Con l’ordinanza n. 24087 del 30 ottobre 2020, la Corte di Cassazione ha chiarito che la base imponibile ai fini del registro, e delle imposte ipotecarie e catastali è costituita dal valore dell'immobile determinato sulla base della rendita catastale. Tale determinazione, alternativa a quella del corrispettivo pattuito tra le parti, deve essere riconosciuta anche agli acquirenti di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze trasferiti in via transattiva davanti all’autorità giudiziaria. IL FATTO A seguito di verbale di conciliazione di una separazione giudiziale, un coniuge cedeva all’altro le quote di diversi immobili al fine di assicurare il mantenimento dei figli. Le parti richiedevano ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali di optare per la determinazione sulla base della rendita catastale. Ciò in quanto la normativa di riferimento subordina tale facoltà all’esistenza di due presupposti: 1) la cessione avvenuta nei confronti di persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali artistiche o professionali, 2) la cessione abbia ad oggetto immobili abitativi. Nella specie si ritenevano sussistenti entrambi i requisiti. L’Ufficio emetteva un avviso di liquidazione con cui richiedeva maggiori imposte di registro ipotecarie e catastali, avendo riguardo al corrispettivo pattuito tra le parti, piuttosto che alla rendita catastale fondando tale recupero sulla base di una interpretazione restrittiva della norma avente contenuto derogatorio, non suscettibile di interpretazione analogica. Inoltre la cessione si era perfezionata davanti ad un soggetto diverso dal notaio. Avverso tale decisione proponeva ricorso il contribuente deducendo che una diversa interpretazione della norma avrebbe esposto la stessa ad una censura di illegittimità costituzionale apparendo irragionevole sottoporre ad un regime fiscale diverso, la cessione di un immobile perfezionatasi avanti ad un notaio da quella perfezionatasi avanti ad un giudice nell’ambito di una conciliazione giudiziale. La CTP annullava l’avviso di liquidazione ritenendo che fosse ammissibile l’applicazione estensiva e da ciò ne derivava l’applicabilità al verbale giudiziale di conciliazione. L’Ufficio appellava la decisione e la CTR rigettava l’appello. Avvero la sentenza d’appello l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per Cassazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. La Corte chiarisce innanzitutto la necessità della sussistenza dei due presupposti prescritti dall’art. 1 comma 497, della L. n. 266/2005, ovvero la cessione nei confronti di persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di attività commerciali, artistiche e professionali e la cessione a titolo oneroso avente ad oggetto immobili ad uso abitativo. Nella specie, non può essere in dubbio l’equiparabilità sotto i profili del contenuto e della forma tra le cessioni di immobili abitativi perfezionate con l’intervento del notaio ed i trasferimenti effettuati in via transattiva ovvero in sede di conciliazione davanti all’autorità giudiziaria. Il verbale giudiziale è dunque equiparabile ad un atto pubblico. In quest’ottica aggiungono i giudici di legittimità, anche la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 6 del 15 gennaio 2014, intervenuta nelle more del giudizio, aveva già dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1 comma 497 della L. 266/2005, nella parte in cui non prevedeva la facoltà per gli acquirenti di immobili ad uso abitativo acquisiti in sede di espropriazione forzata o a seguito di pubblico incanto. Il regime derogatorio previsto dalla norma deve trovare applicazione anche per atti traslativi giudiziari. In definitiva una lettura anche costituzionalmente orientata della norma, non può che condurre a ritenerla applicabile anche alla traslazione realizzate per mezzo di un verbale di conciliazione giudiziale e, ancor di più, se si considera che il verbale di conciliazione presentava tutti gli elementi essenziali dell’atto di compravendita, il giudice del resto è al pari di un notaio, un pubblico ufficiale.