L’articolo 1 dello Statuto del contribuente nella sua versione letterale innovata raccorda i principi dello Statuto del contribuente alla diretta attuazione delle norme della Costituzione, dei principi dell’Ordinamento dell’Unione Europea e della Convenzione europea dei diritti fondamentali dell’Uomo, rendendoli applicabili a tutti i soggetti del rapporto tributario. Preliminarmente va rappresentato come essi continuino a essere dotati di un’investitura legislativa ordinaria, senza privilegi particolari nella gerarchia delle fonti di diritto, per cui sotto tale profilo continuano a rimanere assoggettati all’ordinaria successione delle leggi nel tempo e teoricamente si prestano ad essere sostituiti, revocati o modificati da norme successive. Non venendo modificata la loro attitudine legislativa, al pari delle originarie prescrizioni dello Statuto del contribuente, soccombono, come rappresentato dalla Corte Costituzionale in più riprese (Ordinanze n 216/2004, 428/2006, 180/2007, 41/2008), di fronte a discipline regolamentari posteriori alla legge in esame. Trattasi di un rapporto d’interazione regolamentare, se esaminato sul solo piano della forma, corretto. Tuttavia, nonostante non siano dotati di prerogative di rinforzo, la nuova espressione letterale li rappresenta come regole di diretta attuazione di fonti invalicabili in ordine ai principi in esse evocati (Costituzione, Ordinamento Europeo e CEDU). Le regole statutarie si raccordano alle fonti richiamate per il tramite di un cordone ombelicale che traduce in esplicazioni più concretamente intellegibili i principi necessariamente espressi in sintesi nella Costituzione e nel diritto dell’Unione. Più chiaramente essi rappresentano una forma espressiva di regole già presenti nelle suddette fonti, trasformando regole programmatiche in concreti strumenti regolamentari, in un rapporto, quindi, di funzionalizzazione disciplinare di principi sovrani. Anteriormente all’entrata in vigore del D. Lgs 219/2023 (in ordine al raccordo dei principi statutari con gli artt. 3, 23,53 e 97 della Costituzione) la Corte di Cassazione (n. 16227/2008) aveva concluso, sempre fondando l’iter argomentativo sulla natura di legge ordinaria dello Statuto del Contribuente, con l’attribuzione alle regole statutarie di una sola superiorità assiologica nell’interpretazione delle leggi tributarie. In altri termini nel caso di possibili plurimi coordinamenti esegetici incentrabili sulla medesima norma, il contrasto andava composto privilegiando una sorta di interpretazione adeguatrice al principio dello Statuto. Ma, già anteriormente alla nuova versione letterale in scrutinio che allarga la portata del raccordo all’intera Costituzione, Diritto dell’Unione e CEDU, a parere di chi scrive andava indagata la conseguenza di un’applicazione disciplinare della norma tributaria in modo difforme dalla regola statutaria, nel caso non fosse possibile neppure attraverso l’interpretazione adeguatrice renderla conforme alla prescrizione dello Statuto. Ossia l’attribuzione alla legge 212/2000 di una funzione di orientamento ermeneutico vincolante per l’interprete, senza che però essa, a causa della sua natura di legge ordinaria, potesse fungere da parametro di costituzionalità e consentire la diretta elusione della norma tributaria in contrasto con i suoi principi, lungamente meditati e incapsulati in norme di diretta attuazione dei principi costituzionali di presidio dell’ obbligazione tributaria, appariva evidenziare una chiara incongruenza, ora anche ampliata proprio in virtù dell’introdotto maggior raccordo disciplinare. Può rendersi applicabile ed esprimere diritto vivente una norma incompatibile con un principio statutario strutturato in piena coerenza con l’essenza di un principio della Costituzione? Se, come si ritiene, la risposta va intesa come negativa, allora il principio statutario in diretto raccordo di funzioni con il principio costituzionale, assorbe da quest’ultimo la prorompente forza regolamentare, al di là della sua più dimessa natura formale di legge ordinaria. Principio costituzionale e principio statutario non sono separabili in quanto tra essi si instaura un pieno rapporto di osmosi funzionale in virtù del fatto che il secondo esplicita con maggiore dettaglio il primo. Eludere la prescrizione statutaria equivale, quindi, eludere il principio di rango costituzionale, per cui una norma che elude lo Statuto elude anche la Costituzione e non può che destrutturarsi di ogni effetto giuridico. Rappresentare ora lo Statuto come dotato di ulteriori rinforzi di potestà disciplinare in quanto viene letteralmente previsto il suo raccordo attuativo con l’intera Carta Costituzionale, con l’Ordinamento Unionale e con la Carta dei diritti fondamentali dell’Uomo, non riesce a investirlo di alcuna maggiore prerogativa potestativa rispetto a prima, se si continua a considerarlo esaminabile solo sotto il profilo della sua natura di legge ordinaria, del tutto svincolato dalle citate Fonti sovrane. Ma non può non apparire un’ipocrisia giuridica il sillogismo che assume i principi dello Statuto alla stregua di diretti strumenti di attuazione della Costituzione, diritto UE e CEDU e nel contempo ritenere diritto compatibile con tali Fonti, la sopravvenienza di norme (o anche le norme già esistenti) in contrasto con i principi dello Statuto. Principi statutari e costituzionali non partecipano di comparti stagno tra loro estranei, ma di un unitario modello disciplinare di rigoroso presidio dell’assetto costituzionale dell’obbligazione tributaria. Non è una questione di forma, cui si raccorda l’esame gerarchico delle fonti di diritto, ma di una piena coesione d’intenti di principi, l’uno di diretto raccordo attuativo del secondo. Più chiaramente è direttamente il principio della Costituzione che dispone per il tramite del principio dello Statuto. L’esame della forma dello Statuto non è di alcuna significatività ermeneutica, perché nel caso in questione esso non vive di luce propria, ma della riflessa luce costituzionale, in un rapporto di piena condivisione di intenti con i principi della Costituzione, del diritto Europeo e della CEDU.