Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) ha introdotto nel nostro ordinamento l’istituto dell’allerta quale strumento ritenuto idoneo ad intercettare e far emergere tempestivamente la crisi dell’impresa. L’istituto dell’allerta, la cui entrata in vigore è prevista per il 15 agosto 2020, trova il proprio presupposto fondamentale nell’individuazione degli indizi della crisi, al ricorrere dei quali sorgono in capo all’imprenditore e all’organo di controllo gli obblighi di segnalazione previsti dalla legge. Indicatori della crisi Gli indizi della crisi sono definiti all’art. 13 del Codice ove, sotto la rubrica “Indicatori della crisi”, vengono individuate due tipologie di indicatori: - una prima tipologia, costituita dagli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario; - una seconda tipologia, rappresentata dai ritardi nei pagamenti. Muovendo le considerazioni da questa seconda tipologia, va innanzitutto osservato che, ai sensi del primo comma dell’articolo 13, i ritardi nei pagamenti sono considerati sintomatici dello stato di crisi solo se reiterati e significativi, non assumendo quindi rilievo la presenza di debiti scaduti da poco tempo o di modesta entità. Occorre poi evidenziare che, al fine di offrire un’utile indicazione sulla rilevanza dei ritardi, l’articolo 13 del Codice fa un espresso rinvio al successivo articolo 24 nel quale, trattando della tempestività d’iniziativa per fruire delle misure premiali, vengono stabilite determinate soglie di debito scaduto per retribuzioni e per fornitori, oltre le quali il ritardo è senz’altro considerato reiterato e significativo. Passando all’esame della prima tipologia di indicatori, va invece sottolineato che il Codice non stabilisce parametri specifici, ma si limita a delineare le caratteristiche che gli indicatori devono possedere per essere considerati sintomatici di squilibrio, demandando quindi al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC) il compito di elaborare in concreto gli indici di crisi per ciascuna tipologia di attività. In particolare, il primo comma dell’articolo 13 dispone che gli indici rivelatori di squilibrio reddituale, patrimoniale e finanziario sono quelli che evidenziano l’incapacità dell’impresa di sostenere i propri debiti per almeno i sei mesi successivi e che mostrano incertezza nelle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso, o per il semestre successivo nel caso di durata residua dell’esercizio inferiore a sei mesi. Il legislatore specifica poi le ulteriori caratteristiche che gli indici devono possedere, stabilendo che devono essere presi in considerazione quali indici significativi di squilibrio quelli capaci di misurare la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa prospettici e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto ai mezzi di terzi. All’interno di questo framework di riferimento, il secondo comma dell’articolo 13 affida al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili il compito di elaborare in concreto, per ogni tipologia di impresa, una combinazione di indici che, valutati unitariamente, facciano ragionevolmente presumere lo stato di crisi. Elaborazione degli indici Nell’elaborazione degli indici il Consiglio Nazionale dovrà tenere conto dell’attività esercitata dall’impresa, della sua fase di vita, ovvero la fase di avvio, di normale svolgimento dell’attività o di liquidazione, nonché delle caratteristiche peculiari di alcune tipologie di imprese, quali le start-up e le PMI innovative. Gli indici elaborati dal Consiglio Nazionale saranno resi operativi previa approvazione con decreto del Ministero dello sviluppo economico. Il terzo e ultimo comma dell’art. 13 prevede infine una clausola di salvaguardia in favore di quelle imprese che, ritenendo non adeguati gli indici stabiliti dal Consiglio Nazionale in relazione alle proprie caratteristiche, decidono di adottare autonomi indici in grado di meglio rappresentare il proprio stato di crisi. Tale facoltà è tuttavia concessa solo al ricorrere di specifiche condizioni, risultando infatti necessario che: - nella nota integrativa siano indicati gli indici che l’impresa intende adottare, unitamente alle ragioni che motivano l’inadeguatezza di quelli stabiliti dal Consiglio Nazionale; - l’adeguatezza degli indici adottati in funzione della specificità dell’impresa sia attestata da un professionista indipendente; e che - l’attestazione sia allegata al bilancio d’esercizio, costituendone parte integrante. Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, non risulta ad oggi possibile sapere come il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili declinerà i precetti normativi contenuti nell’articolo 13; né sono ad oggi conosciuti i tempi entro i quali lo stesso Consiglio sarà in grado di emanare e rendere pubblici gli indici elaborati. Ciò che invece risulta sin d’ora evidente è che l’applicazione degli indici al solo dato storico contabile desumibile dai bilanci consuntivi non risulterà sufficiente per soddisfare le esigenze conoscitive volute dalla norma, che necessitano invece della proiezione in avanti dei dati aziendali di almeno sei/dodici mesi rispetto al momento della valutazione. Pianificazione e controllo della gestione dell’imprenditore In tale contesto appare quanto mai necessario per l’imprenditore l’adozione di un sistema di pianificazione e controllo della gestione che sia in grado di prevedere in modo attendibile i dati aziendali prospettici di natura economica, patrimoniale e finanziaria e che, mediante un adeguato sistema di reporting periodico, possa consentire l’accertamento tempestivo dei sintomi della crisi. L’adozione del piano industriale come strumento di programmazione strategica consentirebbe di descrivere l’evoluzione della gestione degli anni successivi, evidenziando in modo anticipatorio le situazioni di potenziali criticità. La previsione poi, al suo interno, di un cruscotto di indici (e indicatori) che includano, tra gli altri, quelli previsti dal primo comma dell’art. 13, ovvero quelli che il Consiglio Nazionale elaborerà con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni ISTAT, oltre a quelli realmente espressivi dell’impresa sulla base delle proprie caratteristiche, consentirebbe l’applicazione di un approccio predittivo dall’innegabile utilità informativa.