La querelle giudiziaria sulla compatibilità tra il decreto MIMIT, istitutivo del Registro contenente i dati e le informazioni sulla titolarità effettiva, si arricchisce di un nuovo capitolo: lo scorso 23 aprile Assofiduciaria ha presentato infatti appello innanzi al Consiglio di Stato con contestuale istanza cautelare per l’annullamento - previa sospensione - del provvedimento, la cui udienza per la discussione nel merito è stata al 16 maggio 2024. Per quanto la vicenda sia definitivamente nota - il termine “querelle” non è casuale - vale la pena ricapitolarne velocemente i punti salienti. Registro titolari effettivi: la vicenda Il 29 settembre 2023 veniva pubblicato il decreto del MIMIT del 29 settembre 2023 che, in attuazione del Regolamento per il funzionamento e la messa in opera del registro (regolamento dell’11 marzo 2022, n. 55), fissava all’11 dicembre 2023 il termine perentorio entro il quale presentare innanzi alla CCIAA competente la comunicazione del titolare effettivo dei soggetti obbligati al conferimento dei relativi dati e informazioni. Il 23 ottobre 2023 Assofiduciaria ha diffuso un comunicato stampa in cui affermava la radicale estraneità all’adempimento comunicativo, confortata da giurisprudenza di legittimità in tal senso, per le società fiduciarie relativamente ai mandati fiduciari sottoscritti nell’ambito e per gli effetti della legge n. 1966/1939 e del D.M. Industria del 16 gennaio 1995, eccependo, nel merito, che il riferimento alle comunicazioni per “istituti giuridici affini al trust esistenti e neocostituiti”, avrebbe finito per coinvolgere, in assenza di una sottostante base giuridica, anche i mandati fiduciari di matrice germanistica. Condivisa tale impostazione da altre associazioni di categoria, corroborata da ulteriori profili di incompatibilità con la disciplina del regolamento UE n. 2016/679 (GDPR), veniva incardinato dinanzi al TAR del Lazio il giudizio per l’annullamento del decreto MIMIT. Il primo round si chiudeva con l’ordinanza del 7 dicembre 2023 che sospendeva l’efficacia del provvedimento (a beneficio di tutti i soggetti obbligati ad effettuare la comunicazione) e fissava le udienze pubbliche per la trattazione di merito dei ricorsi al 27 marzo 2024. Il 9 aprile scorso, storia recente, il TAR del Lazio - a dispetto della fiducia riposta nel favorevole esito del giudizio da parte dei vari ricorrenti - rigettava ricorsi e, conseguentemente, ripristinava l’efficacia del decreto facendo riprendere il decorso dei termini di comunicazione originariamente sospesi e lasciando, per l’effetto, due soli giorni di tempo ai soggetti obbligati per provvedere alla prescritta alimentazione obbligatoria del Registro. Titolari effettivi: quali sanzioni per chi non ha inviato la comunicazione? Vale la pena, a questo punto, analizzare l’impianto sanzionatorio che interessa i soggetti obbligati che, in ogni caso, non abbiano ancora adempiuto all’invio della comunicazione o vi abbiano adempiuto tardivamente, allo scopo di focalizzarne le conseguenze. Difatti, in tale movimentato contesto, l’art. 21, comma 3, ultimo capoverso del decreto Antiriciclaggio (il D.Lgs. n. 231 del 2007) continua a mantenere piena efficacia prescrittiva, ragion per cui “l’omessa comunicazione delle informazioni sul titolare effettivo è punita con la medesima sanzione di cui all'articolo 2630 del Codice civile”, norma, quest’ultima, che sanziona l’omessa esecuzione di denunce, comunicazioni e depositi presso il Registro delle imprese. Mette conto rilevare che - con buona pace dei “ritardatari” - la norma in parola è stata modificata nel 2011 e oggi prevede un regime sanzionatorio più favorevole: l’entità della sanzione amministrativa pecuniaria per l’omessa esecuzione di cui sopra è stata, infatti, dimezzata scendendo nel minimo da 206 a 103 euro e nel massimo da 2065 a 1.032 euro; ulteriormente ridotta a 1/3 terzo se la comunicazione avviene nei 30 giorni successivi alla scadenza dei termini, caso che qui interessa. Il quadro, tutto sommato, ove la comunicazione venga presentata in ritardo, non è quindi così drammatico: in caso di comunicazione entro i 30 giorni successivi all’11 aprile, auspicando un atteggiamento non persecutorio da parte dell’ente procedente, verrà irrogata una sanzione che andrà da un minimo di 34,33 euro a un massimo di 344 euro. Una seconda tipologia di riduzione si applicherà invece in ragione della tempistica di pagamento che, se avverrà entro 60 giorni dalla notifica, porterà l’importo dovuto a 68,66 euro ove la comunicazione sia avvenuta nei primi trenta giorni dalla scadenza e a 206 euro ove sia stato superato il termine per la comunicazione nei primi trenta giorni dalla scadenza. Va da sé che il problema assume tutto un altro significato, in termini di mole di lavoro consistente, per gli studi professionali, la cui clientela, confidando in una differente pronuncia del TAR, non ha nemmeno provveduto, in ipotesi più complesse e articolate, all’individuazione al proprio interno del titolare effettivo. Appare invece eccessivo, a parere di chi scrive, l’allarme generato (e magari ingiustificato) legato all’applicazione della sanzione amministrativa ai soggetti giuridici obbligati, amministrati da organi collegiali, sui cui componenti si vorrebbe far incombere - a priori - la scure del concorso nella violazione fissata dall’art. 5 della legge n. 689/1981. A meno di non voler affermare che tutti i soggetti giuridici, amministrati da organi collegiali ed obbligati, siano privi di componenti con deleghe specifiche e/o titolari di poteri di rappresentanza e amministrazione, si fa onestamente fatica a paventare a priori il tema del concorso nella commissione della violazione.