Il lavoro a somministrazione può essere scelto dal datore come forma di contratto di lavoro a più riprese e non deve coincidere con i picchi lavorativi che richiedono ulteriore forza lavoro. A stabilirlo la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 10726 del 17 aprile 2019. IL FATTO La vicenda ha visto come protagonista un lavoratore assunto con numerosi contratti di somministrazione che, secondo i giudici di merito, dovevano portare alla trasformazione del contratto a tempo indeterminato. Contro tale orientamento ha proposto ricorso il datore rilevando come i picchi lavorativi non coincidessero sempre e comunque con la somministrazione e quindi non era possibile trovare il nesso di causalità tra tali esigenze produttive e i contratti di somministrazione. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE I Supremi giudici hanno dato ragione al datore rilevando come le denunce del prestatore sulla coincidenza picchi di lavoro/somministrazione fossero solo parzialmente vere in quanto il prestatore era stato chiamato a lavorare anche per periodi ben più lunghi. In tal modo la Corte di merito ha violato l'articolo 27, comma 3, del Dlgs 276/03 secondo cui il controllo giudiziale sulle ragioni che consentono la somministrazione "non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano all'utilizzatore". Risulta, infatti, del tutto evidente far rientrare nelle scelte imprenditoriali insindacabili dal giudice stabilire, nell'ambito di un legittimo contratto di somministrazione lavoro e in presenza di una causale legittima, per quanto tempo e quanti giorni l'utilizzatore debba avvalersi della prestazione lavorativa somministrata.