I provvedimenti agevolativi emanati per consentire la ripresa dell’attività economica, oltre a dover essere esaminati sotto il profilo tecnico-giuridico al fine di perimetrarne l’esatta portata, vanno approfonditi anche con riferimento a un ulteriore duplice aspetto riguardante, in particolare, l’attività di accertamento e l’individuazione della giurisdizione in caso di controversie. Nonostante sia stato delineato un iter procedimentale molto chiaro (adempimenti di tutti gli obblighi amministrativi previsti dalla normativa in materia edilizia, attestazione della conformità tecnica dei lavori, asseverazione da parte di professionisti abilitati, etc.) non possono essere esclusi abusi. Anzi, pur non volendo sollevare alcuna censura in via preventiva, l’esperienza prova che non mancheranno i soliti “furbetti”, con conseguente rilevanza giuridica dei loro comportamenti sia sotto il profilo penale sia sotto quello sanzionatorio, di carattere amministrativo. D’altra parte, occorre considerare che nell’indicato procedimento amministrativo partecipano non soli i beneficiari delle agevolazioni e le imprese commissionarie ma anche i professionisti che rilasciano attestazioni e asseverazioni. La competenza dell’Agenzia delle Entrate Sotto il profilo dell’accertamento, la competenza è demandata all’Agenzia delle Entrate che si avvale, a tal fine, dei poteri di accertamento previsti in materia di imposte sul reddito (effettuazione di verifiche, invio dei questionari, richiesta di esibizione della documentazione, etc.). Al riguardo, occorre distinguere le differenti forme di responsabilità dei singoli attori, fatta eccezione per le ipotesi di concorso nel medesimo illecito (penale o amministrativo), in quanto i ruoli sono differenti e ben distinti. In termini generali, la formulazione delle disposizioni rilevanti in materia alimenta alcuni dubbi che non mancheranno di generare possibili contrasti di pura interpretazione sul piano strettamente giuridico ma anche di ordine tecnico in merito alla quantificazione del vantaggio che ciascun soggetto consegue. In merito, invero, è previsto che i fornitori e i soggetti cessionari rispondono solo per l'eventuale utilizzo del credito d'imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d'imposta ricevuto. Al riguardo, l'Agenzia delle Entrate, nell'ambito dell'ordinaria attività di controllo, procede - in base a criteri selettivi e tenendo anche conto della capacità operativa degli uffici - alla verifica documentale della sussistenza dei presupposti che danno diritto alla detrazione d'imposta. È innegabile che l’accertamento che potrà effettuare l’Agenzia delle Entrate non può essere di natura tecnica, tenuto conto che il vantaggio è connesso alla esecuzione di lavori per i quali la conformità al capitolato non può che essere demandata a un organo tecnico terzo. Responsabilità e principio di proporzionalità Ora, se la previsione della responsabilità in attuazione del principio di proporzionalità (vantaggio/sanzione) è pienamente condivisibile, non deve sfuggire che il beneficiario che risulta essere responsabile ai fini del recupero della somma in caso di violazione del quadro giuridico di riferimento, può trovarsi di fatto in una evidente posizione di debolezza. In altri termini è chiamato a rispondere di una responsabilità rispetto alla quale potrebbe essere del tutto estraneo. In termini puramente probatori, potrebbe essere chiamato a rispondere, una volta apposta anche la propria firma sulla documentazione tecnica, di accordi antigiuridici tra l’esecutore dei lavori e gli organi tecnici non avendo la competenza per verificare la qualità del materiale utilizzato, l’osservanza delle norme tecniche di esecuzione, etc. D’altra parte, se è vero che l’agevolazione è concessa al richiedente, è altrettanto innegabile che potrebbe essere personalmente penalizzato in quanto vittima di accordi truffaldini di soggetti terzi. Tale rischio risulta maggiormente evidente qualora egli ceda credito all’impresa esecutrice dei lavori che, in ultima analisi, potrebbe essere l’unica effettiva beneficiaria dell’inosservanza degli adempimenti richiesti sia per la esecuzione che per certificazione dell’opera. In tutte queste occasioni si porrà un problema probatorio, oltre che di credibilità, che difficilmente potrà essere risolto a suo favore. Né, al riguardo, potrebbero essere sufficienti le dichiarazioni del direttore tecnico quale liberatorie della sua responsabilità. Il recupero dell’imposta Qualora sia accertata la mancata sussistenza, anche parziale, dei requisiti che danno diritto alla detrazione d'imposta, l'Agenzia delle Entrate provvede al recupero dell'importo corrispondente alla detrazione non spettante nei confronti dei soggetti beneficiari. Tale importo verrà maggiorato degli interessi della misura del 4% fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli e delle sanzioni di pari al 30% dell’importo non spettante. in caso di concorso nella violazione, oltre all'applicazione dei principi in materia, è configurabile anche la responsabilità in solido del fornitore che ha applicato lo sconto e dei cessionari per il pagamento della detrazione non spettante. La