Ultimi dati dal mondo catastale, ancora segno più per stock e rendite
Pubblicata la nuova fotografia del patrimonio immobiliare italiano al 31 dicembre del 2018. Confermata la tendenza al rialzo osservata costantemente negli ultimi anni
Nel volume sono analizzate soprattutto le unità immobiliari urbane, fornendo in primo luogo informazioni relative alla numerosità dello stock, alla sua consistenza fisica (vani, superfici o volumi a secondo delle categorie tipologiche) e alla correlata base imponibile fiscale determinata dal Catasto (la rendita catastale). Questi dati, suddivisi in base alla categoria catastale (ovvero alla tipologia e/o destinazione d’uso) dell’immobile e distinti secondo la natura giuridica dell’intestatario, sono presentati con un dettaglio che arriva fino al livello comunale e costituiscono le “statistiche censuarie” vere e proprie, cioè il dato amministrativo-censuario riportato nelle banche dati. A ciò si aggiungono ulteriori elaborazioni che assumono più propriamente carattere di stime statistiche, nel senso che sono state ottenute a partire da dati censuari disponibili ma incompleti (per esempio, nel caso delle superfici delle abitazioni) oppure dal calcolo di relazioni tra dati censuari (per esempio, per determinare la consistenza media per unità immobiliare).
Dal rapporto emerge che lo stock immobiliare italiano nel 2018 è aumentato dello 0,6%, vale a dire circa 400mila unità in più rispetto al 2017. L’88% di questo appartiene a persone fisiche, mentre poco meno del 12% è detenuto da persone non fisiche. Una quota residua, intorno allo 0,2%, riguarda proprietà comuni. Gli immobili censiti nelle categorie catastali ordinarie e speciali, con attribuzione di rendita sono poco più di 65 milioni mentre i restanti 10 milioni circa si dividono tra unità appartenenti al gruppo F, vale a dire immobili non idonei, anche se solo temporaneamente, a produrre un reddito e beni comuni non censibili, cioè immobili di proprietà comune e che non producono reddito, con i primi che numericamente rappresentano poco più della metà dei secondi. A questi ultimi va aggiunta una componente residuale rappresentata dalle unità ancora in lavorazione (meno di 90mila).
Tornando al quadro complessivo degli immobili dotati di rendita, la maggior parte di questi è censita nel gruppo A (circa il 55%) e nel gruppo C (oltre il 40%), dove sono compresi, oltre a immobili commerciali (negozi, magazzini e laboratori) anche le pertinenze delle abitazioni, ovvero soffitte, cantine, box e posti auto. La restante parte di questo stock, il 3%, è costituita da immobili censiti nei gruppi a destinazione speciale (gruppo D, 2,4% circa), particolare (gruppo E, 0,2% circa) e d’uso collettivo (gruppo B, 0,3% circa).
I rapporti si modificano se si ragiona in termini di rendita catastale anch’essa in crescita rispetto allo scorso anno (+0,5%). La quota maggiore è ancora rappresentata dagli immobili del gruppo A e C, ma con un peso percentuale inferiore e pari complessivamente a poco meno di due terzi. Al contrario, gli immobili del gruppo D, come visto poco rilevanti a livello numerico, vedono salire la loro incidenza sul totale del reddito immobiliare a oltre il 28 per cento.
Scendendo nel dettaglio dei vari gruppi si confermano molte delle tendenze già rilevate negli ultimi anni e di cui riportiamo di seguito una breve sintesi.
Immobili a destinazione ordinaria (gruppi A, B, C)
Il totale delle abitazioni (gruppo A, esclusa la categoria A/10), pari a circa 35 milioni, cresce con lo stesso ritmo dell’anno precedente, +0,3% e grazie ancora una volta agli incrementi di A/2 (abitazioni di tipo civile, +0,7%), A/3 (abitazioni di tipo economico, +0,4%), A/7 (villini, +1,0%) e A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi, +0,5%), mentre risultano in calo le restanti categorie. Anche in termini di rendita non si registrano significative variazioni con il valore complessivo che si avvicina ulteriormente ai 17 miliardi di euro. La superficie media delle abitazioni si mantiene attorno ai 117 mq, con valori molto diversi a seconda delle singole categorie: si va dai 58 mq delle A/5, abitazioni di tipo ultrapopolare, ai 657 mq delle A/9, castelli e palazzi di pregio. Per quanto riguarda gli uffici, cioè la categoria A/10, anche in questo caso il rapporto evidenzia risultati in linea con gli anni scorsi. Si contrae infatti sia il numero di unità immobiliari (-0,3%), sia la rendita (-0,4%) con la proprietà che continua a essere costituita prevalentemente (56,6%) da persone fisiche.
Passando ai dati relativi al gruppo B (immobili a uso collettivo) il totale ammonta a poco più di 200mila unità, in aumento del’1% rispetto all’anno precedente. Crescono tutte le categorie a esclusione di B/3 (prigioni e riformatori) e B/8 (magazzini sotterranei per depositi di derrate) che registrano un calo ulteriore rispetto al 2017. Le rendite mostrano una dinamica sostanzialmente analoga a quella dei volumi sebbene meno marcata. Quanto agli intestatari, la quota prevalente spetta nettamente alle persone non fisiche, sia in termini di stock sia, soprattutto, in termini di rendita con la sola eccezione dei B/8.
Il gruppo C, che contiene al suo interno immobili a destinazione commerciale e varia, conta un totale di oltre 27,5 milioni di unità, intestate per l’88% a persone fisiche. Il 96% di questo risulta in realtà concentrato in tre delle sette categorie: C/6 (prevalentemente box e posti auto, pari a circa il 63%), C/2 (prevalentemente cantine e soffitte, pari a circa il 26,5%) e C/1 (negozi, 7,2% del totale). La rendita complessiva supera i 6 miliardi di euro, con rapporti ribaltati tra le principali categorie e una quota di intestatari persone non fisiche molto più significativa (oltre il 25%) rispetto allo stock.
Gli immobili a destinazione speciale e particolare
Nel gruppo D (immobili a destinazione speciale) sono ricomprese oltre 1,6 milioni di unità (+1,2% rispetto al 2017), per lo più appartenenti alle categorie D/1 (opifici, quasi 500mila), D/10 (edifici a uso agricolo, 427mila circa), D/7 (edifici a uso industriale, 297mila circa) e D/8 (edifici a uso commerciale, 243mila circa).
La categoria D/10 è l’unica in cui prevalgono, come intestatari, le persone fisiche (oltre il 90%). In virtù della loro destinazione d’uso, questi immobili presentano valori molto rilevanti in termini di rendita: l’ammontare totale supera, infatti, i 10,5 miliardi di euro (+0,5% rispetto al 2017) e costituisce, come già evidenziato, circa il 28% del totale dello stock nazionale.
Gli immobili del gruppo E (a destinazione particolare) risultano, infine, di poco superiori alle 100mila unità (+1,7% rispetto al 2017), in gran parte concentrati nelle categorie E/3 (edifici per speciali esigenze pubbliche, con oltre 43mila unità) ed E/9 (categoria residuale, con più di 32mila unità); la rendita aggregata (quasi 780 miliardi di euro) risulta in aumento dello 0,4% rispetto al dato dell’anno precedente.
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