Con la sentenza n. 19319 depositata il 18 luglio 2019, la Corte di Cassazione ha chiarito che in termini generali, per l’applicazione dell’imposta di donazione, come quella proporzionale di registro ed ipocatastale, è necessario un trasferimento effettivo di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale. Ne consegue che nel trust autodichiarato un trasferimento così imponibile non è riscontrabile, né nell’atto istitutivo né nell’atto di dotazione patrimoniale, in quanto meramente strumentali ed attuativi degli scopi di segregazione e di apposizione del vincolo di destinazione. IL FATTO L’Ufficio notificava a due contribuenti, rispettivamente, beneficiario e trustee, un avviso di liquidazione con il quale venia assoggettato a tassazione proporzionale dell’8%, a titolo di imposta di donazione, il trust tra loro stipulato. I contribuenti impugnavano l’atto sostenendo di non essere obbligati all’assolvimento dell’imposta sulle donazioni, essendoci identità tra la stessa parte disponente e la beneficiaria del trust, trattandosi di trust autodichiarato. Il ricorso veniva accolto in primo grado e l’appello proposto dall’Ufficio, veniva rigettato. In particolare, la CTR considerava non corretto l’operato dell’Ufficio in quanto al momento dell’istituzione del trust non vi era stato alcun trasferimento di ricchezza poiché il disponente e la beneficiaria erano riconducibili al medesimo contribuente e poiché il trust aveva finalità di amministrazione del patrimonio e di carattere assistenziale. Di conseguenza non emergeva alcun indice di capacità contributiva né di attribuzione patrimoniale. L’Ufficio proponeva ricorso per Cassazione deducendo che l’imposta di successione e donazione, si applica anche in caso di costituzione di vincoli di destinazione a tutti quei negozi giuridici in grado di determinare un effetto segregativo, tra i quali vi è il trust, restando indifferente la circostanza che si tratti di trust autodichiarato. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Ufficio. Preliminarmente i giudici hanno dato atto delle varie soluzioni prospettate dall’interpretazione di legittimità, riconducendola sostanzialmente a due posizioni concettualmente distinte tra di loro. Secondo la prima posizione vi è l’immediata tassazione del trust all’atto della segregazione dei beni e diritti, senza che sia necessario attendere il successivo trasferimento di essi in favore di soggetti beneficiari diversi dall’autore del vincolo funzionale, con conseguente obbligo di corrispondere l’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, già al momento della segregazione del patrimonio destinato. La seconda posizione più persuasiva, che viene ritenuta dai giudici di legittimità più corretta, ritiene che nell’ambito dei vincoli di destinazione debbano essere ricondotte tutte le fattispecie previste dall’ordinamento, tese alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo. Tale inclusione, non risulta sufficiente per giustificare l’imposizione del trust in quanto tale, poiché la mera apposizione del vincolo non può comportare di per sé, un incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza; di conseguenza non possono ravvisarsi nel vincolo, la forza economica e gli indici di capacità contributiva previsti dall’art. 53 Cost. poiché tali elementi non prendono consistenza prima che il trust abbia completato il proprio percorso. Nella specie, il trust autodichiarato connotato dalla coincidenza del disponente e del trustee, in mancanza di un trasferimento patrimoniale intersoggettivo con funzione di dotazione, rende evidente e radicale l’incongruenza dell’applicazione dell’imposta proporzionale sull’atto istitutivo e su quello di apposizione del vincolo, all’interno di un patrimonio che rimane comunque in capo allo stesso soggetto.