sanzione per i professionisti Ferma restando l'applicazione delle sanzioni penali ove il fatto costituisca reato, ai soggetti che rilasciano attestazioni e asseverazioni infedeli si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 15.000 euro per ciascuna attestazione o asseverazione infedele resa. A tal fine è previsto che questi soggetti stipulino una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle attestazioni o asseverazioni rilasciate e agli importi degli interventi oggetto delle attestazioni o asseverazioni e, comunque, non inferiore a 500.000 euro. Per effetto di questo adempimento si è inteso garantire ai clienti e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall'attività prestata. La non veridicità delle attestazioni o asseverazioni comporta la decadenza dal beneficio. Il problema della giurisdizione In via generale, appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi a oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il Servizio sanitario nazionale, le sovrimposte e le addizionali, le relative sanzioni nonché gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento. In merito nessun dubbio può sussistere in ordine al fatto che la giurisdizione del giudice tributario a seguito della riforma di cui all’art. 12, legge n. 448/2001, si estende ormai a qualunque controversia in materia di imposte e tasse che non attenga al momento dell’esecuzione in senso stretto o alla restituzione di somme per le quali non residui più alcuna questione sull’an o il quantum o le modalità di esecuzione del rimborso. In tema di controversie su atti di riscossione coattiva di entrate di natura tributaria, il discrimine tra giurisdizione tributaria e giurisdizione ordinaria va così individuato: - alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione sui fatti incidenti sulla pretesa tributaria (inclusi i fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa in senso sostanziale) che si assumano verificati fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento, se validamente avvenute, o fino al momento dell'atto esecutivo, in caso di notificazione omessa, inesistente o nulla degli atti prodromici; - alla giurisdizione ordinaria spetta, per contro, la cognizione sulle questioni di legittimità formale dell'atto esecutivo come tale (a prescindere dalla esistenza o dalla validità della notifica degli atti ad esso prodromici) nonché sui fatti incidenti in senso sostanziale sulla pretesa tributaria, successivi all'epoca della valida notifica della cartella esattoriale o dell'intimazione di pagamento o successivi, in ipotesi di omissione, inesistenza o nullità di detta notifica, all'atto esecutivo cha abbia assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell'intimazione. Con riferimento al caso in esame, è pacifico che il superbonus del 110% sia del tutto estraneo all’oggetto della giurisdizione tributaria per cui, stante al vigente quadro giuridico di riferimento, difficilmente le relative controversie possono essere attratte nella giurisdizione delle Commissioni tributarie. Ovviamente, ancora una volta, si è di fronte a un “pasticcio” giuridico imputabile chiaramente agli estensori del provvedimento i quali, evidentemente, non si sono posti il problema del riparto della giurisdizione tra giudice tributario e giudice ordinario. Una volta fissata la competenza dell’Agenzia delle Entrate ai fini del recupero delle somme indebitamente percepite, e conseguente svolgimento del relativo procedimento sia di accertamento sia di riscossione secondo le vigenti disposizioni fiscali, è stato creato uno schema ibrido di non agevole interpretazione. Indubbiamente l’Agenzia delle Entrate-Riscossione si può occupare del recupero di somme dovute allo Stato e agli enti locali anche di natura non tributaria (si pensi, ad esempio, a quelle previdenziali e contributive). Parimenti, non è rilevante la previsione dell’irrogazione di sanzioni previste dal D.P.R. n. 471/1997 o la configurazione del concorso e della responsabilità solidale. Di contro, però, non va dimenticato che per i procedimenti amministrativi, diversi da quelli fiscali, l’ordinamento domestico prevede una disciplina autonoma dettata con la legge n. 669/1981. La necessità di un intervento chiarificatore pare di tutta evidenza a prescindere dalla conoscenza nel nostro ordinamento del principio della traslatio judicii configurabile soprattutto in caso di contrastanti orientamenti in tema di riparto della giurisdizione. Ma anche a voler ritenere applicabile nel caso di specie detto istituto e a salvaguardia del sacrosanto diritto alla difesa, l’opportunità di demandare alle Commissione tributarie l’accertamento di tali controversie sarebbe una soluzione favorevole sia per i contribuenti sia per gli stessi interessi erariali, ove si comparino i tempi di celebrazione dei processi dinanzi al giudice ordinario e alle Commissioni tributarie. Ovviamente, occorre un intervento chiarificatore del legislatore in quanto, trattandosi di diritti soggettivi costituzionalmente garantiti, non è sufficiente la consueta circolare dell’Agenzia delle Entrate che, da Organo accertatore, non si può trasformare in legislatore.