Il principio cardine dell’Iva è la neutralità dell’imposte che impone che venga riconosciuto il diritto alla detrazione, anche in presenza di violazioni agli obblighi formali, se sono rispettati tutti quelli sostanziali. Ciò comporta che se un contribuente omette l’applicazione dell’inversione contabile ma l’acquisto è comunque eseguito da un fornitore estero soggetto passivo Iva, resta fermo il diritto alla detrazione dell’imposta. Questi i principi stabiliti dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 6092 depositata l’1 marzo 2019. IL FATTO L’Ufficio notificava ad un a Srl avviso di accertamento ai fini delle imposte dirette ed Iva. Quanto alle prime, veniva contestata l’indebita deduzione di componenti negativi, mentre ai fini dell’imposta sul valore aggiunto la mancata autofatturazione di acquisto da parte di un soggetto non residente, nonché la dichiarazione di un minor volume d’affari rispetto a quello accertato. Presentato ricorso, lo stesso era accolto dalla CTP limitatamente ad un solo rilievo avente ad oggetto un costo per materiale promozionale ritenuto indeducibile dall’Agenzia. La contribuente proponeva quindi gravame e lo stesso faceva l’Ufficio, presentando appello incidentale. La CTR rigettava le richieste della società ed accoglieva quelle dell’Amministrazione, confermando quindi totalmente la legittimità dell’avviso di accertamento. La contribuente proponeva ricorso per Cassazione affidato a ben diciannove motivi, contestando in toto la pretesa erariale e censurando la sentenza di secondo grado sotto diversi profili. In particolare, in relazione all’Iva per asserita omessa fatturazione, la Srl evidenziava come la prestazione di servizio in questione non era stata svolta nel territorio italiano dal fornitore estero ed in ogni caso la ripresa a tassazione risultava comunque illegittima, atteso che anche ove ci fosse stata l’omessa autofatturazione non vi sarebbe stata alcuna sottrazione di imposte al Fisco. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha parzialmente accolto il ricorso della contribuente, ritenendo fondati i motivi inerenti le contestazioni sulla ripresa a tassazione dell’Iva. Innanzitutto la CTR aveva ritenuto sussistente l’obbligo dell’autofatturazione anche se il soggetto che aveva reso la prestazione era estero, in quanto quest’ultima sarebbe stata resa in Italia: tale circostanza era stata però contestata dalla contribuente ed i giudici non avevano indicato alcun elemento che potesse confermare la decisione presa sul punto. Mancava conseguentemente anche la rappresentazione dell’iter argomentativo che aveva portato a quel convincimento della CTR. La Suprema Corte ha poi ricordato come per gli acquisti intracomunitari il principio di neutralità dell’Iva esige che la detrazione dell’imposta a monte sia accordata se sono soddisfatti tutti gli obblighi sostanziali: pertanto l’eventuale inadempimento di alcuni obblighi meramente formali rimane irrilevante sotto questo aspetto. Ne consegue che se anche l’operatore nazionale non applica la dovuta procedura di inversione contabile, con omissione quindi della doppia registrazione delle fatture, non può essergli negato il diritto alla detrazione, purchè sia dimostrato ovvero non contestato che gli acquisti siano stati fatti da un soggetto passivo Iva e che le merci siano finalizzate a proprie operazioni imponibili. Nella specie, invece, la CTR aveva fatto automaticamente discendere dalla violazione formale la fondatezza del recupero Iva, ritenuta indetraibile dall’Ufficio. Su tali punti la sentenza di appello doveva quindi essere riformata e pertanto è stata cassata con rinvio.