Integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte anche la stipulazione di un negozio giuridico simulato, poiché la necessità della declaratoria giudiziale per superare l’effetto segregativo dell’atto dispositivo rende più difficoltoso il recupero del credito erariale. La condotta incriminata dall’art. 11 del DLgs. 74/2000 consiste, infatti, nell’alienare simulatamente o compiere altri atti fraudolenti sui beni propri o altrui in modo idoneo a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Lo spettro di condotte potenzialmente rilevanti è, perciò, molto ampio, potendo rilevare operazioni quali la cessione simulata di quote sociali, la costituzione fraudolenta di un fondo patrimoniale o di un trust, un sale and lease back solo apparente, ecc. Le maggiori incertezze riguardano la possibilità di attribuire penale rilevanza ad attività di mero occultamento dei beni. Parte della giurisprudenza ha rilevato come non ogni atto di depauperamento, anche dolosamente preordinato a impedire il soddisfacimento coattivo del credito tributario, sia da considerarsi rilevante ai fini dell’applicazione della norma incriminatrice, ma solo quello al quale si accompagni un qualche artificio finalizzato a impedire o sviare la reazione del Fisco, in difetto del quale la difesa del credito tributario resta affidata agli ordinari strumenti civilistici (così Cass. n. 30497/2016). In particolare, può assumere rilievo penale il conferimento da parte dell’imputato dei beni in un trust c.d. autodichiarato o shame trust, che ricorre quando il disponente mantiene il controllo del fondo oppure quando ne dispone come cosa propria (Cass. n. 20862/2018). La sentenza n. 13844, depositata il 5 aprile 2024 dalla Corte di Cassazione, riprende tali principi per confermare il sequestro preventivo di circa di un milione di euro oltre ai beni costituenti il patrimonio destinato a un trust. Al settlor (l’istitutore del trust) era, infatti, contestato di aver posto in essere atti fraudolenti idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto, avendo assicurato il suo patrimonio immobiliare facendolo confluire in un trust, rendendo invisibile la sua attività imprenditoriale e utilizzando come schermo diverse società e cooperative intestate a soggetti prestanome. La Cassazione concorda con l’affermazione del tribunale di merito, nel caso di specie, che aveva indicato precise circostanze di fatto in base alle quali era possibile ritenere che il trust non fosse stato costituito per le sue legittime finalità, ma per sottrarre i beni all’Erario, quindi con una finalità fraudolenta, posto che la sua costituzione era avvenuta successivamente all’accumulo del debito erariale ed era stata accompagnata da una serie di atti volti a non far comparire il reale titolare. Tale trust era stato apparentemente costituito per garantire alla madre beneficiaria, deceduta però nel 2018, un decoroso tenore di vita, ma dalle indagini è risultato che la gestione dei beni era sempre in capo all’indagato che di fatto ne ha concretamente disposto. La finalità fraudolenta è stata, poi, resa ancora più evidente dal rinnovo nel marzo 2022, per 50 anni, operato senza alcuna indicazione del beneficiario e di fatto con gli immobili sempre gestiti dallo stesso soggetto e nella sua disponibilità. Il rinnovo è avvenuto, secondo il Tribunale del riesame, in concomitanza con altra esposizione debitoria e prossime azioni di riscossione coattiva. Le motivazioni della sentenza in commento richiamano peraltro quella giurisprudenza maggioritaria secondo cui il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è un reato di pericolo “eventualmente permanente”, che può manifestarsi anche attraverso una pluralità di condotte, tutte realizzate allo scopo di depauperare il patrimonio del soggetto debitore verso l’Erario. In tal caso la fattispecie si perfeziona nel primo momento di realizzazione della condotta finalizzata a eludere le pretese del Fisco, mentre la consumazione può protrarsi per tutto il tempo in cui vengono posti in essere atti idonei a mettere in pericolo l’obbligazione tributaria (Cass. n. 28457/2021).