Con l’ordinanza n. 10256 del 29 maggio 2020, la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo il quale, la semplice costituzione di un trust, trattandosi di una mera apposizione di un vincolo sul bene, è circostanza fiscalmente neutra. Le imposte di successione e donazione sono applicabili solo nel caso di manifestazione di ricchezza conseguenti a trasferimenti patrimoniali che si possono manifestare, allorchè il beneficiario finale sia anche il disponente, per le ipotesi di premorienza, sui figli. IL FATTO L’Agenzia delle Entrate notificava ad un trust, al disponente che era anche beneficiario ed ai propri figli, beneficiari in caso di morte della disponente-beneficiaria, diversi avvisi di liquidazione con i quali assoggettava a tassazione con imposta proporzionale del 4% il valore dichiarato nell’atto istitutivo di trust. Detto provvedimento veniva impugnato con distinti ricorsi da tutti i contribuenti, innanzi alla CTP eccependo la carenza del presupposto di imposta non essendoci stato alcun incremento di ricchezza, stante la coincidenza tra disponente e beneficiario, nella persona della madre. La CTP rigettava il ricorso. L’appello della contribuente riformava la sentenza di primo grado e per effetto accoglieva i ricorsi. Avverso la suddetta pronuncia l’Ufficio proponeva ricorso in Cassazione lamentando l’errore in cui era incorsa la CTR nel non considerare che il fatto rilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, fosse la stessa segregazione dei beni posta in essere con il trust. Con la conseguenza che assume rilievo il rapporto di parentela esistente tra il disponente ed il beneficiario, di talché l’avviso di liquidazione doveva ritenersi pienamente legittimo. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Ufficio. La Suprema Corte premette innanzitutto che il legislatore ha esteso l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche ai negozi di costituzione di vincoli di destinazione. A tal fine ha previsto (art. 6 della L. n. 112/2016) una deroga alla generale disciplina nella parte in cui statuisce che i beni e i diritti conferiti in trust ovvero gravati da vincoli di destinazione di cui all’art. 2645- ter c.c. siano esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni. Risulta però ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità (tra le ultime Cass. n. 1131/2019, n. 19167/2019) e condiviso dal Collegio, il principio secondo il quale in tema di trust, l’imposta su successioni e donazioni (art. 2, comma 47 Dl 262/2006) può si essere dovuta, ma non al momento di costituzione dello stesso e solo a determinate condizioni. Infatti per la legittimità della pretesa erariale sul vincolo di destinazione è irrilevante il momento della costituzione dell’atto istitutivo ovvero quello della dotazione patrimoniale, trattandosi di circostanze fiscalmente neutre, essendo attuative degli scopi di segregazione ed apposizione del vincolo. L’imposta è quindi dovuta solo a seguito del trasferimento del bene al beneficiario, che costituisce peraltro una circostanza solo eventuale: è tale circostanza che costituisce un effettivo indice di ricchezza ai sensi dell’art. 53 della Costituzione. Anche se il vincolo, in quanto tale determina per il disponente l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni, tale utilità aggiunge la Corte, non concretizza di per sé alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee. Detto incremento si verificherà eventualmente ed in futuro in capo al beneficiario finale, in modo che la strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifichi la neutralità fiscale. Nella specie la CTR aveva correttamente applicato tali principi. Infatti risultava carente il presupposto per applicare le imposte in esame (il trasferimento di ricchezza) in quanto per effetto del trust la disponente aveva conferito parte dei propri beni al trust in persona del trustee indicando però, quale prima beneficiaria la stessa disponente. Solo nel caso in cui ci fosse stata la premorienza della madre, gli altri beneficiari finali, ovvero i figli, sarebbero subentrati e si sarebbe assistito al trasferimento di ricchezza che può giustificare l’imposizione tributaria. In conclusione l’Ufficio aveva effettuato un’errata interpretazione normativa secondo la quale ciò che rileva ai fini fiscali sia il mero vincolo di destinazione con la segregazione del bene conferito.