). Se l’utile destinato a riserva (nei limiti dell’incremento di patrimonio) supera il reddito, tutto l’imponibile sconterà l’aliquota agevolata e l’eccedenza non utilizzata sarà riportata a nuovo. Qualora nel 2019 gli utili a riserva siano pari a 600 mila euro, l’imponibile di 500 mila sarà interamente soggetto al 22,5% e l’importo di 100 mila euro verrà aggiunto al reddito agevolabile dell’anno seguente (dato, a sua volta, dagli utili a riserva 2019+2020 nei limiti dell’incremento di patrimonio netto 2020-2018). La aliquota ridotta sugli utili accantonati si applica, oltre che nel consolidato fiscale e nella trasparenza, anche per le imprese Irpef in contabilità ordinaria.