Agenzia delle Entrate - Risposta n. 381 dell’11 settembre 2019 È «inesistente», sotto il profilo tributario, il trust strutturato in modo che il trustee non abbia l’effettivo potere di amministrare e disporre dei beni vincolati in trust dal disponente. Ne consegue che in questa situazione: - il trust non può essere qualificato come soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi; - il trust si deve considerare come una struttura meramente interposta rispetto al disponente; - al disponente devono continuare a essere attribuiti i redditi formalmente prodotti dal trust. È questa l’opinione espressa dall’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 381 dell’11 settembre 2019, elaborata esaminando l’atto istitutivo di un trust di tipo “successorio” (contenente quote di partecipazione al capitale di società, immobili e liquidità) in relazione al quale l’interpellante ha chiesto di conoscere il trattamento tributario applicabile ai redditi derivanti dalle attività finanziarie (dividendi e plusvalenze) vincolate nel trust. L’Agenzia, ribadendo un orientamento già espresso nelle circolari 43/E/2009 e 61/E/2010 afferma che «elemento essenziale» per qualificare un trust come soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi è «l’effettivo potere del trustee di amministrare e disporre dei beni a lui affidati dal disponente» e nel corrispondente «reale spossessamento» del disponente rispetto ai beni vincolati nel trust. Viceversa, il trust è «fiscalmente inesistente» in tutte quelle situazioni in cui (in ragione delle clausole contenute nel suo atto istitutivo oppure in ragione del comportamento tenuto dal trustee e dal disponente) il potere di gestione del patrimonio del trust permane in tutto o in parte in capo al disponente. Sono concrete evidenze di queste ipotesi le clausole dell’atto istitutivo che contengano previsioni come quelle qui di seguito elencate: - il trustee deve tenere conto, in relazione alla gestione del patrimonio e del reddito da questo generato, delle indicazioni fornite dal disponente; - il trustee non può esercitare i suoi poteri “senza il consenso” del disponente o del beneficiario; - il disponente ha la facoltà di attribuire beni e redditi del trust o concedere prestiti a soggetto dallo stesso individuati; - ogni altra previsione nella quale il potere gestionale e dispositivo del trustee risulti in qualche modo limitato o anche semplicemente condizionato dalla volontà del disponente o dei beneficiari. Il ragionamento dell’Amministrazione sulle conseguenze in campo fiscale della indipendenza del trustee rispetto al disponente può essere di pari passo riproposto anche in campo civilistico: un trust, infatti, è tale se il disponente perde i tipici poteri del proprietario sui beni che gli appartengono in quanto, se così non fosse, non sarebbe difficile che il trustee (specie al cospetto di pretese di creditori del disponente) venga riqualificato come un mero prestanome e il trust venga riqualificato come un mandato o come l’esito di una simulazione: situazioni, in sostanza, nelle quali i beni apparentemente vincolati in trust non sono mai uscita dalla sfera giuridica del disponente.